Il violino di Giacomo
Re: Il violino di Giacomo
Andiamo troppo sul soggettivo e poco sulla reale natura degli spessori degli strumenti antichi. Inoltre c'è il grosso limite di non poter provare gli strumenti e sentirli con le nostre orecchie. Il problema è che basandosi su considerazioni meccaniche spesso si perde di vista l'aspetto sonoro, e parlo della qualità del suono, questo succede perché spesso il liutaio italiano è portato a credersi un genio solitario, fino a che non incontra un altro genio come lui. Almeno i liutai di altre nazioni fanno buone fotografie.
Saremo capaci un giorno di incontrarci con i nostri strumenti e di porre un confronto onesto e costruttivo?
Saremo capaci un giorno di incontrarci con i nostri strumenti e di porre un confronto onesto e costruttivo?
andante con fuoco
Re: Il violino di Giacomo
Chiarissimo come sempre...davidesora ha scritto: ↑domenica 11 agosto 2019, 23:32Mi sembra che stai entrando un po' in confusione, cercherò di chiarire meglio quello che faccio io e perchè lo faccio.Giacomom ha scritto: ↑domenica 11 agosto 2019, 20:34 A tale proposito pongo un quesito..
Davide nel suo metodo passa colla (circa 1:7) in tutta la tavola insistendo di più nella zona catena soprattutto parte alta e bassa... Compresa zona di incollazzio della tavola alle fasce (penso per migliorare l'adesione del successivo incollaggio...
Ma non usa acqua di colla ma caseina...
Chi invece usa acqua di colla all'interno tipo Claudio immagino che metta colla come preparazione all'incollaggio della catena solo in zona catena sulla tavola...?
È l'acqua di colla andrà anche su catena e piano di incollaggio tra tavola e fasce?
Allora, la colla nell'area sotto alla catena ritengo sia indispensabile per garantire un'incollaggio sicuro e io la metto insistendo nelle zone con legno di testa fino a che non c'è più assorbimento e rimane un film continuo di colla sulla superficie. Diluizione più o meno 1:7 va bene (ma è solo una stima perchè la faccio a occhio). Sul resto della tavola do solo una passata più leggera con la stessa colla ma senza insistere e senza sigillare tutto, questo serve solo per riportare la tavola (che si è deformata a causa dello scavo dell'interno) alla sua geometria originale grazie alla trazione della colla. Questo causa anche un'innalzamento della frequenza ma credo che sia dovuto più al ripristino della geometria più che al potere di irrigidimento della colla, in quanto le curve della bombatura che si erano appiattite tornano ad avere un raggio più stretto come era in origine con aumento della rigidità e conseguentemente della frequenza. La colla sul piano di incollaggio si può anche non mettere, ma se ci finisce sopra male non fa. La colla sulla catena non ha alcun effetto sulla rigidità della stessa perchè la sua massa è troppo grande perchè ci sia un qualche effetto, io non metto la colla sulla catena.
La caseina invece la applico solo a tavola finita con catena, mettendola dappertutto catena compresa ma non sul piano di incollaggio (se ci finisce sopra però non dà problemi particolari in quanto è compatibile con la colla), ha un'effetto di irrigidimento e soprattutto ha la funzione principale di limitare l'assorbimento dell'umidità da parte del legno.
A ogni cosa la sua funzione
PS se si esagera con tutte queste applicazioni di colle e caseine si rischia di vetrificare la tavola e magari anche di appesantirla, ottenendo risultati opposti a quelli auspicabili, c'è anche da tenere presente che molti liutai non mettono nulla sull'interno della tavola e sono convinti che sia la cosa migliore da fare, quindi non è detto che mettere sostanze all'interno sia la soluzione migliore, anche se per me ovviamente lo è se fatta con criterio.
Ma lo fai anche per il fondo prima di incollarlo alle fasce?
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Re: Il violino di Giacomo
Come dicevo ho provato, altrimenti non avrei espresso la mia opinioneLino ha scritto: ↑lunedì 12 agosto 2019, 9:17in effetti non ho detto che quello che faccio e' meglio di altri, ho specificato che mi soddisfa. Comunque il "pensare" che non serva senza provare e' limitativo, non costa nulla premere sul ponticello.davidesora ha scritto: ↑domenica 11 agosto 2019, 23:51
Sinceramente non riesco a capire come fai a valutare una flessione uniforme o meno della tavola premendo sul ponticello, almeno io ci ho provato ma mi è sembrato impossibile da stabilire in modo attendibile.
Ma non voglio criticare nessuno di questi sistemi in quanto sono legati alla sensibilità personale ed ognuno è libero di credere che il suo funziona meglio degli altri, ma per me la verità è che basarsi su un solo dato è sempre insufficiente, solo la valutazione di più parametri possibili può dare una vaga idea di quello che stiamo facendo.
Secondo il mio punto di vista la tavola deve pompare aria come una membrana di un altoparlante e il ponticello e' il magnete, per questo controllo la flessione.
La teoria della tavola che funziona come un'altoparlante non ha alcuna base, il violino non si comporta come un altparlante, anche se in modo molto semplificato potrebbe sembrare.
Però ripeto, non ho nulla contro i sistemi e le credenze degli altri liutai, ammetto che mi sono espresso male dicendo "ognuno è libero di credere che il suo funziona meglio degli altri", avrei dovuto fermarmi a "ognuno è libero di credere che il suo funziona".
Anche io non faccio eccezione.
Re: Il violino di Giacomo
Teoriedavidesora ha scritto: ↑lunedì 12 agosto 2019, 10:40Come dicevo ho provato, altrimenti non avrei espresso la mia opinioneLino ha scritto: ↑lunedì 12 agosto 2019, 9:17in effetti non ho detto che quello che faccio e' meglio di altri, ho specificato che mi soddisfa. Comunque il "pensare" che non serva senza provare e' limitativo, non costa nulla premere sul ponticello.davidesora ha scritto: ↑domenica 11 agosto 2019, 23:51
Sinceramente non riesco a capire come fai a valutare una flessione uniforme o meno della tavola premendo sul ponticello, almeno io ci ho provato ma mi è sembrato impossibile da stabilire in modo attendibile.
Ma non voglio criticare nessuno di questi sistemi in quanto sono legati alla sensibilità personale ed ognuno è libero di credere che il suo funziona meglio degli altri, ma per me la verità è che basarsi su un solo dato è sempre insufficiente, solo la valutazione di più parametri possibili può dare una vaga idea di quello che stiamo facendo.
Secondo il mio punto di vista la tavola deve pompare aria come una membrana di un altoparlante e il ponticello e' il magnete, per questo controllo la flessione.
La teoria della tavola che funziona come un'altoparlante non ha alcuna base, il violino non si comporta come un altparlante, anche se in modo molto semplificato potrebbe sembrare.
Però ripeto, non ho nulla contro i sistemi e le credenze degli altri liutai, ammetto che mi sono espresso male dicendo "ognuno è libero di credere che il suo funziona meglio degli altri", avrei dovuto fermarmi a "ognuno è libero di credere che il suo funziona".
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Re: Il violino di Giacomo
Ma Claudio....
Finito il trasloco...?
Ahhh ho visto adesso che hai risposto non me ne ero accorto
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Re: Il violino di Giacomo
Spessori corretti
Nota raggiunta RE
Ultima domanda Davide dopo giuro ti mando in Ferie...
Se Passi la colla sul piano di incollaggio con le fasce...
Dopo lo rifinisci a rasiera? ... Perché la colla altera un po' il piano...
Nota raggiunta RE
Ultima domanda Davide dopo giuro ti mando in Ferie...
Se Passi la colla sul piano di incollaggio con le fasce...
Dopo lo rifinisci a rasiera? ... Perché la colla altera un po' il piano...
Re: Il violino di Giacomo
Un'altra domanda che mi ha sempre incuriosito è il motivo per cui generalmente di libro di Sacconi si scelgono alcune cose e se ne escludono altre. Posso capire per la vernice alla propoli perché oggettivamente non funziona e niente è stato riscontrato in proposito sugli strumenti originali.
Però per gli spessori si prende per buono la nota "Re" della tavola armonica, che poi arriva al Fa o Fa# una volta che è stata incollata la catena, ma pochissime volte ho visto liutai cimentarsi con tavole di violini di spessore costante a 2.4mm. E questo va bene in coppia con il metodo di lavorazione a cassa chiusa, adottato da una piccola percentuale di liutai, di cui Sacconi e Bissolotti sono stati i capiscuola.
Le tavole a spessore costante sono più comuni di quanto si possa credere, basta guardare a numerosi strumenti di Stradivari e di Guarneri del Gesù per rendersene conto, cioè a dire i due liutai di riferimento dell'intera storia della liuteria da almeno 300 anni a questa parte.
Certamente poi ci sono tutte le interpretazioni delle varie scuole italiane e straniere, ma similmente al discorso sulla luce delle vernici antiche, anche per il suono il discorso non cambia, poiché il riferimento resta quello della liuteria classica cremonese.
A dire il vero ci sono anche gli Amati che sugli spessori hanno qualcosa da dire, ma dato che al morto di fame sarebbe sbagliato regalargli un pesce piuttosto che insegnargli a pescare, rimando alle numerose pubblicazioni sugli strumenti da Antonio e Girolamo Amati in poi, che offrono una variante molto interessante sul discorso degli spessori della tavola.
E' evidente che il richiesto "Re" emesso alla percussione della tavola armonica può essere prodotto nell'ambito di qualsiasi bombatura e qualsiasi andamento degli spessori, da qui la falsa sicurezza per cui una volta giunti al "Re", il liutaio arresta ogni ulteriore indagine perché "tanto la nota è quella giusta".
Il lord Wilton di Guarneri del Gesù di cui sono stati pubblicati gli spessori sembra avere una tavola armonica, decimo più decimo meno, a spessore costante, anche se quella misura vicino alla tastiera di 3mm fa sorgere qualche dubbio. Molto spesso gli strumenti antichi sono stati "incamiciati", cioè a dire restaurati con nuovo legno rimodellato nella parte centrale della tavola armonica, per cui spesso gli spessori antichi sono ormai un ricordo lontano. Per questo motivo quando si guarda agli spessori, è sempre bene assicurarsi quanto di quella tavola è nel suo stato originale.
Il liutaio alle prime armi non ha altra scelta che quella di provare e costruire così la propria esperienza, poiché non c'è nessuna formula e nessun altro modo di verificare in anticipo il suono di una tavola armonica. Se poi a ciò si unisce una carenza di educazione dell'orecchio e ignoranza musicale, ecco che il quadro del perfetto liutaio improvvisato è tristemente portato a compimento.
Ed io parlo proprio per la mia esperienza, che se da una parte ho comunque 40 anni di frequentazione delle sale da concerto, dall'altra ho avuto anche i miei insuccessi, le mie delusioni, le mie sconfitte, le mie depressioni, e via dicendo. Diciamo che oggi sono un liutaio abbastanza sereno.
Però per gli spessori si prende per buono la nota "Re" della tavola armonica, che poi arriva al Fa o Fa# una volta che è stata incollata la catena, ma pochissime volte ho visto liutai cimentarsi con tavole di violini di spessore costante a 2.4mm. E questo va bene in coppia con il metodo di lavorazione a cassa chiusa, adottato da una piccola percentuale di liutai, di cui Sacconi e Bissolotti sono stati i capiscuola.
Le tavole a spessore costante sono più comuni di quanto si possa credere, basta guardare a numerosi strumenti di Stradivari e di Guarneri del Gesù per rendersene conto, cioè a dire i due liutai di riferimento dell'intera storia della liuteria da almeno 300 anni a questa parte.
Certamente poi ci sono tutte le interpretazioni delle varie scuole italiane e straniere, ma similmente al discorso sulla luce delle vernici antiche, anche per il suono il discorso non cambia, poiché il riferimento resta quello della liuteria classica cremonese.
A dire il vero ci sono anche gli Amati che sugli spessori hanno qualcosa da dire, ma dato che al morto di fame sarebbe sbagliato regalargli un pesce piuttosto che insegnargli a pescare, rimando alle numerose pubblicazioni sugli strumenti da Antonio e Girolamo Amati in poi, che offrono una variante molto interessante sul discorso degli spessori della tavola.
E' evidente che il richiesto "Re" emesso alla percussione della tavola armonica può essere prodotto nell'ambito di qualsiasi bombatura e qualsiasi andamento degli spessori, da qui la falsa sicurezza per cui una volta giunti al "Re", il liutaio arresta ogni ulteriore indagine perché "tanto la nota è quella giusta".
Il lord Wilton di Guarneri del Gesù di cui sono stati pubblicati gli spessori sembra avere una tavola armonica, decimo più decimo meno, a spessore costante, anche se quella misura vicino alla tastiera di 3mm fa sorgere qualche dubbio. Molto spesso gli strumenti antichi sono stati "incamiciati", cioè a dire restaurati con nuovo legno rimodellato nella parte centrale della tavola armonica, per cui spesso gli spessori antichi sono ormai un ricordo lontano. Per questo motivo quando si guarda agli spessori, è sempre bene assicurarsi quanto di quella tavola è nel suo stato originale.
Il liutaio alle prime armi non ha altra scelta che quella di provare e costruire così la propria esperienza, poiché non c'è nessuna formula e nessun altro modo di verificare in anticipo il suono di una tavola armonica. Se poi a ciò si unisce una carenza di educazione dell'orecchio e ignoranza musicale, ecco che il quadro del perfetto liutaio improvvisato è tristemente portato a compimento.
Ed io parlo proprio per la mia esperienza, che se da una parte ho comunque 40 anni di frequentazione delle sale da concerto, dall'altra ho avuto anche i miei insuccessi, le mie delusioni, le mie sconfitte, le mie depressioni, e via dicendo. Diciamo che oggi sono un liutaio abbastanza sereno.
andante con fuoco
Re: Il violino di Giacomo
Concordo pienamente, proprio per questo , come ho scritto, non bado alla nota, e nemmeno allo spessimetro, salvo un controllo finale, ma mi affido al tatto tramite la pressione e il controluce.... vogliamo ricordarci che nel 1700 non esistevano tutti i marchingegni di oggi? Non esistevano le lampade UV, i calibri centesimali, tutto era affidato alla sensazione del liutaio; il violino va sentito anche mentre lo si costruisce, non solo dopo.claudio ha scritto: ↑lunedì 12 agosto 2019, 14:00 Un'altra domanda che mi ha sempre incuriosito è il motivo per cui generalmente di libro di Sacconi si scelgono alcune cose e se ne escludono altre. Posso capire per la vernice alla propoli perché oggettivamente non funziona e niente è stato riscontrato in proposito sugli strumenti originali.
Però per gli spessori si prende per buono la nota "Re" della tavola armonica, che poi arriva al Fa o Fa# una volta che è stata incollata la catena, ma pochissime volte ho visto liutai cimentarsi con tavole di violini di spessore costante a 2.4mm. E questo va bene in coppia con il metodo di lavorazione a cassa chiusa, adottato da una piccola percentuale di liutai, di cui Sacconi e Bissolotti sono stati i capiscuola.
Le tavole a spessore costante sono più comuni di quanto si possa credere, basta guardare a numerosi strumenti di Stradivari e di Guarneri del Gesù per rendersene conto, cioè a dire i due liutai di riferimento dell'intera storia della liuteria da almeno 300 anni a questa parte.
Certamente poi ci sono tutte le interpretazioni delle varie scuole italiane e straniere, ma similmente al discorso sulla luce delle vernici antiche, anche per il suono il discorso non cambia, poiché il riferimento resta quello della liuteria classica cremonese.
A dire il vero ci sono anche gli Amati che sugli spessori hanno qualcosa da dire, ma dato che al morto di fame sarebbe sbagliato regalargli un pesce piuttosto che insegnargli a pescare, rimando alle numerose pubblicazioni sugli strumenti da Antonio e Girolamo Amati in poi, che offrono una variante molto interessante sul discorso degli spessori della tavola.
E' evidente che il richiesto "Re" emesso alla percussione della tavola armonica può essere prodotto nell'ambito di qualsiasi bombatura e qualsiasi andamento degli spessori, da qui la falsa sicurezza per cui una volta giunti al "Re", il liutaio arresta ogni ulteriore indagine perché "tanto la nota è quella giusta".
Il lord Wilton di Guarneri del Gesù di cui sono stati pubblicati gli spessori sembra avere una tavola armonica, decimo più decimo meno, a spessore costante, anche se quella misura vicino alla tastiera di 3mm fa sorgere qualche dubbio. Molto spesso gli strumenti antichi sono stati "incamiciati", cioè a dire restaurati con nuovo legno rimodellato nella parte centrale della tavola armonica, per cui spesso gli spessori antichi sono ormai un ricordo lontano. Per questo motivo quando si guarda agli spessori, è sempre bene assicurarsi quanto di quella tavola è nel suo stato originale.
Il liutaio alle prime armi non ha altra scelta che quella di provare e costruire così la propria esperienza, poiché non c'è nessuna formula e nessun altro modo di verificare in anticipo il suono di una tavola armonica. Se poi a ciò si unisce una carenza di educazione dell'orecchio e ignoranza musicale, ecco che il quadro del perfetto liutaio improvvisato è tristemente portato a compimento.
Ed io parlo proprio per la mia esperienza, che se da una parte ho comunque 40 anni di frequentazione delle sale da concerto, dall'altra ho avuto anche i miei insuccessi, le mie delusioni, le mie sconfitte, le mie depressioni, e via dicendo. Diciamo che oggi sono un liutaio abbastanza sereno.
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Re: Il violino di Giacomo
Si, lo rifinirei comunque perchè se il piano è sporco di grasso delle dita dei vari maneggiamenti poi non si incolla bene.
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Re: Il violino di Giacomo
Io del libro di Sacconi credo di aver provato tutto, vernice compresa, questoè servito moltissimo a farmi un'esperienza, in base alla quale poi mi sono fatto una mia idea che mi ha portato ad escludere alcune cose e conservarne altre. Riguardo agli spessori l'idea di Sacconi mi è subito sembrata interessante ma all'inizio ero molto indeciso in quanto nei primi anni della mia attività vigeva l'atteggiamento da parte di numerosi maestri che fare spessori così sottili avrebbe causato problemi di cedimento nel tempo e che le tavole andavano tenute a 3 o 3,2 mm senza farsi troppe domande. Però analizzando gli strumenti storici c'è voluto poco a convincermi che tavole così spesse non erano certo la norma, anzi un'assoluta rarità, e a distanza di anni non mi sono mai pentito di aver imboccato la strada "Sacconiana" (ma sarebbe più corretto dire Stradivariana e anche Guarneriana) dello spessore sottile in quanto acusticamente mi ha sempre dato i risultati migliori (e durevoli nel tempo, la faccenda che gli strumenti dopo pochi anni non suonano più è una panzana bella e buona, ovviamente se si sono fatte le cose a dovere con bombature e scelta del legno). Per la cronaca mi è capitato di fare spessori della tavola anche inferiori ai 2,4 mm proposti da Sacconi con risultati eccellenti perchè il legno utilizzato lo richiedeva, ma c'è da dire che avventurarsi nel campo del "sottile" è sicuramente più rischioso e richiede indubbiamente cognizione di causa, altrimenti il rischio di fare violini troppo deformabili è in effetti molto concreto.claudio ha scritto: ↑lunedì 12 agosto 2019, 14:00 Un'altra domanda che mi ha sempre incuriosito è il motivo per cui generalmente di libro di Sacconi si scelgono alcune cose e se ne escludono altre. Posso capire per la vernice alla propoli perché oggettivamente non funziona e niente è stato riscontrato in proposito sugli strumenti originali.
Però per gli spessori si prende per buono la nota "Re" della tavola armonica, che poi arriva al Fa o Fa# una volta che è stata incollata la catena, ma pochissime volte ho visto liutai cimentarsi con tavole di violini di spessore costante a 2.4mm. E questo va bene in coppia con il metodo di lavorazione a cassa chiusa, adottato da una piccola percentuale di liutai, di cui Sacconi e Bissolotti sono stati i capiscuola.
Le tavole a spessore costante sono più comuni di quanto si possa credere, basta guardare a numerosi strumenti di Stradivari e di Guarneri del Gesù per rendersene conto, cioè a dire i due liutai di riferimento dell'intera storia della liuteria da almeno 300 anni a questa parte.
Certamente poi ci sono tutte le interpretazioni delle varie scuole italiane e straniere, ma similmente al discorso sulla luce delle vernici antiche, anche per il suono il discorso non cambia, poiché il riferimento resta quello della liuteria classica cremonese.
A dire il vero ci sono anche gli Amati che sugli spessori hanno qualcosa da dire, ma dato che al morto di fame sarebbe sbagliato regalargli un pesce piuttosto che insegnargli a pescare, rimando alle numerose pubblicazioni sugli strumenti da Antonio e Girolamo Amati in poi, che offrono una variante molto interessante sul discorso degli spessori della tavola.
E' evidente che il richiesto "Re" emesso alla percussione della tavola armonica può essere prodotto nell'ambito di qualsiasi bombatura e qualsiasi andamento degli spessori, da qui la falsa sicurezza per cui una volta giunti al "Re", il liutaio arresta ogni ulteriore indagine perché "tanto la nota è quella giusta".
Il lord Wilton di Guarneri del Gesù di cui sono stati pubblicati gli spessori sembra avere una tavola armonica, decimo più decimo meno, a spessore costante, anche se quella misura vicino alla tastiera di 3mm fa sorgere qualche dubbio. Molto spesso gli strumenti antichi sono stati "incamiciati", cioè a dire restaurati con nuovo legno rimodellato nella parte centrale della tavola armonica, per cui spesso gli spessori antichi sono ormai un ricordo lontano. Per questo motivo quando si guarda agli spessori, è sempre bene assicurarsi quanto di quella tavola è nel suo stato originale.
Il liutaio alle prime armi non ha altra scelta che quella di provare e costruire così la propria esperienza, poiché non c'è nessuna formula e nessun altro modo di verificare in anticipo il suono di una tavola armonica. Se poi a ciò si unisce una carenza di educazione dell'orecchio e ignoranza musicale, ecco che il quadro del perfetto liutaio improvvisato è tristemente portato a compimento.
Ed io parlo proprio per la mia esperienza, che se da una parte ho comunque 40 anni di frequentazione delle sale da concerto, dall'altra ho avuto anche i miei insuccessi, le mie delusioni, le mie sconfitte, le mie depressioni, e via dicendo. Diciamo che oggi sono un liutaio abbastanza sereno.
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Re: Il violino di Giacomo
Posso anche essere d'accordo che il violino va "sentito" anche mentre lo si costruisce, questo è sacrosanto. Ma ciò non è in contraddizione con l'utilizzo di strumenti di misura, che secondo me i liutai antichi utilizzavano eccome. Certo non con precisione centesimale (con il legno è perfettamente inutile anche oggi come allora) ma basta dare uno sguardo ai reperti Stradivariani per capire come l'indicazione di misure (certo non in decimi di millimetro) e la presenza di strumenti di misura è evidente.
Anche il sistema di misure utilizzate era potenzialmente molto raffinato, arrivava fino all'atomo che era intorno ai due decimi e mezzo di millimetro.
PS Anche i raggi UV sono sempre esistiti
Re: Il violino di Giacomo
Sig Davide, era ovvio che non escludessi a priori gli strumenti di misura certo che li usavano anche nel 1700, ma non erano certo precisi allo spasimo, quindi credo che sia inutile attaccarsi allo zero virgola. Quello su cui mi baso per avere delle certezze nelle varie prove che ho fatto e' la sezione interna dello strumento; se si vuole avere dei riscontri bisogna costruire due strumenti con un unico parametro differente, e questo l'ho fatto piu' di una volta, fra l'altro giungendo alla conclusione che il tipo di legno non ha alcun apporto nel suono; ho costruito violini con il fondo di noce, ciliegio, ecc adesso ho in costruzione uno con anche la tavola in acero, non marezzato e sono curioso di sentire il risultato.davidesora ha scritto: ↑lunedì 12 agosto 2019, 16:37Posso anche essere d'accordo che il violino va "sentito" anche mentre lo si costruisce, questo è sacrosanto. Ma ciò non è in contraddizione con l'utilizzo di strumenti di misura, che secondo me i liutai antichi utilizzavano eccome. Certo non con precisione centesimale (con il legno è perfettamente inutile anche oggi come allora) ma basta dare uno sguardo ai reperti Stradivariani per capire come l'indicazione di misure (certo non in decimi di millimetro) e la presenza di strumenti di misura è evidente.
Anche il sistema di misure utilizzate era potenzialmente molto raffinato, arrivava fino all'atomo che era intorno ai due decimi e mezzo di millimetro.
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Re: Il violino di Giacomo
Sulle misure : siamo d'accordo che durante la costruzione attaccarsi allo zero virgola non serve a molto, ma indicare misure a chi le richiede è principalmente un problema di comunicazione, rimanere troppo sul vago non aiuta certo la comprensione.Lino ha scritto: ↑lunedì 12 agosto 2019, 17:00 Sig Davide, era ovvio che non escludessi a priori gli strumenti di misura certo che li usavano anche nel 1700, ma non erano certo precisi allo spasimo, quindi credo che sia inutile attaccarsi allo zero virgola. Quello su cui mi baso per avere delle certezze nelle varie prove che ho fatto e' la sezione interna dello strumento; se si vuole avere dei riscontri bisogna costruire due strumenti con un unico parametro differente, e questo l'ho fatto piu' di una volta, fra l'altro giungendo alla conclusione che il tipo di legno non ha alcun apporto nel suono; ho costruito violini con il fondo di noce, ciliegio, ecc adesso ho in costruzione uno con anche la tavola in acero, non marezzato e sono curioso di sentire il risultato.
Sul legno : dire che il tipo di legno non ha alcun apporto nel suono non sta nè in cielo nè in terra, mi permetto di dissentire.
Non che un violino fatto con legni diversi non suoni, ma la qualità timbrica ne sarà quantomeno influenzata, non è un caso che nei secoli i legni più utilizzati siano sempre stati acero e abete, non era solamente una scelta estetica. Poi chiaramente dipende dagli obbiettivi acustici che ognuno si pone, il suono resta pur sempre una cosa soggettiva e non oggettivabile.