Gli archi dei Wiener Concert-Verein alla Sapienza

Il concerto, tenutosi lo scorso 16 Ottobre, ha aperto la nuova stagione 2018-2019 per il ciclo “Minerva” dei concerti della IUC (Istituzione Universitaria dei Concerti), in programma musiche di Bruckner, Mozart, Čajkovskij, Dvořák e Brahms (per il programma completo vedere qui).

Formatisi nel 1987, il complesso dei Wiener Concert-Verein è composto da alcuni membri dei Wiener Symphoniker, dunque una selezione di altissimo livello di un’orchestra leggendaria che ha avuto tra gli altri, direttori come Furtwängler, Von Karajan, Sawallisch e Giulini.

Non parleremo di come questo straordinario ensemble abbia interpretato i vari compositori, argomento per il quale ci sarebbe da scrivere già parecchio, ma ci limiteremo, per così dire, all’aspetto del suono, che è poi la dimensione a noi, che ci occupiamo di strumenti ad arco, più congeniale.

Basterebbero solo un paio di definizioni come “straordinario” o “stupefacente” per concludere degnamente l’articolo, ma bisogna pur tentare di spiegare quello che a parole è difficile spiegare, perché il suono lo si ascolta, e per questo motivo cercheremo di descriverne le sensazioni che ha suscitato.

All’attacco del “Divertimento” di Mozart subito una sensazione quasi strana di meraviglia, capisci che ci sono persone che ti fanno capire che l’universo è fatto di musica, e che ad un certo punto non fanno altro che attingere da quel fiume che scorre ininterrotto e di cui avevi solo una vaga contezza.

Un suono unico, non solo nel suo genere, ma unico per la capacità di suonare tutti insieme con un unico spirito, una capacità istantanea di entrare nella musica (segno evidente, che per loro il flusso della musica non si interrompe mai), e che rapisce senza perdono l’attenzione dello spettatore.

E poi, mai senza una sbavatura, e quelle piccole incertezze che l’orecchio attento potrebbe definire “micro sfalsamenti”, magari nel picco di massima espressività in cui i sovracuti richiedono al musicista il massimo della sua capacità di tenuta del suono, scopri invece che sono voluti e che danno una “visione” tridimensionale della nota.

Ottima e ricercata anche la disposizione degli strumenti: 10 violini, 2 violoncelli, 1 contrabbasso, 3 viole, disposti così come sono stati elencati, con le viole all’esterno, posto di solito riservato ai violoncelli. Questa non è certo una posizione inedita, molte orchestre oggi vedono le viole più esposte, invece di seppellirle tra i secondi violini e la sezione dei violoncelli, ma lo stesso le viole è sempre difficile farle emergere, invece nel caso dei Wiener Concert-Verein, le viole non solo hanno suonato bene, ma se ne è potuto ascoltare distintamente il suono, pur essendo così ridotte di numero.

E questo grazie probabilmente al fatto che questi musicisti sanno ascoltarsi e hanno consapevolezza del suono che arriva al pubblico.

Anche i violoncelli, che in numero di due poteva sembrare che non potessero conferire corpo alla musica, ma che invece anche grazie al fatto di essere posti leggermente in alto su una pedana di legno, ha fatto sì che la poesia dei loro armonici pervadesse senza problemi la sala.

Anche il fatto che l’unico contrabbasso fosse posto dietro ai violoncelli, per di più senza l’ausilio di nessuna pedana, quindi leggermente nascosto alla vista del pubblico, non ha recato nocumento alcuno alla sostanza dei suoni bassi, anche perché è noto che le basse frequenze abbiano la proprietà peculiare di non temere ostacoli e di poter viaggiare su distanze lunghe e lunghissime.

Il tutto espresso con buoni strumenti, moderni nel caso delle viole, e “abbastanza antico” nel caso del primo violino che ha suonato con uno strumento di Jean Baptiste Villaume, quindi niente di particolarmente unico e prezioso, strumenti comunque di qualità che in mano a professionisti della musica hanno saputo regalarci un grande suono e una grande musica.

Grande anche la loro generosità, che ha regalato al pubblico ben tre bis, tre pòlke di Johann Strauss Jr.

Testo e foto di Claudio Rampini