Concerto a Roma.

15 marzo 2005

Ci è casualmente arrrivata la notizia che Alfredo Persichilli, il “nostro” Alfredo violoncellista e liutaio, insieme a Donatella Pieri (pianoforte), Gabriele Pieranunzi (violino) e Francesco Fiore (viola), terrà un bellissimo concerto a Roma, il giorno 17 Marzo p.v. all’Oratorio del Gonfalone. All’interno potete trovare i dettagli della serata.

Giovedì 17 Marzo 2005

Oratorio del Gonfalone – Roma ore 21

Donatella Pieri – Pianoforte
Gabriele Pieranunzi – Violino
Francesco Fiore – Viola
Alfredo Persichilli – Violoncello

Musiche di: Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo 1765 – Vienna 1791)

Quartetto in SOL minore per pianoforte, violino, viola, violoncello K.478

  • Allegro
  • Andante
  • Rondo – Allegro Moderato

* * * * *

Quartetto in MI bemolle maggiore per pianoforte, violino, viola, violoncello K.493

  • Allegro
  • Larghetto
  • Allegretto

Informazioni: Oratorio del Gonfalone – tel. 06 6875952

Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia Giulia a rischio chiusura.

15 marzo 2005

Siamo i Professori dell’Orchestra in oggetto e volevamo portarvi a conoscenza della drammatica situazione che si sta vivendo in Friuli Venezia Giulia.

L’Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia Giulia rischia la chiusura, è costretta alla paralisi delle attività e circa 40 Lavoratori, di cui 25 con contratto da dipendenti a tempo determinato, non percepiscono o stipendio a partire dal 14 gennaio 2005.

Tutto ciò è dovuto ad un emendamento alla legge finanziaria regionale 2005, che al comma 110 dell’art. 5 subordina l’erogazione del finanziamento (già stanziato con legge regionale stessa per il triennio 2005-2007 !!) ad alcune non meglio precisate modifiche statutarie, che la Regione stessa deve indicare in una norma che ad oggi, 14 marzo 2005, non ha ancora provveduto ad emanare.

Esprimiamo qui la nostra preoccupazione per il presente ed il futuro occupazionale, la nostra indignazione come musicisti e cittadini di questa regione, la nostra perplessità nel vedere che in un momento storico in cui le più importanti istituzioni concertistiche sono in grande difficoltà per mancanza di fondi un Orchestra viene “de facto” chiusa perché una giunta regionale temporeggia nell’erogare dei fondi già stanziati.

Va sottolineato infine come tale situazione di impasse non si deve a difficoltà legate alla mancanza di finanziamenti pubblici o ai tagli operati al FUS, contro i quali sta manifestando la maggior parte delle Fondazioni Lirico–Sinfoniche e dei Teatri di Tradizione italiani, bensì al “congelamento” di un finanziamento già stanziato, dovuto a motivazioni che nulla hanno a che fare né con la salvaguardia della cultura musicale né con i più elementari diritti dei lavoratori.

Come gesto forte e per il grande rispetto che abbiamo nei confronti del nostro pubblico Vi preannunciamo con orgoglio che noi Professori d’Orchestra abbiamo dato la nostra disponibilità a suonare senza percepire compenso nel concerto che si terrà il giorno 8 aprile p.v. presso il Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” nel nostro quarto appuntamento della stagione concertistica 2004/05 che vedrà l’Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia Giulia diretta dal Maestro Umberto Benedetti Michelangeli e con la partecipazione del soprano Gemma Bertagnolli e del pianista Filippo Gamba.

Vi invitiamo a visitare il sito dell’Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia Giulia ove potrete trovare la programmazione artistica già definita per l’anno 2005 ed ora “congelata” ed una pagina dove poter eventualmente manifestare il proprio sostegno all’Orchestra presso i vertici della Regione.

www.sinfonicafvg.it

Grazie a tutti!
I Professori dell’Orchestra Sinfonica del FVG

 

 

Emerson String Quartet – un altro grande ensemble a Firenze

06 marzo 2005

Spendere qualche parola sul concerto alla “Pergola” di questo sabato 5 marzo, ospite lo stupefacente Quartetto Emerson, comporta una duplice difficoltà: da un lato viene spontaneo compararlo con l’altrettanto stupefacente Quartetto Alban Berg, in scena il 20 febbraio scorso ; dall’altro lo spregevole ma irresistibile mestiere di critico è quello di cercare il pelo in un uovo quanto mai perfetto. Entrambe queste discipline mettono però a disagio di fronte ad una performance su livelli davvero alti, che fa il paio esatto con quella del Berg, e che fa pensare costantemente alla fortuna sfacciata di avere assistito nel giro di due settimane alle testimonianze di quelli che sono probabilmente i due migliori quartetti per archi in circolazione.

L’Emerson attitude è già presente in sala ancor prima che le note si diffondano: strumentisti giovani ed alti, quasi sempre longilinei, che danno una immediata sensazione di vigore, e che tranne il cellista affrontano l’intero happening in piedi.
Il programma prevede i primi due quartetti per archi di Dmitri Sostakovic, inframmezzati dal secondo (primo in ordine di composizione) quartetto di Felix Mendelssohn.

Già dall’attacco del Primo Quartetto op. 49 del compositore russo si evince la perfezione formale dell’insieme, fatta di sincronismo perfetto e nitore sonoro, se possibile, ancor più cristallino di quello del Berg. Considerando singolarmente i componenti, salutiamo un autentico fuoriclasse nel violista Lawrence Dutton, assolutamente e magistralmente lirico col suo strumento, un Mantegazza del 1790. Il breve quartetto, dall’impianto scarsamente problematico, scorre via adamantino in un quarto d’ora circa, per una esecuzione che forse più che nel resto del programma si dimostra conforme alla ricerca di equilibrio tra misura e passionalità, con risultati confortati anche dalla particolare tessitura del Sostakovic cameristico, che ribadirò più avanti. Spicca l’ultimo movimento, un fugato su temi popolari russi, in cui le singole esposizioni e voci mantengono ammirevolmente la loro chiarezza nella complessità formale dell’intarsio.

Per giudicare il Mendelssohn che segue, quello del Secondo Quartetto op.13, occorre rifarsi un poco alla peculiarità dell’opera, che attinge molto del proprio materiale tematico da un Lied composto nella immediatezza della morte di Beethoven (1827), un riferimento assoluto – emozionale prima ancora che musicale – per l’allora diciottenne Felix. E’ quindi una creazione direttamente scaturita dal dolore, dallo smarrimento: prendendo a prestito Holderlin, dalla buia domanda del dubbio.
E certamente l’incipit del quartetto restituisce un clima quasi da “morte e fanciulla”, assolutamente in contrasto rispetto alla comune idea, in qualche modo gioviale, dello stile di Mendelssohn; solo forse la più tarda sinfonia Scozzese pareggia, nel suo primo movimento, questa drammaticità. Ecco dunque che la forte, apparentemente fuorviante, drammaticità interpretativa propostaci dal quartetto americano ha in realtà una coerente filologica ragion d’essere.
Sul piano tecnico, occorre rilevare che – secondo un criterio di rotazione adottato anche dalla connazionale Orpheus Chamber Orchestra per il proprio direttore – le parti dei due violini si scambiano e il ruolo di primo passa da Eugene Drucker a Philip Setzer: sicuramente dotato di pari sensibilità e tocco rispetto al collega, ma con quel quid di minor possenza nella cavata che si traduce in un maggior squilibrio nell’amalgama del tutti. E’ in questa parte del concerto che mi sembra di individuare il famigerato pelo nell’uovo, vale a dire il leggero squilibrio “verso destra” della dinamica del quartetto, con viola e violoncello – lo stentoreo e mercuriale, ma a questo punto del concerto un po’ uniforme David Finckel – talvolta a coprire le altre due voci.
Peraltro Setzel si disimpegna benissimo nel terzo movimento: quel leggero, agile, follettistico intermezzo dal tema che ricorda molto da vicino la canzone popolare nel rondò del terzo concerto per violino mozartiano (k216). E l’esecuzione del quartetto in generale ne risente in positivo, chiudendo in crescendo.

Ma con il ritorno di Sostakovic – Secondo Quartetto op.68 – ogni criticismo deve cedere alla lode. L’attacco muscolare, di vitalità quasi primigenia, si frammenta in episodi solistici interpretati con una verve qui ai massimi, con Finckel che torna a testimoniare un perfetto approccio alle dinamiche.
Questo quartetto annovera uno dei più celebri e sublimi esempi dell’arte di Dmitri Sostakovic e a mio parere della intera letteratura quartettistica: il Recitativo che apre il secondo movimento. Su tre distinti episodi accordali tenuti insieme dagli altri tre strumentisti, il primo violino intesse un’accorata frase di preghiera che non può non riportare ai sentimenti di disperazione nei confronti di una guerra ancora da terminare (siamo nel 1944).
Il solista, Eugene Drucker, dalla perfetta resa acustica durante tutto il pomeriggio, ci offre una pagina di grande e moderno virtuosismo, sorbita dal teatro con un silenzio assoluto e forse con un senso collettivo di totale, stendhaliana, immedesimazione e distacco temporale. Solo rispetto all’ascolto dei “mostri sacri” del quartetto Borodin si rileva una punta di freddezza che però non inficia l’altissimo valore della lettura.
Il resto del quartetto ci offre una macchina interpretativa rodata e perfetta in ogni accezione tecnica, veramente inappuntabile nel complesso come in ogni esecutore.

L’encore – dopo le quattro chiamate – è costituito da una Fuga per Quartetto d’archi di Mendelssohn, scritta sempre nel 1827 e poi collazionata nell’opus 81 al n. 4: partitura fresca e leggera piuttosto che rigorosa, eseguita in un soffio senza l’emergere di note critiche di rilievo.

L’esito interpretativo è stato nel complesso eccellente. Come detto, Emerson e Berg sono probabilmente quanto di meglio la scena quartettistica internazionale possa offrire. Disputare su quale degli ensembles sia il migliore è sterile quanto argomentare sulla superiorità di Mozart su Beethoven, o viceversa. Ciascuna delle due compagini ci ha presentato almeno un autore (Berg in un caso, Sostakovic nell’altro) ai massimi livelli. Ciascuna ha il suo plusvalore: maggiore intimismo nel Berg, maggior dettaglio formale nell’Emerson. Ciascuna ha l’intelligenza e la sensibilità musicale di presentare le partiture più congeniali al proprio modo di esprimersi. Il Quartetto Alban Berg sa dominare e plasmare molto bene le diversità di tensione; l’Emerson è eccezionale in questo Sostakovic in cui spiccata è la predilezione per la frase solistica, dialetticamente opposta all’insieme (e nel complesso prevalente su esso).
Chiudo nella maniera più semplice, come ho iniziato: ascoltare queste due formazioni in un breve lasso di tempo è stata un’esperienza eccezionalmente formativa e coinvolgente.

[Il quartetto Emerson sarà ancora a Firenze stasera, 6 Marzo, alle ore 21, per eseguire stavolta il Terzo e Sesto Quartetto di Mendelssohn inframmezzati dal Terzo Quartetto di Sostakovic. Ci dovrebbe essere ancora discreta disponibilità di biglietti e consiglio vivamente di non mancare. Informazioni].

Abete di risonanza

04 marzo 2005

L’Italia ha dei grandissimi primati in fatto di musica, non solo per essere stata patria di moltri strumenti musicali, ma anche per la produzione del loro legno. Attualmente ci sono 4 note foreste che producono legname di risonanza: La Magnifica Comunità di Fiemme, i boschi di Paneveggio, del Tarvisio e di Latemar.

La produzione del legno di risonanza nella totalità della produzione del legno copre una fetta molto ristretta; il legno di risonanza è molto raro, è il prodotto di particolari condizioni pedo-climatiche circoscritte a pochissime zone e anche in queste particolari foreste non supera l’ 1% del fatturato totale. Le aziende sono comunque molto attente a questa nicchia di mercato in quanto la presenza di questi alberi è la garanzia del pregio globale dell’intera produzione e per questo motivo accolgono con piacere il maestri liutai che di persona vanno per i boschi a scegiersi gli alberi migliori e ne seguono l’abbattimento. Agni abete di risonanza deve essere tagliato durante il suo riposo vegetativo, ossia durante l’inverno, questo perchè in questo periodo la pianta ha trasformato gli zuccheri in amidi e ciò garantirà alle tavole una minore appetibilità da parte di afidi e muffe. questo fatto è di tale importanza che i maestri dopo aver scelto con cura le piante nel periodo estivo, quando è piu evidente il loro pregio, tornano in bosco nel periodo da Gennaio a Febbraio per abbatterle tra tormente di neve e gelo; e tra le altre cose vuole il caso che queste piante crescano prevalentemente sopra i 1300 metri di altezza 😉 Quasi tutti i liutai seguono inoltre precise regole sulle fasi lunari per decidere quando tagliare, questa tradizione, non scientificamente spiegata, risale alle usanze Assiro babilonesi e fenicie e tuttora è una delle regole più dibattute.

Tutte queste attenzioni sono dovute alle proprietà della “Picea Excelsa”,una varietà presumibilmente genetica dell’abete rosso, essa viene anche detta “Abete di risonanza”, “Abete fagierino”, “abete che canta”, “noseler” o impropriamente “Abete Maschio” (impropriamente perchè la picea è una pianta monoica). Non pensate che tutto cio sia una modificazione genetica della pianta, anzi magari lo è ma non è forse vero che alcuni di noi hanno i capelli ricci e altri lisci, alcuni biondi altri scuri o rossi?? Ma quali sono questi caratteri che la contraddistinguono da una normalissima picea? Come deve essere fatto un legno per suonare bene?? Beh per rispondere a queste domande è più corretto chiedersi cos’è nel legno stesso a propagare bene il suono. Il suono si propaga tramite fenomeni di compressione ondulatoria, tutto ciò che sentiamo non è altro che la variazione della pressione dell’aria che raggiunge il nostro timpano e questa compressione è, nel caso degli strumenti musicali, una vibrazione. Il nome picea deriva da “pics” che significa resina, infatti questa pianta presenta al suo interno dei microscopici canali resiniferi che percorrono tutta la sua lunghezza; anche il suo nome volgare “Abete rosso” deriva dal fatto che una volta in tavole questo legno diventa piuttosto bruno per il colore della resina. Tutti questi piccoli canali dove scorreva la resina una volta asciugati rimangono cavi e formano quasi delle piccole canne d’organo che trasmettono il suono in modo eccezionale; ecco il segreto del legno armonico! ed ecco perchè ad edempio l’abete bianco risulta pittosto muto.

Ma per arrivare ad una tavoletta con queste proprietà si deve passare per varie fasi: inizialmente dopo aver tagliato la pianta e aver aspettato che il rami raccolgano l’ultimo sorso di linfa del tronco, si seziona lo stesso in varie rotelle e si controlla che gli anelli di accrescimento siano il più possibile regolari, il midollo sia in posizione centrale rispetto la sezione e che siano presenti alcuni segni distintivi dell’ abete maschio, ovvero le introflessioni degli stessi anelli verso il midollo e le caratteristiche indentature sotto la corteccia. Riguardo alle indentature, che sono anche il motivo per cui la pianta assomiglia al faggio e da qui il nome fagierina, non e stato provato che abbiano una stretta correlazione con le proprietà sonore, ma dando robustezza al legno permettono di ricavare tavole di spessore minore e questo si che da più sonorità. Le rotelle vanno tagliate in modo radiale e va scartata la parte midollare centrale in quando sono spesso presenti nodi dovuti ai rami del periodo di gioventù della pianta; spesso si taglia via una buona parte del settore di rotella perchè non è rara la presenza di piccolissimi nodi che si mostrano solo dopo la levigatura e l’essicazione, per queste ragioni si devono tagliare piante di diametro sufficente ad ottenere prismetti di legno della larghezza anche di 30cm (servirà quinidi un diametro maggiore di 60cm).
Dopo un periodo di circa 6 mesi i prismetti risultano con una umidità di circa il 15%, il legno è pronto! era stato posto su listelli dello stesso abete in un luogo arieggiato con la minore parte possibile posta al sole e capovolto in modo che la direzione naturale dei canali linfatici favorisse la fuoriuscita dell’acqua. ora si può costruire una stupenda tavola armonica dal suono eccezionale. Tutto il resto è la straordinaria lavorazione che questi grandissimi maestri fanno, derivante da tradizioni millenarie e pur sempre in cerca di nuove tecnologie per migiorare. Alcune tavole armoniche non saranno mai più riproducibili a causa delle variazioni climatiche del pianeta, a causa delle pioggie acide e dell’aumento di polveri inquinanti nell’aria, addirittura si pensi che nell’ottocento si fabbricavano clavicembali utilizzando i piani armonici di clavicembali antichi il cui suono non si riusciva a riprodurre. Si dice addirittura che queste tavole venissero sgrassate facendole bollire dove veniva fatta bollire la birra per sfruttare le particolatità di alcuni acidi prodotti durante la fermentazione della stessa in modo da sgrassare il legno. Con tutto ciò forse ci fa meno sorridere un’altra frase trovata sempre su di un clavicembalo antico: “Indocta mano noli me tangere”.

Bando di ascolto per giovani musicisti italiani. Anno 2005

04 marzo 2005

A partire da quest’anno il CIDIM accoglierà tutte le proposte di giovani musicisti e gruppi da camera italiani, diplomati presso i Conservatori e Istituti Musicali Pareggiati.

Gli artisti potranno inviare in qualsiasi momento dell’anno le loro registrazioni, che saranno sottoposte ad ascolto, valutate e segnalate. I solisti e gli ensemble scelti saranno segnalati ed inseriti in progetti di stagioni concertistiche in Italia e all’estero. I candidati che invieranno la registrazioni saranno ascoltati da una Commissione artistica il cui giudizio sarà insindacabile. Gli artisti scelti potranno essere invitati ad una esibizione dal vivo, prima di essere inseriti nei progetti del CIDIM. Potranno partecipare tutti i diplomati italiani che nel 2005 non abbiano superato i 26 anni d’età. Per le formazioni da camera il limite d’età sarà dato dalla media dei componenti, e comunque non dovrà superare i 28 anni. Requisiti per la domanda: dettagliato curriculum o biografia dell’ensemble; una foto; registrazione della durata di almeno 30 minuti. Le registrazioni dovranno essere utilizzate suonando per intero i brani scelti (sono preferite musiche originali piuttosto che trascrizioni o arrangiamenti anche per i gruppi da camera. Per la registrazione potranno essere utilizzati diversi tipi di supporto audio o video: musicassetta, Cd, VHS, DVD).

Info:
CIDIM – Direzione Artistica, largo di Torre Argentina 11- 00186 Roma. Tel. 06 68190658 – 06 68190642; fax 0668190651; email: direzioneartistica@cidim.it

Nota: Segnalazione a cura di Susanna Persichilli.