La Viola in Pero di Edo Sartori

Suonare e costruire i violini
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Ananasso
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Messaggio da Ananasso »

Anch'io ho notato che la sguscia abbassa le risonanza di un semitono circa, sia per il fondo che per la tavola del mio primo 'violino'. Quello che non mi aspettavo, da neofita, è come sia miracolosa la catena. Avevo portato la tavola (con le buche) a un Re# con la sola regola degli spessori canonici. Poi lavorando la catena sono riuscito a portare tutti e tre i modi principali (sorry, Claudio) al Fa secco. Mi sembra quindi che le dimensioni della catena siano molto più incisive sulle frequenze di risonanza di quanto riportato, per esempio, nel lavoro di De Angelis.
Per quanto riguarda i modi, a me è risultato molto utile analizzare tavole e corpo con tali metodi, e forse è utile per tutti quanti cominciano a costruire il loro primo strumento. Poi, probabilmente, agli esperti basta un toc per sintetizzare ore di spettrogrammi con Audacity.
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Ananasso
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Messaggio da Ananasso »

Per quanto riguarda il lavoro di De Angelis, mi riferivo qui sopra a 'Teoria e pratica per la valutazione delle frequenze di risonanza dei piani armonici dei violini'-
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davidesora
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Messaggio da davidesora »

talus ha scritto:Talvolta nei migliori Stradivari e Gurneri la tavola di acero ha un tono piu' alto di quella di abete.
Le cronache riportano che sia un'assicella di acero di uno stradivari del 1717 ed un altra pure
di uno Stradivari del 1708 hanno dato un la diesis .

Molto interessante, sapresti dirmi da dove arrivano questi dati? è estremamente raro trovare informazioni di questo tipo ed è piuttosto importante per un liutaio conoscerne l'attendibilità e, se possibile, le condizioni con cui sono state rilevate.

Un fondo accordato in la# per me è oltremodo rigido e mi risulta difficile concepire una cosa simile con gli spessori sottili e le arcature non estremamente alte di quel periodo stradivariano, quindi presa così la notizia è piuttosto spiazzante!!!!

Spesso però le "cronache" si rivelano inattendibili o semplicemente male interpretate ( ad es. anche i miei fondi a volte possono avere un La# tra le note prodotte alla percussione della nocca, ma però si tratta del modo 1 e non del modo 5 che è il più importante e solitamente quello a cui ci si riferisce quando si cita una nota sola)

Di solito per evitare di inglobare errori nel processo di costruzione cerco sempre di essere sicuro dei dati che recepisco, quando questo non è possibile meglio basarsi sulla propria esperienza e buon senso :D



Davide
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claudio
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Messaggio da claudio »

davidesora ha scritto:
Parlare di tavole accordate in Fa#, in Mi, in Sol ecc. mi permette di ipotizzare meglio sulla rigidità finale dello strumento e quindi la ritengo una cosa utile.

Davide
Questo mi sembra l'atteggiamento più "sano" da tenere nei confronti delle accordature delle tavole, ossia avere un orientamento su quello che sarà il risultato finale. Ricordo che le note prodotte dalle tavole, e i cosiddetti "modi" ne sono un indizio, danno solo una indicazione della timbrica dello strumento, così pure la nota prodotta dalla cassa armonica (per le casse già chiuse non esistono "modi"?).

Ciò vuol dire che prestando attenzione solo su questo aspetto, se ne trascureranno altri importantissimi, quali la capacità di risposta delle tavole prima della chiusura della cassa e della cassa medesima. Molti violini di fabbrica hanno casse che rispondono alle note considerate canoniche, e sappiamo bene che un violino di fabbrica non è esattamente lo stesso di un violino antico d'autore.

E' su questo aspetto dell'acquisizione delle note considerate "canoniche" e nelle successive operazioni di filettatura/sguscia/rifinitura bordi, che inizia quella speciale alchimia per cui uno strumento arriverà a suonare bene o meno. Poi ci sono da considerare gli aspetti della preparazione del legno e della verniciatura, i quali influenzano pesantemente il risultato finale.

Quanto sopra è solo una sommaria panoramica di quella che è la reale esperienza di costruzione della cassa di uno strumento ad arco, come si può intuire vi sono elementi impossibili da spiegare nel dettaglio perchè le parole non potranno mai arrivare a quantificare un'esperienza fatta di sensazioni ed intuizioni (a volte sbagliate), che portano alla realizzazione di un buono strumento.

Per questa ragione la costruzione del violino dovrebbe rappresentare un esercizio continuo su un numero limitato di modelli. Perchè se ogni volta si cambia modello, varieranno in modo determinante anche le caratteristiche di cui sopra. Ogni variazione del modello vale come cambiare il gioco: sebbene le carte sia sempre le stesse ed in numero di 40, non si potrà fare scopa giocando a briscola, e non si potrà far briscola giocando a tressette.

Sia bene inteso, per me l'aderenza ad un modello non significa adesione cieca ed acritica agli esempi del passato, anche le forme personali subiscono spesso una evoluzione che porta ad affinare le linee secondo il gusto e le esigenze personali. Chi cambia spesso modello non è detto che non sappia far suonare i violini, potrebbe anche possedere una padronanza tale della materia per cui riesce a destreggiarsi in modo efficace tra le mille variabili.

Ma bisogna sempre considerare che i liutai antichi, anche quelli più "tellurici" e apparentemente privi di un ordine come Guarneri del Gesù, hanno fondato la propria opera sostanzialmente su un modello. Da questo punto di vista forse Stradivari è stato tra tutti il vero sperimentatore, infatti egli ha usato un gran numero di forme piuttosto diverse tra loro, anche se il nucleo originale della forma degli Amati è rimasto sostanzialmente intatto.
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Messaggio da davidesora »

Ananasso ha scritto: Mi sembra quindi che le dimensioni della catena siano molto più incisive sulle frequenze di risonanza di quanto riportato, per esempio, nel lavoro di De Angelis.
non conosco quanto dice il De Angelis, ma comunque l'influenza della catena è inversamente proporzionale agli spessori e alla massa (peso) della tavola : le tavole a spessore sottili e/o leggere sono molto innalzate in frequenza e quelle molto spesse e/o pesanti meno.

Di solito a me le tavole accordate a Re# senza catena schizzano oltre il Fa# dopo l'applicazione della stessa, ma utilizzo legno rigido, leggero e stagionato parecchio (almeno per me) che mi permette l'uso di spessori abbastanza sottili, mentre con un legno con caratteristiche diverse e magari abbastanza fresco credo che il comportamento sarebbe diverso e l'innalzamento in frequenza decisamente più contenuto.


Davide
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talus
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Messaggio da talus »

Per Davidesora che stimo moltissimo:

Le informazioni sono prese dagli studi del fisico francese F. Savart che
si dedico' moltissimo all'acustica del violino.
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claudio
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Messaggio da claudio »

talus ha scritto: Le informazioni sono prese dagli studi del fisico francese F. Savart che
si dedico' moltissimo all'acustica del violino.
Autore del famoso violino trapezoidale, uno sconcio tanto dal punto di vista artistico, che da quello strettamente acustico, egli concepì il suo strumento copiando maldestramente strumenti etnici di area mongola/cinese. Cosa quindi può essere salvato non solo di questo studioso, ma anche di altri della stessa epoca? A mio giudizio ben poco perchè forse non ebbero nè capacità e nè possibilità di ricostruire la tradizione cremonese. Forse si può salvare qualcosa del De Piccolellis, che pure ci ha lasciato notizie abbastanza attendibili sul tipo delle bombature degli strumenti classici. Per il resto si viaggia in una specie di selva oscura fatta di pregiudizi, ignoranza che parecchi danni hanno procurato a chi si avvicinò in quegli anni alla liuteria per la prima volta. Davvero non so cosa si potrebbe salvare del lavoro di Savart, forse chi ne sa più di me in proposito potrebbe smentirmi.
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Messaggio da davidesora »

talus ha scritto:Per Davidesora che stimo moltissimo:

Le informazioni sono prese dagli studi del fisico francese F. Savart che
si dedico' moltissimo all'acustica del violino.
Grazie per la stima e per l'informazione.

Questo potrebbe spiegare la "strana" nota di La# trovata nei fondi di Stradivari.
Infatti, se non ricordo male, il Savart ricavava le note delle tavole libere mettendole in vibrazione sfregando un arco da violino sul bordo : se si tiene il fondo per la nocetta e si sfrega l'arco sul bordo il modo eccitato sarebbe effettivamente il Modo 1, che di solito viene in zona Sol#/La#.

Comunque non è possibile confrontarlo con i modi ascoltati percuotendo con la nocca perchè la presenza dell'arco interagisce con la vibrazione della tavola falsandone la frequenza emessa.

Il lavoro di Savart resta una pietra miliare della ricerca acustica applicata al violino, anche se da quei tempi parecchia strada è stata fatta (soprattutto nell'attendibilità scientifica dei risultati più che nei risultati stessi) e oggi non credo si possa più considerare un lavoro da prendere a riferimento, anche se sempre interessante dal punto di vista "culturale".


Davide
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Ananasso
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Messaggio da Ananasso »

Sempre da parte di un neofita, ma lo ritengo utile per chi come me è partito da zero e ora riparte da un brutto anatroccolo destinato alla sperimentazione:
- ho considerato quanto letto sui 'modi' una utile guida, un modo di verificare il procedere del lavoro (non avevo altri riferimenti).
- per quanto riguarda i modi a violino chiuso la situazione è più complicata ma interessante: avendo sbagliato la lunghezza delle buche il suono era chiuso e brutto, e con lui le risonanze erano sballate. Ho, a violino ormai chiuso, allungato le ff di circa 1.5 mm. Esteticamente ho dato il colpo di grazia al brutto anatroccolo, ma le risonanze si sono spostate verso valori più consoni e il suono è cambiato in modo percettibile e in meglio. La mia insegnante dice che suona meglio del Gliga che, tra parentesi, ha le risonanze giuste ma suona come una viola.

In mezzo a questa confusione affronto il secondo violino, con la nuova forma PG che ho disegnato direttamente con riga e compasso sul compensato marino seguendo il procedimento di Claudio con Geogebra (che ho decodificato), con più calma e più attenzione. Devo molto a questo sito e a chi lo alimenta con sapienza, e lo ripeto volentieri.
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claudio
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Messaggio da claudio »

Sì, ma io non ho mai condiviso i "modi". Gli antichi questi modi non li avevano.
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Messaggio da davidesora »

Ananasso ha scritto:
- per quanto riguarda i modi a violino chiuso la situazione è più complicata ma interessante: avendo sbagliato la lunghezza delle buche il suono era chiuso e brutto, e con lui le risonanze erano sballate. Ho, a violino ormai chiuso, allungato le ff di circa 1.5 mm. Esteticamente ho dato il colpo di grazia al brutto anatroccolo, ma le risonanze si sono spostate verso valori più consoni e il suono è cambiato in modo percettibile e in meglio. La mia insegnante dice che suona meglio del Gliga che, tra parentesi, ha le risonanze giuste ma suona come una viola.
Sarebbe interessante sapere come hai modificato le effe, per capire se l'intervento ha modificato anche la flessibilità della tavola o solo la nota del volume d'aria (in terminologia "modale" A0,A1,ecc.)
Se hai modificato solo la lunghezza allargando le parti più strette delle effe (curva sopra gli apici delle palette) 0,75 mm (1.5 mm in totale) per parte non sono poi molti come aumento della superficie della effe anche se esteticamente l'effetto è sicuramente devastante. :)

Se invece la modifica è stata più estesa (allargamento generale delle aste, diminuzione della distanza tra gli occhi superiori e di quella tra gli occhi inferiori e il bordo) allora l'influenza sarebbe anche strutturale con influenza effettiva sulla rigidità e capacità di movimento della tavola e quindi sui Modi del corpo del violino (in terminologia "modale" B-1,B1-,B1+,CBR e chi più ne ha più ne metta.....).

Il tuo intervento è comunque un classico esempio di come empiricamente si possa arrivare a concepire modifiche del proprio lavoro per migliorare la resa dei propri strumenti senza applicare teorie scientifiche complesse,
cosa che sicuramente ha rappresentato il modo di affinazione acustica del violino per gli antichi maestri liutai.
Però avere un'idea di come si muove lo strumento quando entra in vibrazione (modi di vibrazione) permette di cercare di capire l'effetto di certe caratteristiche costruttive rispetto ad altre e quindi la ritengo una cosa molto utile per il liutaio, anche se sicuramente non indispensabile.

Ma, secondo me, più si sa e meglio è, l'importante è non farne un dogma.:pray:


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Messaggio da claudio »

Io la vedo così: il sistema dei "modi" è stato individuato da persone che poco avevano a che fare con la liuteria e che comunque con la loro estrazione scientifica hanno contribuito alla conoscenza della liuteria classica. Il problema è che sia Savart, Chladni che la Hutchins non solo conoscevano poco e niente dell'Italia e del nostro mondo artistico, ma non furono nemmeno liutai (la Hutchins nasce come fisico e poi si "converte" alla liuteria). Non c'è niente di male ad essere un fisico, sempre però che si abbia una idea sufficiente di quel che è il mondo delle tradizioni e di un approccio filologico ad esse. Il problema è che i fisici per loro formazione, spesso prescindono da un approccio umanistico e fanno scempio di cultura e tradizione. Ma venendo all'aspetto pratico dei modi, Ananasso afferma di trovarli utili perchè "all'inizio un punto di riferimento bisogna averlo".

Può darsi, ma per quel che è la mia esperienza non ho mai, dico mai, avuto occasione di ascoltare un violino concepito con i modi che suonasse bene. Poteva capitare di ascoltarne uno bassi potenti e corposi, ma con acuti che lasciavano a desiderare, oppure con problemi di tenuta del suono nelle posizioni alte, o con problemi di bilanciamento tra le corde medie e quelle estreme. Insomma un bel macello. Io ho iniziato affidandomi totalmente a Sacconi e agli spessori degli strumenti originali, il primo strumento lo feci con una tavola a 2.4 su tutta la superficie e non solo suonava con un ottimo timbro, ma era anche uniforme. L'unico problema era il Do sulla quarta corda in prima posizione che suonava molto ingolato, dovuto ad una errata angolazione della catena. Altri strumenti costruiti in modo simile, seguendo in modo approssimato le regole del Re per la tavola e del Fa per il fondo, dettero risultati ottimi considerando che avevo iniziato da poco come autodidatta.

Quindi a mio parere con i modi si vanno a cercare inutili complicazioni, quando con una esperienza modesta e con tanto orecchio e sensibilità, si può arrivare a risultati eccellenti. Affidarsi totalmente ai modi è una tentazione tecnico scientifica completamente avulsa, secondo il mio modo di vedere, da un contesto antico dove prevalevano essenzialmente intuito e creatività. Per non parlare poi del fatto che filettando e sgusciando a cassa chiusa, vorrei proprio capire dove andrebbero a finire certi modi.

Non è affatto detto che gli antichi lavorassero tutti a cassa chiusa, ma di certi "modi" credo che se ne sia parlato solo nella prima metà del 1800 in contesti assolutamente avulsi da quello cremonese, sia culturalmente che geograficamente. Del resto oggi abbiamo la fortuna di avere un gran numero di strumenti originali ben studiati e documentati, che problema c'è a prenderne uno di proprio gusto e "spremerlo" a dovere per capirne le potenzialità?
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uello che non posso dire

Messaggio da Ananasso »

Rispondo a Davide Sora

Con le buche 'sbagliate avevo:
A0=279 Hz
B1-=458 Hz
B1+= 510 Hz
A1= 478 Hz
CBR= 2500 Hz circa

Dopo la cura. che consiste in un orrendo allungamento delle buche ovalizzando i fori (3 mm in totale)

A0=272 Hz
B1-=425 Hz
B1+= 513 Hz
A1= 442 Hz
CBR= 2500 Hz circa

Il lavoro sulle buche ha sicuramente comportato una diversa proiezione del suono verso il violinista (io, purtroppo) con aumento del volume e arricchimento del suono. Ma anche registrando ho sentito una differenza notevole. Quello che non so è quanto possa aver agito sulle caratteristiche di rigidità della zona prossima alle buche.

Rispondo a Claudio:

Il mio approccio allo strumento non è strettamente filologico, non ne ho né le capacità né la cultura. Quindi uso i modi come attrezzi impropri, sapendo bene che Chladni è nato quando Stradivari se n'era già andato da un po'.
Quindi nella sostanza concordo con Claudio, anche se poi mi permetto di razzolare male.
L'unica cosa su cui sono profondamente in disaccordo è sulla distanza tra Fisica e umanesimo: per me la Fisica è, molto spesso, pura musica, o pura poesia.
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Nessuno ce l'ha contro la Fisica, ci mancherebbe altro, mi auguro solo che alla liuteria si abbia un approccio un tantinello meno positivista.
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Concordo.
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