Tecnica costruttiva degli antichi liutai italiani (E. Peluzzi)

Suonare e costruire i violini
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andrea69
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Tecnica costruttiva degli antichi liutai italiani (E. Peluzzi)

Messaggio da andrea69 »

Salve a tutti. Premetto che sono nuovo del forum, ma ho letto avidamente fino ad oggi tutti gli argomenti trattati, tenedomi finora in disparte.
Rinnovo i miei complimenti a Claudio per il bel violino modello Guarneri del Gesù, ben illustrato da un'ottima serie di foto.
Sono un violinista che si diletta di liuteria costruendo archi, ma vorrei arrivare a costruirmi una copia del mio bel Giulio Degani 1911, acquistato tre anni fà.
Al riguardo, per cominciare, mi son messo a leggere il complicatissimo libro di Euro Peluzzi "Tecnica costruttiva degli antichi liutai italiani" e, per arrivare a capirne qualcosa, ho dovuto dar fondo a tutte le mie conoscenze di geometria e matematica.
Volevo domandare a Claudio se lo aveva mai letto e se quindi ne aveva un opinione al riguardo.
Un liutaio dilettante di Noale (VE) mi aveva raccontato di aver provato secondo questo metodo, e diceva che era forse il sistema che gli aveva dato i migliori risultati acustici in termini di potenza e brillantezza, ma che di sicuro Peluzzi aveva sbagliato la distribuzione degli spessore del piano e del fondo (spessore minimo 1.4mm!!). Su questo sarei anch'io d'accordo...
Grazie per i vostri interventi ed opinioni.

PS Per chi non conoscesse il libro potrei scannerizzare qualche disegno e e farne l'upload
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Alfredo
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Re: Tecnica costruttiva degli antichi liutai italiani

Messaggio da Alfredo »

andrea69 ha scritto:Salve a tutti. Premetto che sono nuovo del forum, ma ho letto avidamente fino ad oggi tutti gli argomenti trattati, tenedomi finora in disparte.
Rinnovo i miei complimenti a Claudio per il bel violino modello Guarneri del Gesù, ben illustrato da un'ottima serie di foto.
Sono un violinista che si diletta di liuteria costruendo archi, ma vorrei arrivare a costruirmi una copia del mio bel Giulio Degani 1911, acquistato tre anni fà.
Al riguardo, per cominciare, mi son messo a leggere il complicatissimo libro di Euro Peluzzi "Tecnica costruttiva degli antichi liutai italiani" e, per arrivare a capirne qualcosa, ho dovuto dar fondo a tutte le mie conoscenze di geometria e matematica.
Volevo domandare a Claudio se lo aveva mai letto e se quindi ne aveva un opinione al riguardo.
Un liutaio dilettante di Noale (VE) mi aveva raccontato di aver provato secondo questo metodo, e diceva che era forse il sistema che gli aveva dato i migliori risultati acustici in termini di potenza e brillantezza, ma che di sicuro Peluzzi aveva sbagliato la distribuzione degli spessore del piano e del fondo (spessore minimo 1.4mm!!). Su questo sarei anch'io d'accordo...
Grazie per i vostri interventi ed opinioni.

PS Per chi non conoscesse il libro potrei scannerizzare qualche disegno e e farne l'upload
Benvenuto, non conosco il libro ma a me sembra normale 1,4 come spessore minimo, l'importante è che non intenda massimo.
Comunque per essere sicuri aspetterei il "capo"... :roll:
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claudio
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Messaggio da claudio »

Intanto un benvenuto ad Andrea e agli ultimi arrivati in questi giorni, il forum sta crescendo grazie alla passione di tutti e questo mi fa un enorme piacere. Vi confesso che una delle speranze che riponevo nella rete era quella di poter creare un posto in cui parlare liberamente di strumenti ad arco senza l'ossessione di commercializzare le proprie creazioni.

Intervenendo in merito al messaggio di Andrea, come appassionato e non come "capo" (maddechèahò!!!), posso dire di aver consultato e letto il libro di Peluzzi più volte negli anni e di averne anche scambiato opinioni con i miei colleghi. Le tesi di Peluzzi, peraltro supportate da documenti d'epoca, sono di grande interesse ma di difficile attuazione pratica. Mi spiego meglio: se Peluzzi raccoglie notizie interessanti in merito alla teoria dei "fuochi", in quanto le curvature di in violino potrebbero essere equiparate a lenti convergenti il suono, anziche la luce, ne scaturisce una visione nuova ed inconsueta riguardo alla funzione di una cassa armonica. A seconda del luogo in cui le onde sonore vanno a convergere si creano determinati effetti sonori piuttosto che altri, che determinerebbero in maniera essenziale il timbro e la portata di uno strumento.
Da ciò Peluzzi, detto in modo molto stringato, ne ricava un sistema di costruzione che prevede la scultura del piano e della tavola partendo prima dalla superficie interna per poi passare alla superficie esterna. Attualmente, perlomeno fin dalla fine del '700, i violini si sono sempre costruiti secondo una logica che è l'esatto contrario della teoria di Peluzzi: scultura esterna della bombatura e successivo scavo dell'area interna.
Tra le altre cose Peluzzi documenterebbe anche un processo di preparazione del legno a base di gomma adragante, che però io non ho mai provato e che darebbe buoni risultati.
Tuttavia la teorie e le dimostrazioni geometriche e matematiche di Peluzzi dovrebbero essere oggetto di continuo studio perchè anche se probabilmente non arrivano al metodo antico della costruzione dei violini, offrono sicuramente spunti interessanti di riflessione. E' pur vero, con ogni probabilitià che le tavole armoniche e i fondi furono scolpiti partendo prima dall'esterno per poi procedere allo scavo interno, ma non bisogna dimenticare che una cassa armonica assemblata e pronta per la filettatura è suscettibilissima di ulteriori variazioni e aggiustamenti. Per questo motivo io seguo il metodo della filettatura con il metodo cosiddetto "a cassa chiusa", perchè ciò permette di graduare la profondità della sguscia in modo ottimale e di determinare, per quanto possibile, un ulteriore intonazione ed affinamento delle capacità di vibrazione della cassa armonica.
giovanni
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Messaggio da giovanni »

L’ho letto anch’io il libro di Euro Peluzzi e devo dire che l’ho trovato molto interessante. Alcune sue indicazioni le ho anche messe in pratica come la costruzione dei regoli, la lavorazione delle tavole e tante altre cose. Quello che ha suscitato maggiori perplessità è stata l’indicazione degli spessori che in alcuni punti delle tavole erano troppo bassi, soprattutto nella parte superiore e inferiore, ragion per cui ho abbandonato.Per la curvatura delle tavole, invece, ho costruito i regoli secondo le sue indicazioni e devo dire che è stato un po’ complicato ricorrere al compasso, squadretta e varie formule matematiche. Alla fine mi sono fatto un’idea e cioè che si perviene più o meno allo stesso risultato con l’uso delle quinte lavorando la tavola prima dall’esterno e poi dal’interno.Questo vale anche Anche il piazzamento delle Effe e la costruzione della catena che non si discostano dalle indicazioni fornite da altri autori. A questo proposito vorrei chiedere se questi spessori hanno una ragione di esistere. Sul libro di Sacconi mi pare di aver letto, se non ricordo male, che molti dei violini di Stradivari da lui riparati, avevano uno spessore molto basso e questo era dovuto al trascorrere del tempo che li aveva assottigliati per effetto dell’invecchiamento.
ciao. Giovanni
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andrea69
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Messaggio da andrea69 »

Concordo anch'io sugli spessori minimi troppo bassi. Risulta anche a me che gli spessori di Stradivari fossero "stile Poggi"cioè piuttosto sottili, ma ho letto su alcuni libri (Kunst des Geigenbaues di Moeckel soprattutto) che Stradivari sembra non scendesse sotto i 2 mm di spessore minimo. L'unico Stradivari che ricordo faccia eccezione era quello del 1718 in uso al mio grande maestro Franco Gulli, ma per il solo fatto che "qualche criminale", come lui raccontava, gli aveva tolto del legno verso la fine dell'800 (1.3mm secondo le ultime misurazioni).
Una cosa è sicura: la storia delle superfici interne ad arco di cerchio e la sovrapposizione dei "fuochi" del piano e del fondo sono di difficilissima realizzazione ed applicazione a pattern differenti da quello disegnato dal Peluzzi. A proposito: nessuno ha mai visto un violino di Peluzzi in giro? mi pare che avesse la bottega a Savona fino agli anni quaranta...
Sarei quanto meno curioso di sapere come suonano :?:
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andrea69
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Messaggio da andrea69 »

Ho continuato la lettura di questo malloppo del Peluzzi ed ho letto altre cose interessantissime riguardo il piazzamento dell'anima e della catena i rapporto al ponte.
Peluzzi fa corrispondere la larghezza del ponte ad un arco di cerchio di 20 gradi di raggio 138mm circa, per quanto riguarda la superfice interna del piano armonico. Di conseguenza mette sia la catena che l'anima tangenti internamente a questo arco.
In pratica succede che sia la catena che l'anima sono messe esattamente in corrispondenza dei bordi del ponte, anzichè più internamente.
La catena verrebbe inoltre incollata non diritta ma obliqua rispetto l'asse verticale, con la parte superiore più interna rispetto la inferiore.
Ne ho parlato con il mio liutaio (posso citarlo?), che non è di scuola cremonese ma è uno degli ultimi allievi di Sgarabotto, e con un altro liutaio (allievo di Gadda) ed entrambi mi dicevano che uno strumento così regolato è sicuramente più potente e sonoro, anche se diventa un pò più impegnativo come emissione. La catene lavorerebbe in modo più efficace, dando allo strumento più gamma dinamica. Inoltre il mio liutaio mi ha detto che fa sempre le catene in questo modo e piazza l'anima conseguentemente sul bordo del ponte.
Cosa ne pensi, Claudio?
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claudio
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Messaggio da claudio »

Qui si possono citare tutti i liutai che si vuole. Spero anzi che intervengano più colleghi per avere un'occasione di confronto in più.
In quanto alle regole del Peluzzi che tu citi, francamente mi trovo molto bene con le regole attuali che sono usate anche per gli strumenti originali. Se va bene per uno Stradivari, deve andare bene anche per uno strumento moderno. Cmq la catena, anche con la regola generale della divisione in sette parti non giace mai diritta, ma obliqua rispetto all'asse dello strumento.
Ricordo inoltre che la posizione originaria delle catene negli strumenti antichi è facilmente riconoscibile perchè spesso e volentieri queste hanno lasciato una traccia in corrispondenza dell'originario piano di incollatura. Tuttavia se un liutaio riesce ad ottenere i migliori risultati seguendo le regole del Peluzzi, nessuno gli vieta di continuare. La liuteria non è una scienza esatta ed è suscettibile di infinite variazioni.
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andrea69
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Messaggio da andrea69 »

Concordo in pieno sul fatto della catena obliqua: anni fa ho fatto aprire il mio Matsuda perchè aveva ceduto dalla parte della catena verso la cordiera, ed Umberto Lanaro, il mio liutaio da cui andavo per la prima volta, mi aveva appunto detto che era successo per via della catena originaria un po' sottile e parallela all'asse verticale, e fatta con legno poco stagionato.
Lui me la cambiò con una più robusta e meglio piazzata, e da quella volta quel violino, oltre a suonare molto meglio, non ha più avuto problemi.
Mi parlavi delle sette parti della catena e delle regole attuali per il suo posizionamento: puoi spiegarmi di cosa si tratta (sono un pò digiuno di queste cose :? )?
Non ho mai trovato un liutaio disponibile quanto te a spiegare le cose :pray:
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claudio
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Messaggio da claudio »

la regola che probabilmente la stragrande maggioranza dei liutai segue per la posizione della catena è questa: si dividono per due la larghezza max inferiore e superiore della cassa armonica, quindi le si divide per sette. La lunghezza della catena è determinata dalla lunghezza della cassa, le estremità giungono fino a 4 cm dal bordo della tavola. In genere si ottiene una misura che si aggira intorno ai 270mm. Anche per la viola si procede in maniera del tutto analoga. Lo spessore si aggira intorno ai 5.5mm e qualche volta anche poco di più.
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andrea69
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Messaggio da andrea69 »

Ahhh!!!! 8O 8O
Ora ho capito come si fa ad ottenere l'obliquità della catena!
Ma la sua posizione generalmente un pò interna al bordo del ponte dipende anch'essa da regole e misure, oppure uno può decidere la cosa a piacere seguendo una parallela alla linea tracciata con la regola delle sette parti?
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claudio
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Messaggio da claudio »

la catena dovrebbe sempre giacere a circa 1-1,5mm all'interno del piedino del ponticello, fermo restando l'obliquità di cui si è parlato sopra.
flavpra
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Re: Tecnica costruttiva degli antichi liutai italiani

Messaggio da flavpra »

Caro Claudio
Complimenti per questo forum è un punto di riferimento utilissimo.
Sono Emanuele Fabio Fortunato liutaio, alla tua prima risposta di quest'argomento e precisamente alla riga 11 dalla fine sicuramente volevi scrivere dall'interno e non dall'esterno. Detto questo,confermo di essere uno di quei pochi liutai che pur utilizzando in un primo momento il metodo costruttivo ora in voga, ho realizzato il mio sesto strumento con il metodo antico evidenziato dal manoscritto all'interno del libro di Peluzzi, dilettando poi a cassa chiusa per ben intonare il tutto alla fine. Penso questo sia l'unico modo possibile per costruire strumenti e non copiare. Proprio come si faceva all'epoca. D'altronde le chiese, i palazzi si sono sempre costruiti prima dalle fondamenta e archi interni e poi su si è fatto il solaio e il pavimento. In questo modo possiamo fare tutti gli aggiustamenti che si vuole, ma la struttura interna rimarrà perfetta e omogenea.
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claudio
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Re:

Messaggio da claudio »

claudio ha scritto: giovedì 1 settembre 2005, 0:19 Da ciò Peluzzi, detto in modo molto stringato, ne ricava un sistema di costruzione che prevede la scultura del piano e della tavola partendo prima dalla superficie interna per poi passare alla superficie esterna. Attualmente, perlomeno fin dalla fine del '700, i violini si sono sempre costruiti secondo una logica che è l'esatto contrario della teoria di Peluzzi: scultura esterna della bombatura e successivo scavo dell'area interna.
Grazie per la segnalazione, ma a me sembra di avere scritto bene.

A distanza di 15 anni da questa discussione ribadisco che il metodo di Peluzzi ha un suo qualche fondamento, che purtroppo non è documentato dalla fonte in originale del documento antico che egli cita nella sua opera. A questo proposito confermo che ad oggi non sono stati rinvenuti segni che provino la lavorazione delle tavole dall'interno all'esterno, come ad esempio potrebbero essere le tracce dei forellini lasciati dallo spessimetro a battimento, che invece sono presenti nelle superfici interne su un certo numero di strumenti stradivariani.

Quindi il metodo suggerito da Peluzzi è da considerare non valido? dal punto di vista della tradizione cremonese antica, la risposta è sicuramente negativa, ma allargando lo sguardo alle varie scuole e tradizioni italiane, nonché al concetto della "teoria dei fuochi", penso che qualche fondamento ci sia.
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Re: Tecnica costruttiva degli antichi liutai italiani (E. Peluzzi)

Messaggio da mico »

Stuzzicato da tutto il parlare sul Peluzzi ho cominciato a cercare online informazioni in merito proprio alla "teoria dei fuochi" proprio perché sono convinto che gli antichi non andassero a caso ma erano consci di ciò che facevano, anche se i loro punti fermi si basavano su teorie oggi considerate sbagliate. Per questo ho cercato informazioni sulle nozioni del tempo e partendo dalle indicazioni del Peluzzi mi sono imbattuto in un libro di Daniello Bartoli, della compagnia del Gesù: Del suono de' tremori armonici e dell'udito. E' un libro del 1678 che si trova online tranquillamente ma di cui non avevo mai sentito parlare, nemmeno in questo portale, in cui vengono trattate le teorie "scientifiche" dell'epoca in merito al suono, con alcune ripercussioni sugli strumenti musicali.
La parte più interessante, citata dal Peluzzi, è il capo VII del quarto trattato, intitolato: Lo smisurato ingrandire del suono ne' luoghi chiusi, procedere del multiplicarsi in essi tante linee sonore, quante sono le ripercussioni ch'elle vi fanno. Se ne specifican le cagioni, il modo, e gli effetti singolarmente nell'orecchio di Dionigi, e nelle cavità del Vesuvio.
In questo capo, spiega come in alcune grotte il suono si ingrandisca a dismisura e spiega ciò con la seguente teoria:
Forse sarà (dicono i terzi) perché il suono sparso, si aduna; e come la luce, o per refrazione in vetri sferici, o per riflessione da specchi parabolici, unisce tutti i raggi o in un punto o in un piccolissimo giro; e questo vale per intensione di tanta luce quanta n’è ivi adunata. Similmente del suono: il raccoglierlo è multiplicarlo: e ‘l raccoglierlo è proprietà della figura, che rende il corpo sonoro atto a rifletterlo sotto tal misura d’angoli determinati, che le sue linee concorrano ad unirsi in un piccolo spazio: e quanto elle sono più in numero e più ristrette insieme, tanto il suono ch’elle formano si dà a sentirsi più gagliardo. Ne può far piena fede le sperienza del cavalier Morland, che di sé conta, d’aver fabbricato di quel suo finissimo stagno inglese, uno specchio parabolico, incontro al quale parlandosi udiva perfettamente, vicino al punto che suol chiamarsi il fuoco, per lo concorrere e ragunarsi delle linee sonore in quel punto.
Ciò detto non sappiamo se tale teoria fosse o meno applicata per la creazione degli strumenti musicali ma sicuramente si può dire che, prima del 1678, la teoria dei fuochi venisse applicata a fenomeni sonori, anche se erroneamente.
Maurizio Basile
Come raggiungere un traguardo? Senza fretta ma senza sosta (Goethe)
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claudio
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Re: Tecnica costruttiva degli antichi liutai italiani (E. Peluzzi)

Messaggio da claudio »

Ottimo spunto di ricerca e riflessione, cercherò il libro e lo leggerò con grande attenzione.
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