Il mistero del violoncello di Sacconi del 1927

da Bach a Kodaly, uno strumento di incredibile bellezza.
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famar
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Messaggio da famar »

Premetto anzitutto che non ho mai visto uno strad dal vivo se non quello dell'auditorio. A quanto ricordo i violini dell'epoca di Stradivari avevano il manico incollato sulle fasce. Quel violino ha il manico classicamente incassato nello zocchetto. Ho cercato di vedere se fosse stato sostituito guardando il classico punto di attacco alla cassetta dei piroli ma non ho visto giunture. Non posso pensare che sia stato sostituito tutto il manico compreso il riccio (magari buttando via il riccio originale di Antonio). Questo è il motivo del mio dubbio ma probabilmente parto da presupposti errati. Poi, non so come dire, ma mi appare così moderno nelle forme ed anche nella vernice che avevo avuto questo dubbio di autenticità, ma forse proprio questa è la grandezza di Stradivari. Qualcuno può darmi altre spiegazioni?
Tornando al violoncello svasticato, non si conoscono i possessori dello strumento? Immagino che strumenti di quella fattura siano sempre tracciabili dall'uscita del laboratorio in avanti.
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edi
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Messaggio da edi »

Eh sì... fin quasi la metà del XX secolo, è stato compiuto lo scempio di adattare alle montature moderne gli strumenti antichi, compresi quasi tutti gli Stradivari, con la sostituzione del manico (che nella montatura antica era inchiodato, non incollato alle fasce) ed innesto della testa. E purtroppo non ci si è fermati solo a questo, ma lo scempio è andato avanti con la riduzione alle dimensioni standard moderne delle casse di moltissimi strumenti antichi!!! Bisiach docet... :evil:
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claudio
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Messaggio da claudio »

Famar, magari potremmo iniziare anche un'altra discussione intitolata "il mistero del Toscano di Stradivari anno 1690"? :lol:

Ho controllato nelle monografie dedicate a questo violino in cui compaiono fotografie bene dettagliate, l'innesto del riccio in questo caso è stato fatto più che a regola d'arte, in quanto solo un occhio bene esercitato può distinguere il vecchio dal nuovo.
In quanto al resto c'è poco da dire se non un invito ad osservare meglio e a meglio meditare questo meraviglioso strumento. Bada bene qui non si tratta di opporre un timore reverenziale rispetto alle perplessità, ma di approfondire i termini della propria osservazione onde cogliere il più possibile quegli aspetti che possono essere sfuggiti. In questo caso osserva bene la fattura generale, l'andamento delle CC, il filetto, le curve ed infine anche la vernice. E' proprio sicuro che uno strumento del genere possa essere confuso con uno moderno. Il suo aspetto "moderno" non è dato solo dalla bontà dello stato di conservazione, ma anche dal fatto che questo violino rappresenta il vertice della produzione stradivariana ispirata allo stile degli Amati. In questo strumento il carattere amatiano viene ripreso in modo coerente e, se possibile, proiettato verso l'alto in un insieme a mio parere irripetibile di eleganza ed originalità. I violini del secondo periodo stradivariano brillano sicuramente per monumentalità e possenza, ma veramente pochi possono competere con questo riguardo a leggerezza ed armonia di forme. Spero di non averti convinto, ma solo di averti offerto qualche spunto di riflessione in più.
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_ale
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Messaggio da _ale »

E' vero Claudio, ho trovato l'informazione anche in questa discussione

https://www.claudiorampini.com/modules.p ... ic&p=49644

a via del Gambero 23 si trova la casa natale, vale la pena di passarci, per il seminario questa volta farò di tutto per esserci, un saluto
famar
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Messaggio da famar »

Grazie ad Edi e Claudio. In effetti non ero certissimo che mancasse il taglio per l'innesto del riccio vecchio. Non ero certo perchè nella vetrina potevo osservare solo di sbieco e per di più con i riflessi del vetro. Inoltre l'illuminazione nel museo è veramente ridotta al minimo, sicuramente a tutela degli strumenti. Certo è che fare un innesto così difficile e quasi invisibile non è da tutti però poi rimango sconcertato dal criterio irrispettoso della sostituzione del manico. Comprendo il fatto che gli strumenti moderni abbiano un manico più lungo, posso (?) accettare che vada sostituito sugli strumenti antichi, credevo però che come sistema di attacco alla cassa venisse utilizzato il metodo originale (anche piantando chiodi se necessario). Ero però molto lontano dal pensare che qualcuno potesse tagliare le fasce e scavare lo zocchetto per innestare un manico nuovo in uno Stradivari! Per il resto hai ragione è uno strumento ineffabile, ogni volta che lo osservo mi sconcerta proprio quella "leggerezza" che citi anche tu.
Grazie ora tornerò ad ammirarlo senza remora alcuna.
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claudio
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Messaggio da claudio »

Famar, capisco il tuo sconcerto, ma purtroppo arrivi un pò tardi: il processo di trasformazione degli strumenti "alla moderna", iniziò nella seconda metà del 1700, epoca di profonde e radicali trasformazioni nella musica, nei compositori e anche negli strumenti. Tutti gli strumenti antichi di cui oggi tessiamo le lodi per il suono meraviglioso furono trasformati allo stesso modo del Toscano, tanto che se oggi Stradivari tornasse in vita, quasi non riconoscerebbe più le sue creazioni.
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claudio
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Messaggio da claudio »

Vorrei rivolgere uno speciale ringraziamento a Gianmaria e Orzo, senza i quali non avremmo saputo nemmeno dell'esistenza di questo strumento. Grazie!
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claudio
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Messaggio da claudio »

Riprendo questa "antica" discussione perchè considero risolto il "mistero" della svastica incisa sul fondo del violoncello di Sacconi. Infatti di questo strumento abbiamo molte notizie, ma finora ci è sfuggito il motivo di questo curioso particolare non trovando testimonianze attendibili che ci potessero chiarire le circostanze per cui si è proceduto a contrassegnare lo strumento in questo modo.

Grazie alla testimonianza del M° Rodolfo Marchini di Roma, che ho incontrato oggi nel suo laboratorio, e che ha avuto occasione di conoscere in modo approfondito molti dei grandi liutai del 1900, tra cui Sacconi, che era molto amico di Giuseppe Lucci (nonchè suocero di Rodolfo Marchini), mi è stato riferito che la svastica fu incisa direttamente da Sacconi come mero espediente per favorirne la vendita.

Infatti, dato il periodo, si era al quinto anno dell'era fascista in una Roma decisamente convertita al credo mussoliniano e con decise simpatie nei confronti del nazionalsocialismo tedesco di Hitler, Sacconi pensò bene di introdurre questo "elemento distintivo" per attrarre l'attenzione di potenziali acquirenti, gerarchi o musicisti di fede fascista (o presunta tale, poichè trovavano più facilmente lavoro chi era iscritto al partito fascista).

Questo fu riferito direttamente da Sacconi a Marchini, il quale oggi mi ha confermato questa versione.

Ne approfitto per ripubblicare le foto dello strumento, aldilà delle considerazioni politiche si tratta di uno strumento di notevole bellezza.

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Messaggio da gelido »

[quote="claudio"]Sacconi pensò bene di introdurre questo "elemento distintivo" per attrarre l'attenzione di potenziali acquirenti, [quote]

Fin troppo... è perfino alla rovescia...
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Messaggio da davidesora »

Bellissima interpretazione stradivariana, svastica a parte.
La svastica mi fa venuire i brividi..... :?
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Messaggio da claudio »

gelido ha scritto:
claudio ha scritto:Sacconi pensò bene di introdurre questo "elemento distintivo" per attrarre l'attenzione di potenziali acquirenti
Fin troppo... è perfino alla rovescia...
Avevamo notato questo particolare e credo che risulti anche in questa discussione, o perlomeno ne avevo parlato con il liutaio conservatore degli strumenti del museo di S. Cecilia. Non credo che i fruitori potenziali dell'epoca se ne fossero accorti, e non credo nemmeno che questa sia stata una svista da parte di Sacconi, che per il suo carattere non mi è mai sembrato un fervente fascista, anzi, piuttosto il contrario. La svastica disegnata al contrario di quella nazista è riportata al suo significato originale, che nella cultura indiana (americana e indiana dell'India, da lì proviene il simbolo), aveva un significato rituale di buon augurio.
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Messaggio da violino7 »

Magnifico strumento!:)

L'unica curiosità che mi rimane, e che credo sia l'ultima cosa ancora da esplorare su questo violoncello, è sapere come suona, o come ha suonato in passato se fosse stato utilizzato a tempo pieno!
Peccato che attualmente lo strumento sia relegato a semplice oggetto da museo, mi sembra di aver capito.

Non è faccenda di poco conto in quanto mi sembra di notare una varianza tecnica sostanziale rispetto alla prassi stradivariana: una sguscia estesa in ampiezza che è ben evidente specialmente in corrispondenza delle CC, questo mi sembra di notare dalle ultime due foto. :roll:
.
Ricercare sopra tutto due cose: la verità e la bellezza.

- Lino Santoro -
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claudio
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Messaggio da claudio »

Come già scritto nelle prime pagine di questa discussione, se lo strumento è appartenuto al M° Marco Peyrot, violoncellista dell'Accademia di S. Cecilia, il suono deve essere stato almeno interessante.
E' di proprietà dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, con numero di inventario 223, conservato presso il Museo della stessa, donato nel 1957 dal sig. Marco Peyrot violoncellista dell'Accademia (archivio di S. Cecilia \ 1957-58 n.n. 31-40 \ 36:3 Marco Peyrot donazione violoncello); si presenta in discreto stato di conservazione.
Da un'indagine interna si riscontra la presenza di alcuni interventi di restauro realizzati sulla tavola armonica. Si può notare una doppiatura sulla quale è apposta la seguente iscrizione: WLADIMIR SCEVCENKO armonizzò. Roma, Marzo 1935.
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violino7
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Messaggio da violino7 »

Mi sembra importante mettere in evidenza che questo strumento non è stato costruito dal Sacconi che tutti noi conosciamo, cioè quello de "I segreti .....", ma da un promettente liutaio romano che già manifestava una sua personalità e che da lì a soli pochi anni dopo avrebbe iniziato una notevole avventura professionale in America.
Noi conosciamo il Sacconi maturo, non quello! Dunque questo violoncello è "sui generis", un prodotto avulso dall'esperienza che lo ha qualificato, e per questo oltremodo "originale"! Mi sembra importante sottolinearlo!
A parte la citata "armonizzazione" che non si sa in cosa possa averne alterato l'originalità! :?

Io stesso d'istinto avevo colto la "varianza" rispetto a certi canoni costruttivi ben conosciuti di Sacconi che si rifanno ai classici, ma certamente commettendo un errore concettuale! Varianza non ci poteva essere, se inquadriamo lo strumento in quel preciso momento storico, perchè tutto doveva ancora avvenire! :wink:
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Messaggio da claudio »

Lino, non so da dove tu possa aver trovato lo spunto per questa tua riflessione, ma lo strumento di Sacconi rivela tutta la sua maturità artistica, poichè si tratta di un'opera di grandissimo livello, come rivelato dai particolari costruttivi, tutti di altissima qualità.

In particolare questo violoncello è stato costruito sul modello del "Piatti" 1720 di Stradivari, una forma a cui Sacconi ha molto elaborato e da cui ne ha tratto un disegno personale, che a mio parere resta una delle interpretazioni più felici di questo strumento.

In aggiunta il M° Marchini afferma, ed io mi trovo abbastanza concorde, che il Sacconi "romano" fosse di carattere addirittura più personale e distinto di quello "americano", sempre riferito ai suoi strumenti prima e dopo la partenze per gli USA.

Non dimentichiamo mai che il Sacconi romano possedeva già in abbondanza tutte quelle conoscenze che avrebbe poi concretizzato nel suo lavoro di restauratore di Wurlitzer, e questo grazie alle sue frequentazioni con Giuseppe Fiorini, che oltre ad essere uno dei migliori liutai italiani tra '800 e '900, ebbe la lungimiranza di acquisire gli strumenti di lavoro originali della bottega di Stradivari, per poi donarli, non senza le difficoltà tipiche della Cremona dell'epoca (Cremona è sempre stata una città complicata).
andante con fuoco
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