02 febbraio 2008
L’opera di Andrea Amati segnò significativamente tutto il sedicesimo secolo. Il secolo della comparsa degli strumenti della famiglia del violino. Il secolo durante il quale le grandi corti europee guardarono a Cremona per manifestare egemonia e potenza anche attraverso strumenti nati per fare musica. Iniziò così il primato della città. Dopo Andrea i figli, Antonio e Girolamo, e il nipote Nicolò, la famiglia Guarneri, i poco conosciuti Ruggeri e poi Antonio Stradivari e Carlo Bergonzi. Due secoli di lavoro nell’isola cittadina di fronte alla basilica dei domenicani.
Il tempo della trasmissione della conoscenza e del sapere. Il Dna di Andrea tramandato generazione dopo generazione. Due secoli di innovazione, di attenzione al mondo della musica, di simbiosi con l’universo musicale. Ricerca continua, strumenti adattati alle nuove esigenze. Nel corso di duecento anni si afferma l’arte di fare strumenti, l’eredità di Andrea origina nuovi protagonisti. Poi improvvisamente tutto sembra perduto. E’ il 1750. Da pochi anni sono morti Antonio Stradivari e i suoi figli, Guarneri del Gesù e Carlo Bergonzi. Da una lettera di Paolo Stradivari del 1775 apprendiamo che Carlo aveva avuto in prestito i modelli della bottega di Stradivari. Sappiamo poi come tutto questo lasciò la città per arricchire la collezione del Conte Cozio di Salabue.
Tutto questo oggi appare denso di significati. Se ne vanno le forme e i modelli di Stradivari e con essi la città sembra smarrire il suo patrimonio di conoscenza e sapere. Sembra interrompersi la trasmissione di quella cultura materiale che aveva assicurato il primato delle botteghe cremonesi. Gli strumenti di Stradivari, degli Amati e dei Guarneri diventano i modelli a cui si ispirano i liutai di tutta Europa, confermando in questo modo l’eccellenza ed il primato. Ma in città qualcosa cambia. Quali le ragioni? Le vicende personali, i fatti della grande storia e della città, i cambiamenti, le rivoluzioni. Che cosa ha segnato questi anni? Quando si intravedono i primi segni della perdita di un ruolo riconosciuto per lungo tempo? Ma soprattutto è proprio così o il contesto storico penalizza i liutai cremonesi al di là della qualità del loro lavoro? Queste sono le domande. Dopo tre anni di lavoro sulla nascita del violino, che non poteva che coincidere con le origini della liuteria cremonese, un nuovo impegnativo studio triennale viene proposto alla comunità liutaria internazionale.
Un lavoro di ricerca da affrontare con la metodologia utilizzata nel corso di questi ultimi anni. Sostenuti in questo dai risultati ottenuti e dagli apprezzamenti anche del mondo accademico. Tre anni che vedranno svilupparsi studi e realizzare mostre. Il tutto partendo il prossimo anno con una mostra dedicata agli ultimi anni della grande liuteria classica, gli anni dal 1730 al 1750. Quello che appare come il tempo del crepuscolo della liuteria cremonese. Il canto del cigno così come un famoso violino di Antonio Stradivari costruito nell’anno della sua morte. L’anno successivo, il 2009, il palcoscenico sarà della famiglia Bergonzi, di cui poco si conosce ma le cui vicende sembrano testimoniare il tramonto della vocazione liutaria della città.
Allo stesso tempo un atto dovuto a Carlo Bergonzi troppo spesso dimenticato, un occasione per studiare i suoi magnifici strumenti. L’anno successivo, il 2010, si chiuderà con i liutai cremonesi nel XIX secolo. La fine di un primato è ormai stata consumata, grandi trasformazioni sono avvenute. Cambiamenti universali e rivoluzioni epocali rispetto ai quali le vicende della liuteria appaiono come ben poca cosa. Ma, sotto questo aspetto, Cremona appare irrimediabilmente cambiata. Sarà questo l’appuntamento finale grazie al quale capire quanto la grande storia e le microstorie degli uomini, le vicende personali, hanno contribuito al declino dell’eccellenza nel fare degli artigiani cremonesi. E scrivendo questo la mente corre ancora, inevitabilmente, agli strumenti decorati del primo dei grandi liutai.
Fausto Cacciatori
CdA Ente Triennale