Tributo a Sacconi nell'anniversario della nascita

I liutai: i loro strumenti e le loro biografie.
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claudio
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Messaggio da claudio »

Atomino ha scritto:
E' il bivio delle scelte, già indicato da Claudio nella sua risposta. Appiattimento della forma e dei suoni, scarsa o nulla originalità, scorciatoie nella scelta e nella lavorazione dei legni, vernici (semi) industriali............ Mi sembrano elementi bastanti per un divorzio.
Non esageriamo, i liutai cremonesi non sono ancora arrivati alle vernici industriali e simili, la componente artigianale è ancora rilevante e ci sono alcuni liutai che sono eccellenti maestri nel loro lavoro. In quanto all'appiattimento dello stile e una scarsa attenzione al suono, questa è una realtà che purtroppo si incontra spesso non solo a Cremona. In definitiva non tutto è da buttare, anzi, direi che c'è molto da salvare e di cui essere orgogliosi. In definitiva il panorama appare animato da profonde contraddizioni, ove spiccano eccellenze e miserie. Non credo che il tener viva la memoria di Sacconi contribuisca a tenere più alto il livello medio della nostra produzione artistica, ma è pur vero che conoscere approfonditamente il lavoro di Sacconi consente ai giovani liutai di partire con il piede giusto e con mente aperta.
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Atomino
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Messaggio da Atomino »

claudio ha scritto: Non esageriamo, i liutai cremonesi non sono ancora arrivati alle vernici industriali e simili, la componente artigianale è ancora rilevante e ci sono alcuni liutai che sono eccellenti maestri nel loro lavoro. In quanto all'appiattimento dello stile e una scarsa attenzione al suono, questa è una realtà che purtroppo si incontra spesso non solo a Cremona. In definitiva non tutto è da buttare, anzi, direi che c'è molto da salvare e di cui essere orgogliosi. In definitiva il panorama appare animato da profonde contraddizioni, ove spiccano eccellenze e miserie.
Claudio, non mi riferivo necessariamente ai giovani liutai cremonesi o italiani ch,e come dilettante, non posso che rispettare e ammirare. Stavo cercando di gettare uno sguardo un pò più ampio, anche fuori dai confini italiani. La buona preparazione dei giovani è sempre sintomo di un momento positivo nella scuola e nei giovani stessi. Il talento poi si raffina.
Una domanda. Che diresti a un qualsiasi liutaio che entra in bottega con quattro o cinque fondi prescavati? O a quello già affermato che rinuncia al ciliegio e al pioppo e al suo disegno originale perchè l'acquirente vuole in tutto e per tutto uno Stradicopia? Situazioni al passo con la produttività, il mercato e i tempi? Non so. Penso che Sacconi le copie le sapesse fare benissimo. Ma non era quella certo la sua meta.
claudio ha scritto: Non credo che il tener viva la memoria di Sacconi contribuisca a tenere più alto il livello medio della nostra produzione artistica, ma è pur vero che conoscere approfonditamente il lavoro di Sacconi consente ai giovani liutai di partire con il piede giusto e con mente aperta.
Nell'ottica di questa tua ultima frase, che appoggio in toto, direi che questo è il momento in cui ci vuole veramente qualcuno che ne riporti il ricordo e l'opera allo splendore e al ruolo che merita.
- Alberto Soccini -
carolina
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Messaggio da carolina »

Claudio, mi ero persa il tuo intervento. Ti ringrazio per la spiegazioni. Quel poco che so di liuteria l'ho imparato qui...pertanto non conosco altre realtà, ecco perchè fatico a comprendere.

Ringrazio anche te Atomino :)

Buon lavoro

P.S. Forse, più che con il proprietario dei diritti sul libro di Sacconi, si potrebbe parlare con la casa editrice, facendo notare l'interesse in una stampa anche della versione italiana. Se riterrà opportuno farla, sarà lei a chiedere al proprietario dei diritti...in fin dei conti è lei che paga...
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claudio
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Messaggio da claudio »

Carissima Carolina ti ringrazio a mia volta per il tuo messaggio che mi dà l'occasione di ricordare è stata da tempo aperta una discussione dedicata alla ristampa in italiano del libro di Sacconi "I segreti di Stradivari". Ricordo che i diritti del libro furono acquisiti a suo tempo da Eric Blot e che attualmente è in vendita solo la versione inglese del libro di Sacconi. Qui di seguito è riportato il link alla discussione di cui sopra:
https://www.claudiorampini.com/modules.p ... pic&t=3058
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MarcoSpain
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Messaggio da MarcoSpain »

Per l'esperienza che ho di Cremona e dei liutai cremonesi (sono originario della provincia, con un fratello maggiore violista, quindi fin da bambino ho frequentato botteghe di liutai), direi che c'è un po' di tutto, e che non bisogna generalizzare.
Ho avuto la fortuna di frequentare gente che amava il suo lavoro e che cercava di fare sempre il meglio, fin da piccolo ho provato violini appena montati, imparando tante cose che normalmente un violinista conosce appena.
Però negli ultimi anni sono anche venuto a conoscenza delle catene di montaggio che producono violini in bianco per alcuni liutai rinomati senza scrupoli che di fatto rifiniscono il riccio e verniciano il violino... la realtà è talmente vasta, e tanto commercio ha fatto perdere il controllo a noi musicisti, e a voi liutai, di poter fermare questi "furbi" che distruggono la nostra tradizione.

Il fatto che non venga ristampato in italiano il libro di Sacconi è un peccato, potrebbe essere una maniera di riportare l'attenzione sulle cose veramente importani della liuteria stradivariana, non solo l'uso di un certo tipo di sostanza chimica o chissà quale misterioso segreto.
Poi, davvero, tanto amore per quello che si fa, certo talento e una bella preparazione possono portare a grandi risultati.
Sacconi insegna! :wink:
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claudio
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Messaggio da claudio »

Una testimonianza di David Segal:
David Segal Liutaio, restauratore e commerciante

Ho incontrato il Maestro Sacconi per la prima volta quando venne a Cremona nel 1971. Frequentavo il secondo anno di scuola [la Scuola di Liuteria di Cremona, n.d.t.] e lo incontrai nella bottega del mio maestro, Francesco Bissolotti, con il quale egli stava lavo­rando al suo libro. Rimasi totalmente impressionato dal suo ta­lento, dalla sua sapienza e dalla sua umanità, e ci fu un'intesa spon­tanea tra noi. Era un uomo che rappresentava molto più della sola liuteria, ed il suo carattere così umano fu molto importante per me.

L'anno seguente, Sacconi venne di nuovo a Cremona per terminare il lavoro sul suo libro e questa volta vi rimase per diversi mesi, perché sua moglie era in ospedale. Riuscii a vederlo abbastanza spesso, poiché passava parecchio tempo nella bottega di Bissolotti per fare con lui un violino e per aiutare me a costruire un violoncello. Quando stavamo insieme, parlavamo anche del sistema di verniciatura. In questo periodo ebbi l'opportunità di conoscerlo molto bene, sia pro­fessionalmente che personalmente.

Sacconi era un grande esperto di riparazione e restauro e a quel­l'epoca i liutai italiani si occupavano quasi esclusivamente della costruzione di nuovi strumenti. Tutti ammiravano Sacconi per la sua sapienza e gli riconoscevano di non essere secondo a nessuno. Inoltre, non esitava mai a mostrare, spiegare o insegnare tutto ciò che sapeva. Gli veniva naturale, e ciò che non riusciva a spiegare a parole semplicemente lo mostrava.

Aveva delle mani straordina­rie! Poteva prendere una matita o un pezzo di gesso, disegnare su un pezzo di legno o di carta e farti capire visivamente come fare le cose. Mentre mi stava aiutando a costruire il violoncello, riuscivo a capire con facilità le sue spiegazioni così semplici sul come trat­tare le bombature, le « ff », la filettatura... e tutto il resto. Oltre alla sua enorme sapienza e alla sua grandissima generosità, egli era vivace ed allegro.

Stava costantemente in piedi nella bot­tega di Bissolotti, giorno e notte, facendoci stancare a morte mentre lui rimaneva fresco come un « buon giorno! ». Quell'estate stavo per terminare la scuola ed ero indeciso se tor­nare in Israele o andare in America. Sacconi mi consigliò di andare a New York, perché riteneva che il liutaio moderno dovesse stu­diare riparazione e restauro. Secondo lui, si doveva sapere molto sugli strumenti antichi per riuscire a capire completamente l'acu­stica e le esigenze - di quelli moderni.

All'epoca, il posto migliore per imparare tutto questo era New York e naturalmente volevo andare alla bottega di Wurlitzer, dove sarei potuto stare con lui. La Sig.a Wurlitzer mi invitò ad andare a lavorare nella sua bottega, ed arrivai il 26 febbraio 1973. Fu uno shock culturale arrivare da solo in una città enorme come New York provenendo da un centro piccolo come Cremona o da un posto come Israele, il mio Paese d'origine. Inoltre, quando entrai nella bottega, non sapevo nulla su come riparare o mettere a punto uno strumento.

Nei miei tre anni a Cremona avevo visto soltanto strumenti nuovi. Oltre a tutto ciò, da Wurlitzer c'era una tremenda tensione per la quale io non ero affatto preparato. Da ciò che avevo sentito da per­sone che lavoravano lì già da qualche anno prima del mio arrivo, l'atmosfera e i rapporti personali erano magnifici. La ge;nte che veniva ammirava quella bottega ed apprezzava quelli che vi lavo­ravano. Quando arrivai io, invece, c'erano conflitti infiniti tra la dire­zione e i dipendenti, fra i dipendenti stessi, nonché fra i musicisti e la direzione. Tutto ciò mi creò delle difficoltà.

La cosa peggiore, però, fu di trovare Sacconi completamente diverso da come era soltanto sei mesi prima a Cremona. Quando lo vidi per la prima volta in bottega (da Wurlitzer), mi sconvolse vederlo sottomesso, chiuso in se stesso; un uomo con la schiena piegata e i sentimenti « piegati ». Si muoveva persino con grande insicurezza, o forse con paura. Non osava aprir bocca, nemmeno per dire: « Ciao! » a me, e sono sicuro che mi volesse molto bene. Non doveva insegnare e nemmeno mostrare qualcosa agli altri liutai, perché ormai qualcun altro dirigeva. Quando veniva alla bottega doveva soltanto guardare quei pochi strumenti che erano da identi­ficare e incontrare i clienti che chiedevano espressamente di lui.

Dopo la prima settimana, gli chiesi perché non m'avesse detto che la situazione da Wurlitzer era completamente diversa da quella che m'avevano descritta Charles Beare ed altri che avevano lavorato lì in passato. Mi rispose: « Lascia perdere! Volevo che tu venissi qui, anche con questo tipo di situazione, perché puoi ugualmente impa­rare e studiare, ed era questo ciò che volevo per te».

Tristemente, veniva alla bottega soltanto quando lo chiamavano, di solito al sabato, a volte al venerdì. Usavano come scusa la sua pressione alta o la condizione dei suoi occhi per impedirgli di fare di più, e questo era assolutamente ingiusto. I suoi occhi, infatti, erano acuti come quelli di un'aquila e la sua pressione era alta da quando aveva quarant'anni; per di più era ben controllata con pil­lole e con il suo ottimo atteggiamento. Si pensi che era capace di viaggiare due ore per arrivare al lavoro, di stare in piedi nella bottega per otto ore e poi di viaggiare altre due ore per tornare a casa, e il tutto nella fretta stressante di New York. Bisogna essere proprio forti per fare tutto ciò.

La spiegazione vera di tutto questo, e la vera tragedia, era che verso la fine della sua vita egli veniva respinto dalla propria gente. Non apprezzavano più ciò che faceva ed erano troppo superbi o invi­diosi per ammettere che lui fosse ancora più grande che mai. Io credo che questo tipo di situazione abbia molto contribuito alla sua morte e successivamente alla decisione di chiudere la grande Casa Wurlitzer.

Ricordo l'ultima riparazione che fece a casa, un Bergonzi. Lo stru­mento era quasi « nudo » [di vernice, n.d.t.] prima che lui lo ritoccasse, ed aggiunse una vernice talmente perfetta che non era possibile distinguerla dall'originale. Un lavoro come quello avrebbe dovuto essere apprezzato nella bottega, ed io ho imparato in quel­l'occasione a non trascurare né sottovalutare mai le persone anziane, soprattutto quelle come Sacconi, che è stato creativo fino all'ultimo respiro.

Chiunque lo sottovalutava non sapeva di che cosa stesse parlando! Poco prima di morire, costruì due bellissimi strumenti. Uno era una viola fatta su modello Stradivari. Essa mostra il ma­gnifico lavoro che era ancora capace di compiere a settantasette anni ed è la prova tangibile che la sua abilità non aveva subito alcun deterioramento con l'età. L'altro strumento era la copia del violino « Lord Wilton » fatto da Guarneri del Gesù nel 1742. Riuscì a finire la costruzione di questo strumento, ma non a verniciarlo e ritoccarlo.

Quando faceva una copia, doveva essere esatta, il che voleva dire che perfino le minuscole crepe nell'interno dell'originale dovevano essere riprodotte! Se dentro c'era una scalfittura da sgorbia, lui la riproduceva nella copia; se il filetto era un po' rotto in alcuni punti — e Guarneri è noto per questo! — lui riproduceva identi­camente le rotture.

Sacconi, prima di morire, aveva cominciato a verniciare e a ritoccare questa copia del Guarneri. Il suo metodo era prima di verniciarlo come se fosse nuovo, così come l'originale era stato verniciato. Poi cominciava a togliere la vernice dovunque fosse consumata nell'originale. Quindi faceva i graffi e le crepe. Sfortunatamente, non è riuscito a terminare il lavoro.

Sacconi fece ancora altri strumenti che non erano copie, bensì stru­menti fatti su modelli di Stradivari. Sacconi era modesto; diceva di non essere un grande uomo, ma soltanto uno che cercava di capire ciò che un grande uomo — Antonio Stradivari — aveva fatto! Egli non era soltanto modesto, come ho detto; era anche umano e buono. Per fare un esempio, ogni volta che andavo a Long Island col treno a fargli visita, il fine settimana, lui si faceva tutta la strada dal suo piccolo villaggio per venirmi a prendere alla stazione.

Ho permesso che questo grande maestro facesse l'autista per un giova­notto perché lui mi aveva detto che non c'era alcun mezzo pubblico che andava al villaggio. Fu soltanto dopo la sua morte, quando ero preoccupato di non poter più andare a trovare la Sig.a Sacconi, che un vicino di casa mi disse che c'era sempre stato un autobus pubblico o un servizio di taxi. Lui non mi aveva detto niente per risparmiarmi il disturbo di aspettarli.

Durante quei quattro mesi in cui Sacconi era ancora vivo, gli unici momenti in cui mi sentivo a mio agio era quando andavo il fine settimana a trascorrere la giornata con lui e sua moglie. Questa era l'unica cosa che mi facesse sentire di avere una ragione per rimanere in questa città e, quando, lui morì, fu quasi la fine del mondo per me. Fu molto più difficile vivere nel terribile mondo di New York senza alcun sostegno morale.
Il mio rapporto con Sacconi non è, però, finito con la sua morte. Continuo ad avere un rapporto indiretto con lui attraverso sua mo­glie Teresita, che io adoro perché è una grande persona. Oggi ha ottantacinque anni, vive e si mantiene ancora da sola ed è sempre ottimista e di buon umore. Nonostante qualche disturbo, probabil­mente gli stessi di anni fa, continua a sbrigare le faccende di casa, a cucire ed a scrivere.

Lei e suo marito avevano un rapporto meraviglioso. Vedevo du­rante le mie visite che esisteva una vera intesa fra loro. Ella accet­tava la vita di lui senza esitazioni, i suoi desideri non avevano im­portanza; era contenta di far in modo che suo marito fosse felice e questo ha mantenuto sempre bello il loro rapporto. Se visitaste la loro casa, vedreste che il più grande maestro, quello che avrebbe certo potuto sfruttare economicamente tutte le sue capa­cità e la sua grande sapienza, in effetti non l'ha mai fatto.

La casa è piccola e l'arredamento è modesto, ma è accogliente e caldo. Sono sicuro che molti dei suoi allievi e gran parte delle persone che lui ha aiutato hanno avuto più vantaggi economici di quanti ne abbia avuti lui, ma a lui non importavano quelle cose. Non era un uomo invidioso!
Sacconi era d'importanza talmente vitale per Wurlitzer che quando lo misero in ombra, sia i clienti che i buoni liutai — i migliori al mondo! — hanno cominciato a lasciare la bottega. Dopo la sua morte nel 1973, quelli che erano rimasti per studiare con lui si sono volatilizzati appena possibile, sia per mettersi in proprio, sia per lavorare per un'altra compagnia.

Fortunatamente Sacconi aveva terminato il suo libro, nel quale sono state raccolte la sua esperienza e conoscenza dell'opera di Stradivari. Questo libro è un'ottima guida per me e per molti liutai di tutto il mondo. A tante conferenze dove si parla di costruzione e di verni­ciatura di violini, si sente spesso il nome di Sacconi.

New York, 3 marzo 1984
David Segal
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Messaggio da Atomino »

Sono passati 25 anni dalla pubblicazione dell'articolo e nel frattempo David Segal è diventato ancora più grande nel panorama della liuteria e del restauro. Ho avuto la fortuna di conoscerlo, presentatomi da un amico che lavora per lui a New York, in occasione della Mostra di Andrea Amati a Cremona. Grandissima preparazione e disponibilità, sorridente e senza arroganza; anche se sempre un pò di fretta. Indubbiamente per lui Sacconi è stato un grande maestro e non solo dal punto di vista professionale.
- Alberto Soccini -
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