Tributo a Sacconi nell'anniversario della nascita

I liutai: i loro strumenti e le loro biografie.
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claudio
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Tributo a Sacconi nell'anniversario della nascita

Messaggio da claudio »

Vorrei discutere con voi l'articolo nella home su Sacconi e la sua opera:
https://www.claudiorampini.com/2017/03/ ... o-sacconi/
andante con fuoco
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livron
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Messaggio da livron »

Quando iniziai ad appassionarmi alla liuteria grazie agli stimoli che dalle discussioni di questo Portale mi venivano, il nome di Sacconi mi era praticamente sconosciuto. Presto però compresi la portata ed il valore dell’opera di Sacconi e così mi proposi fermamente di trovare una copia de I Segreti di Stradivari. Grande fu la sorpresa quando mi resi conto che un’opera, considerata a pieno diritto la Bibbia della liuteria, fosse praticamente impossibile da reperire. Si è molte volte discusso dell’impossibilità da parte di chi possiede i diritti d’autore di fare una nuova edizione per una questione che è prettamente di carattere economico. Dopo un assidua ricerca sono riuscito a reperire forse una delle ultime copie circolanti che ho pagato a caro prezzo acquistandola in una libreria antiquaria di Modena. Solo ora che ho letto con passione e dedizione quelle pagine comprendo a fondo i tentativi di Claudio di tenere viva la memoria ed il lavoro di Sacconi. La ricostruzione del processo costruttivo di Stradivari a ritroso, partendo dall’osservazione attenta e competente degli strumenti che Sacconi ebbe la fortuna di avere fra le mani, è un patrimonio inestimabile per chiunque voglia avvicinarsi alla liuteria.
Nella copia da me acquistata ho trovato alcuni vecchi ritagli di giornale degli anni ’70 che trattano del libro allora fresco di pubblicazione. (appena possibile li inserisco)
Credo che il valore dell’opera sacconiana sia non solo nelle conoscenze acquisite in tanti anni di lavoro, ma sopratutto nella generosità di condividere queste grandi conquiste. Questo valore oggi molti liutai l’hanno dimenticato e di Sacconi dovrebbero tenere viva non solo la sua memoria ma anche la grande generosità. In tal senso questo Portale ed il suo ideatore sono degni eredi di Sacconi!
L'abilità non è richiesta, tutto ciò che è richiesto è perseveranza e applicazione!

Paganini a Camillo Sivori
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claudio
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Messaggio da claudio »

Grazie Livron, siamo tutti eredi di Sacconi, anche coloro che di Sacconi non hanno apprezzato il lavoro e hanno avuto la presunzione di fare meglio di lui.
Ho avuto una bella chiacchierata con Marco Bissolotti, figlio di Francesco, mi è stato confermato che la memoria di Sacconi non è onorata come si dovrebbe. Nel centenario della nascita, nel 1995, si svolse una mostra a lui dedicata, ma per motivi imperscrutabili il comune di Cremona decise di fare a meno del contributo della famiglia Bissolotti, che pure ha una grande quantità di materiali originali appartenuti a Sacconi. Ricordo che Francesco Bissolotti è stato l'allievo prediletto di Sacconi, il quale ha a lungo frequentato il suo laboratorio in via Milazzo, eleggendolo a sua sede e posto di lavoro durante il soggiorno italiano. L'allievo e il maestro hanno a lungo lavorato assieme, hanno costruito gli strumenti assieme ed assieme hanno studiato gli strumenti antichi, come pure hanno riordinato gli attrezzi originali del laboratorio stradivariano nella sede museale.
andante con fuoco
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sullacorda
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Messaggio da sullacorda »

proprio di recente mi ero più volte fermato a guardare queste foto

http://tarisio.com/pages/auction/auctio ... gory_ID=36

ripensando a quanto letto in questo forum su questo uomo .. che dire, bella persona! Dalle foto che hai postato traspare una cordialità e una bontà non da poco!
Grazie claudio per avercelo ricordato.
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claudio
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Messaggio da claudio »

Grazie Sullacorda, il violino è stato venduto da Tarisio per circa 45.000 euro
Non male per qualcuno il cui metodo di lavoro è stato ed è tuttora duramente criticato. Io non sono stato allievo di Sacconi, nel 1973 quando egli morì io avevo 13 anni e non sapevo nemmeno com'era fatto un violino. Ebbi modo di studiare "I Segreti di Stradivari" nel 1985, nel frattempo incontrai Francesco Bissolotti ed intrattenni una bella corrispondenza con Charles Beare, i quali mi hanno dato degli ottimi consigli su come costruire i violini. Allora frequentavo ancora le lezioni di Archeologia Romana di Andrea Carandini, che furono di grandissima utilità per il mio futuro di liutaio. Il carattere aperto di Sacconi che traspare dalla sua opera e dai suoi allievi e il metodo dell'archeologia, mi hanno insegnato a non dare niente per scontato e quella giusta quantità di mentalità aperta. Quando iniziai la mia attività di liutaio fu spontaneo per me frequentare da subito musicisti ed orchestre, inizia subito anche a fare mostre e ad invitare i colleghi a partecipare con i loro strumenti. Desideravo una mentalità aperta anche da loro, ma purtroppo ho dovuto scoprire a mie spese che nessuno di quei colleghi si è mai mosso in modo disinteressato. Ho avuto grandi favori e cortesie da grandi liutai come Bissolotti, Charles Beare, Morassi, tanto che sono arrivato a pensare che la grandezza morale di un liutaio è direttamente proporzionale alla sua fama. Non vogliano queste mie parole gettare un'ombra sui colleghi e sul loro lavoro, vorrei solo che constataste con i vostri occhi che ormai da 5 anni mi occupo di questo forum che, senza presunzione da parte mia, sembra essere diventata una piccola enciclopedia ad uso e consumo di coloro che sanno ascoltare. Ma i colleghi che partecipano si contano sulla punta delle dita, dal mondo della liuteria contemporanea sembra regnare un silenzio tristemente venato dall'ingratitudine verso i maestri. In questo modo non c'è nessuna possibilità di crescere. Quando un giorno, prima o poi accadrà, questo forum chiuderà i battenti, spero solo di non aver scritto parole sull'acqua e che tutto questo non fu fatto per celebrare la mia "grandezza", ma per onorare la musica, i suoi strumenti ed i maestri che li hanno creati. Questo è ciò che Sacconi insegnava ai suoi allievi, e questo è ciò che io tento ogni giorno di comunicare con il mio modesto lavoro.

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violino7
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Messaggio da violino7 »

claudio ha scritto: ................................... ormai da 5 anni mi occupo di questo forum che, senza presunzione da parte mia, sembra essere diventata una piccola enciclopedia ad uso e consumo di coloro che sanno ascoltare. .........................................................................................
spero solo di non aver scritto parole sull'acqua.....................
Il mondo si evolve velocemente e negli ultimi decenni la liuteria ha perso il suo connotato prettemente artigianale per aprirsi al mondo degli affari (il Dio denaro detta le sue leggi!), questo è il vero male, io credo! :hum:

Tu lo sai benissimo che anche i grandi liutai oggi viventi nella stragrande maggioranza sono dediti al "commercio" legato alla liuteria in tutte le sue varie forme, tranne poche eccezioni!
Tra le eccezioni ci sei anche tu, che divulghi i valori di base, storici, riferiti ai grandi maestri del passato e che ti ostini a praticare il mestiere nobile del liutaio come era una volta.

Senza il perpetuarsi di questi valori imprescindibili la liuteria è destinata a perdere inesorabilmente?
Questa è la domanda fondamentale che io mi pongo!

Poichè la mia risposta è "", sono in grado di fare un apprezzamento qualitativo a quella che hai chiamato "piccola enciclopedia".

Io credo che inquadrato in questo modo il forum non sia una "piccola", ma una "grande enciclopedia della liuteria", un'opera che raccorda sotto un unico interesse vitale, la musica e gli strumenti ad arco che la creano, argomenti e personaggi i più disparati.

Quando si vanno a fare i consuntivi bisogna guardare alla essenzialità e la sostanza del forum non mi sembra cosa da poco!

Come è possibile che siano "parole scritte sull'acqua"?
Fintanto questa enciclopedia rimane consultabile esse sono parole ben marcate e presenti potenzialmente in ogni casa, utili ai tanti numerosi appassionati, magari silenziosi, che altrimenti non avrebbero altro da consultare!
Altro che "I Segreti di Stradivari" di Simone Sacconi, introvabile! Sul forum a me sembra si discuta di tutto e di più!
Ed infine se spesso si parla di quel grande Maestro e della sua opera è perchè il forum esiste e ci permette di onorarlo, sia pure in maniera mai sufficiente, altrimenti credo ci sarebbe proprio l'oblio completo.

Il merito di quanto sopra, diciamo la verità (senza sottintesi e riserve - parafrasando il mio autografo), è da attribuire ad un unico nome: Claudio Rampini.
Ultima modifica di violino7 il domenica 31 maggio 2009, 15:23, modificato 2 volte in totale.
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Ricercare sopra tutto due cose: la verità e la bellezza.

- Lino Santoro -
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Atomino
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Messaggio da Atomino »

Il valore del forum è innegabile, quello di Sacconi neppure da mettere in discussione. La volontà di fare è ciò che crea la differenza e insieme alla cultura, la creerà sempre. Perpetuare il ricordo, ma ancora di più, il valore tecnico scientifico di Sacconi dovrebbe essere sentito da tutti gli appassionati come un dovere oltre che un onore. Non possiamo certo aspettare che siano altri ad organizzare la prima Giornata Sacconi. E' vero, è patrimonio culturale del mondo, ma sono soprattutto le nostre più profonde radici che affondano nella storia e nell'arte portandoci dove pochi altri hanno saputo arrivare.
- Alberto Soccini -
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claudio
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Messaggio da claudio »

Il giorno 26 Giugno prossimo cadrà l'anniversario della scomparsa di Simone Fernando Sacconi, questo è il mese dedicato alla sua memoria.
Dal libro "Dalla Liuteria alla Musica: l'opera di Simone Fernando Sacconi" edito dall'ACLAP (Associazione Cremonese Liutai Artigiani Professionisti) di Cremona, la cui anima era costituita da Francesco Bissolotti (allievo prediletto di Sacconi), traggo una lettera di presentazione del libro di Charles Beare:
Questo libro commemora, a circa 12 anni dalla sua morte, la vita e l'opera di uno dei più grandi personaggi di questo secolo nel campo dei violini. La mente indagatrice di Fernando Sacconi ha esplorato tutto ciò che aveva a che fare con violini ed archi, ed egli è diventato celebre sia come costruttore di nuovi strumenti, sia come esperto, restauratore e maestro nella messa a punto degli esemplari antichi più pregiati.

Molti dei suoi più intimi amici e dei suoi clienti più stimati sono ormai anch'essi scomparsi, ma dai racconti dei musicisti che hanno cortesemente contribuito a questo libro emerge la figura di un liutaio loro dedito e impareggiabilmente qualificato a servire i loro bisogni. [Dalle testimonianze dei, n.d.t.] liutai il lettore non soltanto comprenderà l'eccezionale stima che si aveva per il Maestro Sacconi, ma intuirà anche qualcosa della sua grandezza come insegnante e della sua amabile generosità nel trasmettere il sapere che aveva con tanta fatica accumulato.

Figlio di Gaspare Sacconi e di sua moglie Laura (nata Mongardini), nacque a Roma il 30 maggio del 1895, in Via del Gambero 23. Suo padre era sarto di professione ed anche buon violinista; Fernando aveva due sorelle ed un fratello, tutti più grandi di lui. Nel 1896 la famiglia si trasferì a Montecarlo, dove Gaspare aprì una bottega di sartoria specializzata in abiti da sera, ma quando Fernando ebbe otto anni tornarono a Roma, a causa di un'eredità lasciata alla famiglia dal fratello di sua madre.

All'età di nove anni, Fernando cominciò ad interessarsi molto ai vio­lini, trovando affascinante la loro forma e disegnandola sulla carta. Un giorno, mentre i suoi genitori erano fuori, notò un'apertura nella giuntura di uno dei violini di suo padre e prendendo un coltello da cucina si mise, per curiosità, a togliere la tavola. Lungi dall'es­sere arrabbiato, suo padre apprezzò l'impulso del ragazzino a diventare liutaio e, dopo qualche tempo, egli fu condotto nella bottega di Giuseppe Rossi, che era stato allievo di Eugenio Degani a Venezia. Ogni giorno, per circa quattro anni, Fernando pulì la bottega ed accompagnò a scuola le due figlie di Rossi prima di andare lui stesso alla scuola elementare.

Dopo la scuola fu messo a fare delle riparazioni, soprattutto di mandolini, per i quali non nutriva alcun interesse. All'età di dodici anni, un giorno disse che se, mai avesse trovato un altro mandolino sul suo banco l'avrebbe distrutto. Il giorno successivo, puntualmente, ne arrivò un altro ma, dopo che lo ebbe ridotto in frantumi, lo presero sul serio, e da allora in poi si specializzò negli strumenti ad arco. All'età di quattordici anni il suo lavoro godeva già di una certa reputazione a Roma e presto avrebbe avuto in mano il suo primo Stradivari. Era il violino di Franz von Vecsey, conosciuto come il « Berthier », e lui ne fece una copia.

Rossi gli aveva occasionalmente lasciato fare qualche parte nuova di uno strumento, ma mai uno completo, ed era irritato per il fatto che il nuovo violino del suo allievo non mostrasse nulla della sua influenza! All'età di sedici anni Sacconi si era già ben affermato in proprio, e partì per Parigi con l'intenzione di far conoscere il suo lavoro anche là. Uno dei violini che prese con sé era fatto sul modello del « Berthier »; l'altro, una copia di un Gennaro Gagliano, che Bianchi a Nizza non riusciva a credere non fosse un originale. Bianchi si offrì di com­prare la sua intera produzione.

Questo rapido progresso continuò fino alla prima guerra mondiale, nella quale venne ferito leggermente due volte, ma in seguito la fama di Sacconi si sparse rapidamente attraverso l'Europa. Fra i suoi molti clienti c'erano i membri del Quartetto Busch, dei quali egli copiò tutti gli strumenti, e varie volte la viola « Paganini » di Stradivari del 1731.

Un'occasione importante giunse quando gli fu commissionata la riparazione del violoncello Stradivari « Piatti » del 1720, che gli diede per la prima volta l'opportunità di studiare l'interno di uno degli strumenti del grande maestro. Quasi nella stessa epoca conobbe ed aiutò l'anziano liutaio Giuseppe Fiorini, e così venne per la prima volta a contatto con i modelli, le forme e gli attrezzi di Stradivari, che Fiorini successivamente donò alla città di Cremona.

Nel 1925 Fernando sposò Teresita Pacini, figlia di un famoso bari­tono e sorella di un violoncellista per il quale egli aveva costruito il suo primo violoncello, all'età di sedici anni. Teresita è una persona di grande fascino e con un delizioso senso dell'umorismo, ed il loro è stato sotto tutti i punti di vista un bellissimo matrimonio. Il loro figlio, Gaspare, è ingegnere e Teresita continua a vivere nella casa di Point Lookout, a Long Island, dove il laboratorio di suo marito è rimasto com'era il giorno della sua morte.

La svolta fondamentale nella vita di Sacconi giunse nel 1931, quando il commerciante Emil Herrmann lo persuase ad andare a New York. Ciò significò lasciare un'Italia che non ha mai cessato di amare, ma negli Stati Uniti aveva certo un'opportunità assai migliore di esaminare antichi strumenti pregiati, e fu appunto lì che si mise a sviluppare quelle tecniche di riparazione che costitui­rono, forse, la sua più grande impresa.

Nel 1937 Sacconi tornò in Italia per giocare un ruolo importante nelle celebrazioni del bicentenario della morte di Stradivari, ma presto arrivò la guerra, e non vi sarebbe più tornato per vari anni. Nel 1951 Emil Herrmann si ritirò dagli affari a New York, e sia Sacconi che il suo allievo Dario D'Attili furono invitati ad associarsi a Rembert Wurlitzer. La nuova combinazione fra commerciante-esperto e artigiano eccezionale creò un'atmosfera ineguagliabile nei locali al 120 della 42a Strada Ovest a New York. Incoraggiato dalla dotta sapienza e dall'entusiasmo del suo nuovo mecenate, Sacconi accrebbe l'importanza della bottega al punto che quasi non esisteva musicista di prestigio che non facesse curare e revisionare lì il proprio strumento ad arco.

Nei quindici mesi che ebbi il grande privilegio di trascorrere nella bottega di Sacconi nel 1960-61, vidi, per esempio, passare non meno di centodieci strumenti di Stradivari, oltre ad una cinquantina di Guarneri del Gesù. La tragica e prematura morte di Rembert Wurlitzer nel 1963 lasciò un'enorme vuoto nella vita di Sacconi e di tutti gli altri alla 42a Strada. Con grande coraggio e dedizione la vedova [di Wurlitzer, n.d.t.], Lee, assunse le redini dell'impresa, che continuò a fiorire negli ultimi dieci anni della vita di Sacconi.

Nel 1965 si fece un bel colpo con l'acquisto della Collezione Hottinger, e coloro che visitarono New York mentre erano in mostra i tredici violini Stra­divari e gli altri, ricorderanno l'orgoglio di Sacconi nel maneg­giarli per mostrare i loro punti più belli. L'anno successivo, un'altra esposizione fu allestita in onore del suo settantesimo compleanno e, durante i tempi sempre più difficili che seguirono, nessuno più di Sacconi dimostrò di essere per Lee Wurlitzer un leale e fedele collega ed amico. Fu lei che lo incoraggiò e che gli lasciò il tempo per dare il suo grande contributo alla città di Cremona.

Sin dall'epoca dei suoi primi momenti con Fiorini, Sacconi aveva sognato che un giorno Cremona sarebbe stata di nuovo grande, e le settimane che egli riuscì a trascorrervi ogni anno, insegnando e riorganizzando il Museo Stradivariano, hanno dato grandi frutti. Il suo entusiasmo gli procurò molti amici immediati ma duraturi nella città-madre della liuteria, mentre la sua impareggiabile abilità artigianale dimostrò persino al più superbo liutaio locale come si potessero ancora imparare un'infinità di cose.

Il suo libro « I 'Segreti' di Stradivari », frutto del lavoro di molti anni, fu concepito con l'idea di trasmettere il più possibile di quanto il suo autore era riuscito ad apprendere in uno studio durato una vita sul suo grande prede­cessore ed idolo. Opportunamente, fu infine scritto e pubblicato a Cremona, e negli anni che da allora son passati ha avuto un'inci­denza enorme sulla qualità della costruzione di nuovi violini in molti Paesi.

Nonostante fosse molto amato e rispettato dalla Signora Wurlitzer, da sua figlia Marianne e da molti del loro personale, l'ultimo anno da Wurlitzer fu di una certa frustrazione per il grande maestro, ormai sui settantacinque anni. Il suo occhio per gli strumenti antichi inevitabilmente non era più quello di una volta ed aveva dei pro­blemi di pressione alta, ma il suo lavoro al banco era ancora perfetto, esemplificato da un riccio che ricordo averlo visto intagliare per uno Stradivari dell'ultimo periodo. Si convenne ch'egli lavorasse a casa sua a Point Lookout tranne che per due giorni alla setti­mana, e lì morì il 26 giugno 1973.

Questo libro raccoglie molte impressioni personali, ma la vera eredità di Sacconi, a parte ciò ch'egli stesso ha conseguito, è da ricercarsi nei miglioramenti mondiali che si sono verificati nel campo della ripa­razione e della costruzione dei violini. Molti dei suoi allievi hanno or­mai avuto degli allievi propri, che a loro volta hanno aperto proprie botteghe. Se si guarda ai premi vinti ai concorsi internazionali per nuovi strumenti o ci s'informa su dove si eseguono i migliori restauri, appare chiaro come molti dei maggiori liutai di oggi abbiano un debito diretto con Fernando Sacconi. Nonostante ciò, con tutte le sue qualità di costruttore di nuovi violini, di restauratore e di esperto, il ricordo più caro che molti di noi conservano è il calore della sua personalità e l'amore ch'egli aveva per la sua professione e per quelli che condividevano con lui l'entusiasmo per essa.

Londra, 4 luglio 1985
Charles Beare
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sullacorda
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Messaggio da sullacorda »

ricordiamo poi che a cremona, insieme agli stradivari, amati, c'è anche una bellissima copia dell'Heller fatta da Sacconi

http://turismo.comune.cremona.it/Iluogh ... _1941.html
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claudio
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Messaggio da claudio »

Un ricordo di Sacconi dalla moglie Teresita in una lettera pubblicata nel libro di cui sopra. In particolare si potrà notare come Sacconi avesse nel cuore il progetto di una seconda edizione del suo libro. Anche in questa lettera torna costante il triste ricordo degli ultimi anni vissuti da Sacconi e la profonda tristezza per "essere stato messo da parte".
Teresita Pacini Sacconi
Vivo ancora a Point Lookout, sulle rive dell'Atlantico, ad una set­tantina di chilometri da New York, nella stessa casa in cui Fer­nando ha passato con me tanti anni della sua vita. Non mi è mai piaciuto vivere qui, preferivo New York, dove siamo stati all'inizio, appena arrivati in America dall'Italia.

Ma lui era felice qui, aveva il suo laboratorio — c'è ancora, intatto — la barca per andare a pescare; e non gli pesava il doversi recare ogni mattina alle 7 a New York per tornare non prima delle 7,30 di sera. Lui ha avuto tutte le sue soddisfazioni qui, e questo mi bastava. Certo, la nostra vita all'inizio è stata abbastanza dura; venendo dall'Italia pensavamo che le cose sarebbero state più facili.

Ma il nostro volerci bene ed il suo grande amore per il lavoro, la sua grande passione per i violini ci hanno fatto superare tante difficoltà. Siamo arrivati in America nel '31, dopo alcuni anni passati a Roma (ci siamo sposati nel '25; nostro figlio, Gaspare, è nato nel '26).

A Roma, Fernando aveva aperto un suo laboratorio ed è lì che Emil Herrmann lo ha conosciuto; apprezzando il suo lavoro, lo ha chiamato a Berlino e successivamente gli ha chiesto di venire in America. « Teresita, mi dispiace lasciare la patria e tutto » — mi ripeteva Fernando — « ma, sai, Herrmann mi dà tanto. In pochi anni facciamo una piccola fortuna e ritorniamo ».

Avrebbe voluto ritornare, ma non a Roma, a Cremona, nella città di Stradivari; poi a New York si è trovato meglio di quel che pen­sava, anche perché da Herrmann poteva vedere tutti gli stru­menti antichi.

Dovevamo partire dall'Italia nel dicembre del '30; abbiamo venduto il laboratorio e siamo andati a Napoli per imbarcarci, ma al Conso­lato ci hanno detto: « Ci dispiace Sacconi, ma c'è troppa disoccu­pazione in America e Lei non può andare, non Le diamo il visto ». E lui: « Ma io sono chiamato ». E loro: « Ci dispiace ». Allora siamo dovuti ritornare a Roma ospiti di mia madre.

Il maestro Bernar­dino Molinari [cognato di Teresita, n.d.t.] era qui in America che ci aspettava. Allora abbiamo fatto un telegramma, dicendo che non ci avevano dato il visto. Molinari andò all'Ambasciata a Washing­ton — aveva tante conoscenze, poiché veniva due volte all'anno in America a dirigere — e disse: « È impossibile negargli il visto, perché è un artista che qui non abbiamo e deve assolutamente venire ».

Insomma, dal dicembre siamo arrivati al 21 aprile; stare in Italia ospiti di mia madre ad aspettare il visto non è stato facile e si può immaginare: lui non aveva laboratorio, non aveva niente, non sapeva come fare per lavorare. Finalmente ci hanno dato il visto. Ma prima, al Consolato, mentre scendevamo le scale, ci dissero: « Sacconi, il Console La vuole vedere ». Dico io: « Oddio, adesso ci tolgono il visto un'altra volta ».

Il Console ci riceve e dice: « Lei è il maestro Sacconi? Devo farLe le mie congratulazioni, perché sono sette anni che non diamo un visto, e Lei è atteso in America » e gli dà la mano.
E così siamo arrivati a New York, con il piroscafo, portando con noi anche tutto il legno per i violini e gli utensili per il suo lavoro. L'appartamento dell'Hotel Midtown dove ci siamo fermati momenta­neamente non era molto grande, e così nel salone, dietro al sofà, Fernando aveva ammucchiato tutto il legno.

Dopo qualche mese abbiamo trovato un appartamento in affitto di cinque camere, dove lui aveva il suo laboratorio, nel quale io non potevo toccare niente. Gli dicevo: « Ma Fernando, perché non tieni un po' in ordine... ». E lui: « Non mi toccare niente, che nel mio disordine trovo tutto ».

Tante volte però, mentre cucinavo, mi chiamava ad aiutarlo e io gli stringevo i piroli, gli facevo un po' da assistente. E poi, per i colori delle vernici mi chiedeva: « Ti sembra questo un po' più rosso? ». Insomma, lo aiutavo come potevo. Ha iniziato a lavorare da Herrmann, ma Herrmann in quel periodo non c'era, c'era Oden, la segretaria e Max Moller; poi è arrivato Herrmann.

La Casa Herrmann era allora una delle più grandi Case di liutai, molto importante non solo negli Stati Uniti. Fernando ha lavorato lì sino al 1951, quando Herrmann decise di chiudere. Un mese prima disse: « Sacconi, io chiudo, vai con Wurlitzer » (loro, due si erano già messi d'accordo). Se l'avessimo saputo per tempo, io magari avrei potuto spingere Fernando a mettersi da solo, ad aprire un proprio laboratorio: lui però non era il tipo, perché gli piaceva moltissimo lavorare ma non voleva altre responsabilità, altri problemi.

Era un grande artista, ma un pessimo affarista, era troppo generoso, non sapeva dire di no. E poi per lui i soldi non erano la cosa più importante. Una volta, aveva in mano uno Stradivari e una persona gli ha chiesto: « Dio, uno Stradivari! Sacconi, tu cosa vorresti, lo Stradivari o un milione di dollari? ». E lui: « Lo Stradivari ». Lui era pazzo per Stradivari.
E così è andato da Wurlitzer. Wurlitzer era un tesoro. E con Wur­litzer le cose per noi sono migliorate anche economicamente: dava
11 salario, ma anche la percentuale.

Nel 1942 abbiamo preso in affitto una casa qui a Point Lookout, non questa dove vivo ora (questa è stata costruita nel 1946) ma quella a fianco. L'abbiamo presa in affìtto per due anni e poi siamo riusciti a comprarla. Venivamo qui soltanto negli week-end. Poi, nel 1954, ci siamo trasferiti definitivamente qui; paga l'affitto a New York, le tasse e l'affìtto qui, due telefoni, e quell'andare avanti e indietro ogni week-end... insomma, ci eravamo stufati.

Lui dormiva su, io giù, perché andava a letto e leggeva; leggeva fino a tardi e poi si alzava tutte le mattine alle 5 per andare a New York. Lasciava la casa alle 7 con la macchina per andare a prendere il treno; impiegava due ore per andare e due per tornare. Si alzava alle 5 perché la prima cosa che faceva era di venire giù, farsi il caffè e andare in laboratorio; e stava lì, guardava, studiava. Poi alle 6,30 una doccia e partiva. Era felice così.

Dopo la morte di Rembert Wurlitzer le cose piano piano cambia­rono. Dario D'Attili ad un certo punto era diventato il manager del negozio e a Fernando cominciarono a dire che, a causa della sua pressione alta, era meglio che non venisse più tutti i giorni. E così andava soltanto tre volte alla settimana. Poi, nell'ultimo periodo, andava solo quando veniva chiamato.

Prendeva il lavoro e lo faceva qui a casa. Ma al negozio i clienti lo volevano vedere, vole­vano Sacconi... Lui ha sofferto molto per questa situazione, ma non condannava nessuno; diceva: « Così è la vita ». Adesso non soffre più, grazie a Dio. E me lo sento così vicino. Tante volte metto via una cosa e poi non la trovo. Cerco, cerco, dove sarà? e mi dico: « Fernando mio, aiutami a cercarla ». Faccio così e la trovo.

Abbiamo un rapporto così intenso che, anche se lui è scomparso, è come se ci fosse ancora. Mi voleva molto bene. Poi voleva tanto bene anche a David [David Segal, liutaio a New York, n.d.t.]. David
lo aveva conosciuto a Cremona, nella bottega di Francesco Bissolotti, dove Fernando si tratteneva a lungo a lavorare ogni volta che veniva in Italia, negli anni tra il 1962 ed il 1972. Lui voleva molto bene anche a Francesco, perché aveva il suo stesso carattere, il suo stesso amore per la liuteria, c'era una grande intesa fra loro.

Quello che Fernando diceva, Francesco lo assimilava subito. Fer­nando era molto aperto con lui, come con tutti; non aveva segreti o gelosie, insegnava tutto quello che sapeva e continuava a studiare, a cercare di capire, a fare esperimenti.

Lui adorava Cremona. Nel 1937 era appunto là con l'incarico di preparare la mostra del Bicentenario Stradivariano, mentre io ero a Roma con Gaspare (sono andata a Cremona soltanto alla chiu­sura dell'esposizione). In Italia ci siamo poi tornati nel 1955; io mi sono fermata a Roma con mia madre e Fernando andava in giro per l'Eurqpa con Wurlitzer in cerca di strumenti. Ci siamo poi riuniti a Parigi. A Cremona lui è tornato nel 1958 e 1962 e, insieme a me, negli anni a venire.

A Cremona, Fernando incontrava spesso Puerari [Alfredo Puerari, allora Presidente dell'Ente Provinciale per il Turi­smo, n.d.t.]. E fu Puerari a suggerirgli l'idea e a stimolarlo a racco­gliere in un libro tutti i suoi studi e i risultati delle sue ricerche su Stradivari. Con l'aiuto di Puerari e Dordoni, il libro (« I 'Segreti' di Stradivari ») è uscito nel 1972 ed ha avuto un grande successo, anche se poi, una volta stampato, Fernando ha trovato alcune imperfe­zioni che non ha avuto però il tempo di correggere.

Avrebbe voluto fare la 2a edizione, con tante aggiunte, ma non ne ha avuto il tempo... Nel 1972, mentre eravamo a Cremona ed io mi trovavo ricoverata in ospedale per un intervento chirurgico, il Comune di Cremona insignì Fernando della cittadinanza onoraria. In ospedale avevano messo un letto accanto al mio e lui veniva ogni giorno e, come arrivava, tutti i dottori si radunavano a parlare con lui.

Io raccon­tavo barzellette e li tenevo allegri. Ma il giorno della cittadinanza onoraria mi sono fatta seria seria e tutti mi chiesero: « Come mai Teresita? Hanno fatto cittadino onorario il tuo Fernando e tu sei seria invece di essere contenta ». E io: « Hanno fatto cittadino lui, ma sono più cremonese io di lui ». « Perché? » mi chiesero. E io: « Voi lo avete fatto cittadino onorario, ma a me hanno dato quattro litri di sangue, sangue cremonese ». E giù le risate... Ho vissuto molto bene con il mio Fernando, sono stata felice.

Era di una umanità senza limiti. Voglio ricordarlo così, con quest'ultimo fatto: per due anni ha sacrificato tutti i suoi week-end per andare, insieme a nostro figlio, in un ospedale ad insegnare la liuteria a tre paraplegici veterani della seconda guerra mondiale; lui insegnava la liuteria e nostro figlio aiutava i veterani a giocare alla palla. Ed è così che Wrona [Anthony Wrona, liutaio a Buffalo, paraplegico, n.d.t.] ricordando Fernando, un giorno mi ha detto: « Sacconi mi ha ridato la vita ».


Point Lookout, 29 febbraio 1984 Teresita Pacini Sacconi
andante con fuoco
carolina
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Questa lettera è commovente, così come la tua voglia di informare.
Non riesco ancora a capire perchè Sacconi sia stato e sia tutt'ora "messo da parte", ma credo sia un limite mio di ignoranza dei fatti.
Trovo giusto e onesto condividere le conoscenze in modo umile e sincero, con un orecchio sempre teso alla voce altrui e il cuore aperto al dialogo. Tuttavia, nell'ignoranza risiede una sorta di potere. Questo succede in molti campi, dalla liuteria, alla politica, alle scienze, ecc... Il perchè non è arduo da comprendere...

Ti auguro successo in questa tua donchisciottiana battaglia. Buon lavoro!
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Atomino
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Buonasera Carolina. Il termine "donchisciottesco" non mi è mai piaciuto, mi sa di matto che stermina le pecore, ascoltato solo da un ingenuo al quale ha promesso un castello che non avrà mai. Non mi pare questo il caso.
Tra la liuteria classica e quella arrembante è in atto uno scontro titanico che potrebbe portare a una frattura e originare definitivamente (sempre che non sia già avvenuto), due correnti ben distinte e separate.
Sacconi ha tracciato una cammino che purtroppo non ha potuto correggere e completare come avrebbe voluto, ma i dettami ci sono e sono chiarissimi. Bisogna seguirli e ampliare la ricerca. Bisogna volerlo fare, magari ascoltando chi l’ha conosciuto e ne interpreta ancora la filosofia, prima che sia troppo tardi. Lo scordare le origini di una cultura è un po’ lasciarla morire e penso sia giunto il momento in cui ci si debba schierare cercando di fare tutti la propria parte per la difesa della Cultura Liutaria Italiana. Vedere un liutaio che accarezza il legno che sta lavorando, non è ridicolo romanticismo, ma profonda interazione con la materia. Il suo cercare di capire, al di là degli hertz e delle scale tracciate da un computer, è investigare dove siano nascosti quel tono e quella nota che canteranno nel violino di domani. Non è necessario essere Italiani per amare e promuovere la liuteria classica, ma bisogna volerla capire e sentire dentro di noi il ruolo di estrema importanza che essa merita di occupare nella cultura mondiale. Il libro di Sacconi si può leggere ma ancora di più si può riscrivere, uscendo dalle logiche e mostrando a tutti quale pietra d’angolo sia per la liuteria. Come mai la massa cita Weisshaar e Weisshaar non nomina Sacconi al quale penso debba parecchio? Dicevo qualche giorno fa a Claudio: “ Una delle cose che ci salvano è che Sacconi non sia nato in Alto Adige. Un Mayer poteva essere spacciato come nuovayorkese di seconda generazione. Allora si che avresti visto altari a Point Lookout, statue in Central Park e una pletora di discepoli ed estimatori a onorare il Sacconi Day
- Alberto Soccini -
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claudio
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carolina ha scritto:Questa lettera è commovente, così come la tua voglia di informare.
Non riesco ancora a capire perchè Sacconi sia stato e sia tutt'ora "messo da parte", ma credo sia un limite mio di ignoranza dei fatti.
Trovo giusto e onesto condividere le conoscenze in modo umile e sincero, con un orecchio sempre teso alla voce altrui e il cuore aperto al dialogo. Tuttavia, nell'ignoranza risiede una sorta di potere. Questo succede in molti campi, dalla liuteria, alla politica, alle scienze, ecc... Il perchè non è arduo da comprendere...

Ti auguro successo in questa tua donchisciottiana battaglia. Buon lavoro!
A me Don Chisciotte è sempre piaciuto moltissimo. Ma credo che questa non sia una battaglia, come non lo è il semplice non voler dimenticare. E' come la battaglia per il pane che combatterono i nostri padri, quando qualcosa proviene dallo stomaco è difficile fermarla. E noi abbiamo fame di persone giuste e di valore, come Sacconi. Questo è il nostro pane.
Il motivo per cui Sacconi è stato messo da parte sia nel presente che nel passato, è dovuto essenzialmente alla sciocca vanità di alcuni uomini che pretendono di avere il monopolio della Conoscenza. Negli ultimi tempi da Wurlitzer, Sacconi fu messo in regime di pre pensionamento, quasi inutile dire che una cosa del genere per un uomo come Sacconi, talento eccelso il cui bisogno di autonomia era vitale, equivaleva a scavargli la fossa. Furono coloro che egli ebbe vicino per decenni, coloro che egli aveva allevato con tanto amore e dedizione che infine decretarono che Sacconi aveva fatto il suo tempo. E' vero, prima o poi il tempo di farsi da parte giunge per tutti, ma è brutto quando sono gli altri a deciderlo per te.
Oggi Sacconi è messo da parte essenzialmente perchè il mercato del violino in Italia si è evoluto in modo del tutto anomalo, laddove la tradizione italiana e lo stile sembrano aver dimenticato le proprie origini. E' sbagliato pensare che Sacconi pretendesse che si costruissero violini seguendo solo il criterio e lo stile stradivariano, egli non è mai stato un fondamentalista, bensì egli ha sempre incoraggiato la diversità e lo sviluppo di una personale originalità. Perchè la liuteria italiana è una storia di originalità e niente altro, non è uno pseudo stile appiattito su canoni estetici ripetuti ossessivamente e meccanicamente. E' per questo motivo che si temono i Cinesi, ma non gli si può dare certo torto: hanno imparato da noi e hanno avuto buoni maestri.
Sacconi incontrò un muro di ostilità anche all'epoca in cui veniva a Cremona e andava ad insegnare alla scuola di liuteria: egli con la sua enorme conoscenza metteva in discussione regole e fatti che si pensava fossero il vangelo, ma che vangelo non erano. Anzi, a dire il vero, non appartenevano nemmeno alla storia della liuteria italiana. Se Stradivari e gli altri grandi cremonesi hanno costruito i loro strumenti seguendo il metodo della forma interna, perchè ostinarsi a pretendere di "fare il cremonese" seguendo il metodo della forma esterna? E poi un liutaio ha il dovere di esplorare, approfondire, scoprire e divulgare, e non di perpetuare sciocchi luoghi comuni contrabbandoli per "segreti" in cui far cadere il primo allocco di turno (salvo poi far figuracce quando l'allocco di turno riesce a farsi un minimo furbo). Insomma, Sacconi ha proposto a suo tempo il recupero della nostra storia ma la maggior parte dei liutai cremonesi e italiani non lo ha compreso. Sacconi venne a Cremona per farci un favore ed è come se gli fosse stata chiusa la porta in faccia. Io mi oppongo semplicemente al fatto che Sacconi venga fatto morire per la seconda volta, a partire dalla pubblicazione in italiano de "I segreti di Stradivari".
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Atomino ha scritto:Buonasera Carolina. Il termine "donchisciottesco" non mi è mai piaciuto, mi sa di matto che stermina le pecore, ascoltato solo da un ingenuo al quale ha promesso un castello che non avrà mai. Non mi pare questo il caso.
Buonasera a te Atomino
Peccato. Peccato per quello che vedi in Don Chisciotte. A dire il vero, egli è metafora di valori passati che il "mondo" del presente sta facendo morire. Non è un folle e il suo aiutante è la realtà contadina, non fatta di ingenuità, ma di concreto muovere la terra. Che poi Cervantes ci abbia voluto mettere una critica alla nobiltà dei cavalieri nel suo racconto, non vuol dire che noi lettori non possiamo prenderci i significati che vogliamo e usarli come riteniamo meglio.
Tant'è...tu vedi folli dove io vedo altro...
Atomino ha scritto: Tra la liuteria classica e quella arrembante è in atto uno scontro titanico che potrebbe portare a una frattura e originare definitivamente (sempre che non sia già avvenuto), due correnti ben distinte e separate.
Questo è molto interessante...potresti spiegarlo meglio? Ti ringrazio.

Esprimi bene il tuo "amore" nei confronti della liuteria, eppure...io continuo a vederla come un nobile lavoro artigiano, la cui forza risiede nell'empirica osservazione e nell'ingegno. Essa può diventare Arte, come la pittura, ma è lo studio ciò che la fa diventare concreta. Il problema forse è che lo studio manca e troppo spesso si aspira a diventare artisti ancor prima che artigiani e allora...tutte le vie più brevi sono giustificate. Vedo in Sacconi uno studioso, un artigiano, un lavoratore...non credo aspirasse all'Arte per se stesso.

Idee di una giovinastra...ben inteso :)

Ciao e grazie
Ultima modifica di carolina il giovedì 4 giugno 2009, 20:24, modificato 1 volta in totale.
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carolina ha scritto:Peccato. Peccato per quello che vedi in Don Chisciotte. A dire il vero, egli è metafora di valori passati che il "mondo" del presente sta facendo morire. Non è un folle e il suo aiutante è la realtà contadina, non fatta di ingenuità, ma di concreto muovere la terra. Che poi Cervantes ci abbia voluto mettere una critica alla nobiltà dei cavagliari nel suo racconto, non vuol dire che noi lettori non possiamo prenderci i significati che vogliamo e usarli come riteniamo meglio.
Tant'è...tu vedi folli dove io vedo altro...
Al tempo giovinastra :wink: ! Il mio commento non era al personaggio ma all'uso di "Donchisciottesco" che mi richiama quanto ho detto. Tutto qui.
Atomino ha scritto: Tra la liuteria classica e quella arrembante è in atto uno scontro titanico che potrebbe portare a una frattura e originare definitivamente (sempre che non sia già avvenuto), due correnti ben distinte e separate.
carolina ha scritto:Questo è molto interessante...potresti spiegarlo meglio?
E' il bivio delle scelte, già indicato da Claudio nella sua risposta. Appiattimento della forma e dei suoni, scarsa o nulla originalità, scorciatoie nella scelta e nella lavorazione dei legni, vernici (semi) industriali............ Mi sembrano elementi bastanti per un divorzio.
carolina ha scritto:......io continuo a vederla come un nobile lavoro artigiano, la cui forza risiede nell'empirica osservazione e nell'ingegno. .... Vedo in Sacconi uno studioso, un artigiano, un lavoratore...non credo aspirasse all'Arte per se stesso.


Condivido a pieno la tua valutazione e sono certo che Sacconi non abbia mai fatto dell'essere artista una sua meta. Ma ciò non toglie che a mio parere, come molti grandi, lo sia stato senza curarsi di saperlo. I veri "Segreti di Sacconi", come sono certo quello di Stradivari, sono stati la passione e l'amore incondizionato per il propro lavoro.

Ciao
- Alberto Soccini -
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