Sito sul Quartetto Italiano.

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claudio
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Messaggio da claudio »

Il Quartetto di Fiesole è giovane anagraficamente, ma quanto ad esperienza ne hanno da vendere. Ho avuto occasione di vederli in concerto in tempi diversi e ne sono sempre rimasto soddisfatto.
http://www.quartettodifiesole.it/
andante con fuoco
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masa
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Messaggio da masa »

In uno degli episodi, si parla del raffreddore del Vuillaume di Borciani. Mi piacerebbe sapere
-Ma che cosa può essere successo?
-Come è guarito, cioè tornato ad essere come prima?
-Di che anno è questo violino (il numero mi sembra 2802)?
masa
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Alfredo
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Messaggio da Alfredo »

8O
Ultima modifica di Alfredo il domenica 21 gennaio 2007, 10:21, modificato 1 volta in totale.
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Alfredo
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:roll:
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claudio
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Messaggio da claudio »

claudio ha scritto:Non senza una piccola nota di emozione annuncio agli amici, ma in particolare ad Enrico e Susanna, che Arrigo Quattrocchi ha risposto alla mia sollecitazione. Ne approfitto per inviargli un sentito grazie da questo sito e vi auguro una buona lettura:
Caro Claudio,

mi segnali l'apertura di un sito sul Quartetto Italiano e mi chiedi di
esprimere qualche mia idea su questo complesso. Ti dirò che io ho ascoltato
molte volte il Quartetto Italiano dal vivo, e sono anche cresciuto
ascoltando i suoi dischi. Ricordo l'uscita di tutti i singoli dischi dei
quartetti di Beethoven, e i solchi dei miei vinili sono molto consumati. Per
me, emotivamente, il Quartetto Italiano è "il" quartetto, e sebbene abbia
ascoltato, all'epoca e anche dopo, molti altri complessi, nessuno di essi mi
ha restituito le stesse sensazioni ed emozioni. Nel mio studio, come una
reliquia, tengo appesa la locandina gialla e rossa, con i cinque autografi,
del concerto tenuto dai quattro, insieme a Pollini, alla Filarmonica Romana
nel 1976; in programma c'erano "La morte e la fanciulla" di Schubert e il
Quintetto di Brahms. Dunque, non sono un osservatore imparziale.

Cercando di superare i personalismi, posso dire che c'erano diverse
caratteristiche che rendevano il Quartetto Italiano effettivamente unico. In
primo luogo il perfetto bilanciamento dei quattro strumenti; questa non è
una osservazione ovvia, perché esiste una tradizione mitteleuropea del
quartetto per archi che vede la preminenza del primo violino; questo è vero
per molti quartetti dell'est europeo, come anche per complessi storici come
il Quartetto Busch, e anche per il celebrato rivale dell'Italiano, il
Quartetto Amadeus, nel quale la forte personalità di Brainin ha sempre fatto
da traino agli altri tre strumentisti. Il Quartetto Italiano invece non
aveva questa tradizione alle spalle, e forse proprio il fatto di venire da
un paese come l'Italia che non possedeva, nell'immediato dopoguerra, una
vera tradizione di musica da camera - per quanto non fossero mancati
complessi italiani anche ragguardevoli - costituì un vantaggio piuttosto che
un handicap. Il bilanciamento degli strumenti voleva dire anche un'altra
cosa, che il Quartetto Italiano non si basava sul principio di una
collaborazione fra quattro personalità indipendenti, ma piuttosto di una
assoluta coincidenza di vedute che portava a un pensiero musicale unico
attraverso quattro voci diverse. Però, in questo equilibrio strumentale,
costituiva una sorta di valore aggiunto il fatto che i due violini avessero
un suono piuttosto differente ma fossero di eguale livello, e quindi
dialogassero alla pari fra di loro. Molto importante era poi il fatto, già
da te ricordato, di usare le corde di metallo. Si trattava, in effetti, non
solo di una scelta tecnica ma anche di una scelta estetica. Il metallo
infatti consentiva una pulizia e un nitore del suono che rendeva ancora più
evidente l'equilibrio fra i quattro strumentisti e, inoltre, era
l'espressione di un principio di razionalità che informava tutte le
esecuzioni del Quartetto Italiano. Razionalità vuol dire il primato della
ragione sull'emozione, o meglio una emozione che scaturisce proprio dal
rigore della ragione. Non è un caso che, nei primi quindici anni della loro
attività, gli strumentisti del Quartetto Italiano siano stati tacciati
spesso di freddezza ed eleganza ma di scarsa partecipazione espressiva. In
seguito i giudizi cambiarono, sia, io credo, perché lo stile del quartetto
era stato assimilato dagli ascoltatori, sia perché probabilmente gli stessi
strumentisti riuscirono a mettere a fuoco le loro interpretazioni
contribuendo a far superare al pubblico l'impressione di distacco
espressivo.

Certamente il nitore, l'eleganza, l'equilibrio, offrivano i loro migliori
esiti nella musica del classicismo, Mozart, Beethoven e Schubert
soprattutto, mentre i quartetti di Schumann e Brahms, per quanto eseguiti in
modo meraviglioso, non lasciavano forse l'impressione di un esito
ineguagliabile. Molto da approfondire ci sarebbe poi sulle esecuzioni di
musica del Novecento, solo in piccola parte testimonate dal disco. Ma io
credo che l'esperienza dei quartetti di Beethoven attraverso il suono del
Quartetto Italiano rappresenti il vertice del pensiero del complesso. Negli
ultimi quartetti la sovrapposizione di stili diversi e le dimensioni spesso
articolate richiedono sempre, per essere restituite in modo adeguato, la
coscienza di tutte le esperienze pregresse della musica di Beethoven, dello
stile classico. Il fatto che si tratti di lavori scritti senza una possibile
verifica dell'immaginazione sonora, e dunque con un pensiero compositivo ad
altissimo livello di astrazione, richiede agli interpreti uno sforzo
particolare. Io credo che proprio l'equilibrio e la razionalità assoluta
sotto il profilo strumentale abbiano consentito al Quartetto Italiano di
purificare da ogni detrito romantico il pensiero dell'ultimo Beethoven, e
insieme di valorizzarne al massimo la componente speculativa.

E un'altra cosa vorrei aggiungere, che il valore storico di questo complesso
risiede certamente nella sua forza interpretativa, ma anche nell'azione
culturale che ha saputo esercitare nel nostro paese, diffondendo in modo
peculiare il repertorio quartettistico, e riuscendo a emancipare l'immagine
di una scuola strumentale italiana dai margini provinciali che, a torto o a
ragione, le erano attribuiti. Forse, in questa direzione, il solo Trio di
Trieste ha saputo fare altrettanto.

Quanto al sito finalmente aperto sul Quartetto Italiano, mi sembra una
iniziativa meritoria e piena di informazioni di grandissima utilità. Proprio
per questo mi permetto di fare un paio di osservazioni e di rilievi che
nascono da amore di verità. Nella ricostruzione dei motivi che portarono
all'allontanamento di Farulli dagli altri tre membri del complesso, mi
sembra che ci siano molti, troppi omissis. La malattia che portò Farulli a
una interruzione forzata dell'attività non era di gravità irreversibile,
tanto che il grande violista è ancora oggi attivo presso la scuola di
Fiesole. Gli altri tre membri ebbero una fretta eccessiva nel sostituirlo,
sia pure temporaneamente. Col senno di poi si può e si deve dire che una
pausa nell'attività del Quartetto avrebbe fatto saltare degli impegni
imminenti, ma, sulla lunga durata, avrebbe preservato la vita del complesso.
La sostituzione fu un errore e credo che si possa capire abbia portato a una
lacerazione dei rapporti umani oltre che professionali su cui si fondava il
gruppo. Quanto a Dino Asciolla, mi sembra che il sito liquidi questo
strumentista con eccessiva superficialità. Definire Asciolla come uno
"strumentista straordinariamente dotato dal punto di vista musicale" sembra
un complimento, ma uno di quei complimenti che si rivolgono agli allievi
talentosi. Asciolla, invece, era un grandissimo solista, dotato di una
personalità di primo piano, di un suono meraviglioso, e aveva alle spalle
già una carriera prestigiosissima. Il suo ingresso nel Quartetto Italiano
non solo non aggiungeva ma forse levava qualcosa al suo profilo di solista.
Ma Asciolla in quella esperienza credette veramente. Aveva sempre desiderato
di suonare in un quartetto, e, quando ne ebbe l'occasione, lavorò in modo
durissimo innanzitutto per ridurre e calibrare il suo suono, che era quello
di un solista. Il suo inserimento nel Quartetto Italiano fu qualcosa di
miracoloso; l'esperienza ebbe una durata breve sì, ma non irrilevante, visto
che nella nuova formazione il Quartetto Italiano tenne tre o quattro
concerti a Roma (ne ricordo due a via della Conciliazione e uno al San Leone
Magno), e registrò due dischi, con una "Morte e la fanciulla" probabilmente
superiore alla precedente registrazione, che aveva lasciato insoddisfatto il
Quartetto (me lo disse, ricordo, la Pegreffi). Anche qui, il motivo
dell'allontanamento di Asciolla dagli altri non fu la sua mancanza di
dedizione, quanto il logoramento dei rapporti umani, dovuto a molte
incomprensioni. Non è un caso che Asciolla omettesse di ricordare la sua
esperienza quartettistica nei suoi curricula, come fosse una pagina dolorosa
della quale non voleva parlare.

Spero che queste osservazioni molto informali non ti sembrino troppo
frettolose, e ti invio un caro saluto,

Arrigo Quattrocchi
Purtroppo una brutta notizia: il nostro amatissimo Arrigo Quattrocchi è mancato:
http://www.rainews24.rai.it/notizia.asp?newsid=116231
Una notizia veramente triste per la musica.
andante con fuoco
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Susanna
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Messaggio da Susanna »

Claudio, mi dispiace veramente tantissimo.
Abbiamo studiato insieme in conservatorio e ci siamo incontrati spesso sia in occasioni di saggi sia per un articolo sui giovani allievi (io avevo 10 anni) che fu pubblicato sul "Mondo della Musica", scherzando anni dopo su questa strana coincidenza. L'ho sempre trovato di una rara intelligenza, simpatia e senso dell'umorismo e personalmente ho letto con estremo interesse i suoi articoli, sempre interessanti e frizzanti, mai noiosi come spesso capita quando si "parla" di musica.
In occasione dell'uscita del sito sul Quartetto Italiano, poi, si era dimostrato disponibilissimo con gli utenti del forum.

ps: due parole per far sapere agli utenti di chi stiamo parlando

Arrigo Quattrocchi e' un noto e apprezzato musicologo; nato a Roma, dove vive e lavora, scrive come critico musicale sul quotidiano "Il manifesto" e collabora con Rai-Radiotre prevalentemente per trasmissioni sui materiali d'archivio; come musicologo ha pubblicato un volume sulla storia della Accademia Filarmonica Romana (di cui e' membro), un volume su La musica in cento parole. Un piccolo lessico (Carocci, Roma 2003), saggi e articoli su Beethoven, Rossini, Verdi, Dallapiccola, ed ha inoltre curato la revisione sull'autografo della "Jerusalem" di Verdi; e' altresi' impegnato nel campo della vita indipendente delle persone con disabilita'. Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 marzo 2006.
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