Dico che se quello è un vero Guarneri, allora ha ragione Joseph Curtin e Claudia Fritz a dire che i violini contemporanei suonino meglio di quelli antichi.
Ma non credo che quel violino sia autentico e credo che sia piuttosto nuovo, di solito te ne accorgi quando uno strumento del genere possiede una gran bella quarta corda ed acuti che fanno schifo. Gli acuti di questo violino fanno schifo, i violini antichi non suonano così. Questi sono i risultai di chi dei violini antichi privilegia solo un aspetto (voce scura e quarta corda potente), ma non sa costruire violini equilibrati e quindi suonabili.
Riguardo i violini che un cinese ha imparato a fare a Cremona e che continua a costruire a Pechino, io non sarei così sicuro. Non è vero che un violino è a "prescindere" dal luogo di costruzione, basta che si seguano le regole della tradizione. Non è vero e non può essere mai vera una cosa del genere. Non è vero per gli strumenti professionali e non è vero nemmeno per gli strumenti dozzinali da studio (si pensi a quelli costruiti a Reghin come sono diversi da quelli costruiti a Pechino). Altrimenti il parmigiano reggiano e il prosciutto di Parma che pure vengono prodotti in Cina secondo regole molto vicine a quelle usate nel nostro paese avrebbero da tempo spodestato i prodotti "originali". Ma è evidente che se i "parmigiani" non stanno bene attenti a salvaguardare i loro prodotti, è probabile che il parmigiano di Pechino un giorno sarà migliore di quello prodotto a Parma. Perchè il livello di eccellenza di un prodotto, sia esso un formaggio, un vino o un violino necessita di equlibri giusti.
Se si pensa che dal 1600 in poi nemmeno le pestilenze, le guerre e le carestie più furibonde e distruttive sono riuscite a far desistere ai liutai di allora dal creare i loro capolavori. Invece sono bastati una sessantina di anni di relativo benessere per perdere come una gigantesca ed inarrestabile emorragia, autentici patrimoni di conoscenza. E quel che è peggio, si è alterato l'ambiente in modo tale da rendere molto arduo se non impossibile l'eventuale recupero di quelle conoscenze. Cioè a dire che se nel territorio del Brunello di Montalcino costruisci una discarica, quello non sarà più Brunello. Se le foreste di abeti delle alpi, come purtroppo succede da decenni, continueranno ad essere bagnate dalle piogge acide, quegli abeti non saranno più gli abeti della tradizione.
Un pò come è successo a Cremona, dove una parte della liuteria tradizionale si è evoluta come una cellula impazzita gettando discredito e sfiducia anche nella parte sana. Ma poi c'è un altro aspetto a mio parere importantissimo: i cinesi che voi vedete in via Sarpi a Milano, nelle vie di Roma o di San Francisco, nelle loro accurate ed inaccessibili "chinatowns", conservano fortissime componenti identitarie che rende loro spesso impossibile il solo comprendere l'essenza stessa della nostra musica e della nostra arte. E quindi sfruttano quel che a loro riesce meglio: in genere sono persone molto disciplinate e sensibili, imparano guardando e guardando rubano quel che gli serve per imitare ciò che gli piace. A guardare bene la loro cultura non capisco perchè devono mettersi a scimmiottare Schubert, Beethoven o Vivaldi su strumenti spesso improbabili, a mio parere la Cina non è quella che si serve della cultura per farci capire che sono una potenza economica dalla quale non si può prescindere.