Violini su modello Amati

Suonare e costruire i violini
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stephanie
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Violini su modello Amati

Messaggio da stephanie »

Buongiorno a tutti, ed un grande grazie a Claudio per questo bellissimo forum.

Scrivo per chiedere come mai oggi pochissimi liutai costruiscono strumenti su modello Amati, con la caratteristica forma e le bombature alte.

Io sono rimasta sempre impressionata dalla bellezza del suono di questo tipo di violini, dolce, caldo ed al tempo stesso molto chiaro e nitido, sempre molto ricco di armonici. Infatti alla fine sono poi arrivata ad acquistare un violino antico tedesco costruito su questo modello, del quale sono molto contenta.

Quasi tutti i violini che avevo provato prima del mio acquisto e che mi avevano colpita per la bellezza e dolcezza del suono erano costruiti su questo modello, sempre con bombature molto alte.

Mi stupisce però che sia rarissimo trovare oggi liutai che costruiscono violini su questo modello, o su modelli simili come i bellissimi Gasparo da Salò. Spesso, nei pochi, pochissimi, casi di violini contemporanei costruiti su questo modello, le bombature risultano tuttavia comunque appiattite rispetto ai modelli di riferimento.

Avevo letto su questo forum che le bombature alte fanno vibrare solo la parte centrale della tavola conferendo quel tipico carattere sonoro che a me piace molto. Anche se forse non ha la proiezione che si può ottenere da uno strumento costruito con una bombatura meno accentuata, ha una bellezza timbrica che secondo me meriterebbe di avere un seguito (anche perché non tutti suonano come solisti al Gewandhaus di Leipzig o alla Carnegie Hall).

C'è qualche ragione tecnica per cui non vengono quasi più costruiti violini su modello Amati con le caratteristiche bombature?

Grazie e buona musica a tutti,

Stéphanie
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claudio
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Re: Violini su modello Amati

Messaggio da claudio »

Grazie a te per gli argomenti che proponi, sempre molto interessanti e stimolanti.

Sui violini Amati c'è moltissimo da dire, innanzitutto a partire da Andrea Amati, questa è la famiglia che ha dato origine alla leggendaria scuola cremonese antica ed è stata, e lo è ancora, un riferimento per tutti i liutai.

Da una parte ammiriamo la freschezza degli intagli e delle lavorazioni di Andrea, Antonio e Girolamo, Nicola, dall'altra rimaniamo ancora oggi stupefatti dalla purezza del loro timbro, infatti alcuni dei famosi "violini del re" di Andrea Amati costruiti nella seconda metà del 1500, spiegano ancora oggi un suono che è lecito definire poesia.

Sacconi scriveva che avrebbe assunto molto volentieri, con adeguato e lauto stipendio, un bravo liutaio che fosse anche solo capace di avvicinarsi allo stile dei ricci degli Amati. Questo per dare un'idea di quanto il lavoro degli Amati sia ancora oggi valutato e rispettato presso valenti liutai e restauratori.

Tuttavia, nei libri di storia di liuteria, spesso scritti da amatori ed eruditi in epoca fascista/nazista, gli strumenti degli Amati vengono spesso liquidati un po' troppo in fretta, forse per i loro legami con la cultura ebraica. Lo stesso Stainer viene descritto da Farga come rovinato da un usuraio ebreo e che ciò lo condusse alla pazzia. Non so quanto di vero ci possa essere, ma un sospetto di pregiudizio razziale credo sia lecito.

Invece l'italiano De Piccolellis, che portò a compimento uno studio più approfondito sulla liuteria cremonese (ripreso anche dagli Hill), riconobbe la grandezza degli strumenti della famiglia Amati, ma osservò che proprio per quelle bombature alte, i loro strumenti erano particolarmente adatti per la musica da camera. Anche da queste considerazioni nacque il mito di Stradivari e di Guarneri del Gesù.

Da un punto di vista tecnico le bombature degli strumenti degli Amati e anche di Stainer, erano infatti piuttosto alte e strette, questo perché veniva perseguito un concetto di bellezza timbrica completamente slegato dal volume del suono, infatti allora non esistevano ancora i grandi complessi orchestrali che videro la luce dalla seconda metà del 1700 in poi, tutta la musica che si produceva allora è da considerarsi cameristica o poco più. Si seguivano e ci si adeguava alle delicate ed intense note del liuto e del clavicembalo, e di quelle emesse dai cantanti, veri e propri ispiratori della voce degli strumenti ad arco.

Una bombatura alta 16/18mm stretta ai fianchi, tanto da essere definita "a schiena d'asino", viene infatti sollecitata principalmente nella sua parte centrale, poiché le vibrazioni vengono in qualche modo ostacolate dal diffondersi uniformemente lungo le superfici laterali di tavola e fondo.

Nel lavoro di Stradivari si vede benissimo il percorso artistico e stilistico compiuto attraverso gli anni, in cui gradualmente la "schiena d'asino" tende gradualmente a distendersi, come pure le altezze massime tendono anch'esse a ridursi, questo fino al 1690. Nel decennio 1690/1700 Stradivari percorre un cammino sperimentale adottando forme lunghe e strette, per poi giungere alla completa maturità, in cui il distacco dagli Amati è deciso, per giungere agli strumenti leggendari protagonisti della storia della musica occidentale.

E gli Amati? Io ho avuto diverse esperienze di ascolto di strumenti Amati originali, tra cui la bellissima viola Stauffer 1615 di Antonio e Girolamo Amati, un bellissimo violino di Nicola Amati degli anni '50 del 1600 della collezione Peterlongo, e altri ancora. In particolare il violino ex Peterlongo suonato dal primo violino del Quartetto di Venezia, mi portò all'estasi per la bellezza del suo timbro, una luminosità di suono che non avevo mai ascoltato prima di allora, una quarta corda così brillante e ardita, da cui non ho più potuto prescindere e che ho cercato anche nei miei strumenti.

Infatti, se da una parte i modelli Stradivari e Guarneri sono seguiti spesso per ragioni puramente commerciali, la profondità delle loro quarte corde infine è divenuto quasi uno stereotipo, un riferimento praticamente assoluto nel repertorio romantico, ma con il tempo si scoprono altri modi di cantare, e che canto!

La ricchezza del fraseggio di un violino degli Amati nel repertorio di Bach, Vivaldi, Tartini, Locatelli, Geminiani o Corelli, a mio parere non hanno eguali, specialmente oggi che si inseguono criteri di filologia sconosciuti solo una cinquantina di anni fa, in grado di restituirci interamente il pensiero del compositore in una forma semplice e pura. Cioè a dire senza "effetti scenici" tipici di un certo modo "orientale" oggi di concepire la musica classica.

Nicola Amati si dice che abbia portato a perfezione la forma del violino moderno, io sono d'accordo perché pur non avendo costruito mai nessuno strumento Amati, mi sono concentrato molto sulla forma del violino "Toscano" 1690 di Stradivari, che a buon diritto rientra ancora nelle sue creazioni "amatizzate" e che delle forme di Nicolò Amati prende moltissimo, fino al punto di costruirne io un esemplare integralmente barocco. Ebbene, io stesso fui scettico sulla riuscita del suono di questo strumento, poiché dedicato alla musica antica, con una catena alta solo 6mm e un ponticello molto basso, per giunta non ottimizzato come quelli moderni.

Il risultato fu a dir poco stupefacente per la plasticità del suono e per la straordinaria capacità di proiezione, pur tenendo conto delle differenze timbriche tra un violino barocco ed uno moderno. Bastò circa mezz'ora di suono sul violino barocco, per poi tornare ad un violino moderno, per capire come l'evoluzione della musica classica abbia sì guadagnato in brillantezza ed espressione, ma ci siamo lasciati indietro quella che io definisco "poesia del suono", cioè a dire la capacità di una prima corda in budello di poter produrre un vibrato d'arco praticamente impossibile da realizzare su un violino moderno, in uno straordinario equilibrio con le altre corde. Per non parlare di una terza corda in grado di produrre volume ed armonici assolutamente superiori alla maggior parte dei violini antichi che moderni, montati "alla moderna", cioè a dire non più barocchi.

E questo su un violino barocco contemporaneo, quale potrà essere la qualità della voce di un violino barocco antico costruito da uno qualsiasi dei componenti della famiglia Amati? lascio a te immaginare.
andante con fuoco
stephanie
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Re: Violini su modello Amati

Messaggio da stephanie »

Grazie mille Claudio per l'interessantissima spiegazione, è davvero un piacere imparare grazie alla tua preziosa esperienza ed al tempo che generosamente dedichi a questo bellissimo forum.

È molto bello il concetto di "poesia del suono" che scrivi, e credo proprio che puntanto tutto sulla quantità del suono, piuttosto che sulla qualità timbrica, si sia lasciato qualcosa per strada. Anche l'utilizzo ormai ovunque di corde sintetiche con tensioni medio-alte impedisce di lavorare adeguatamente sul punto di contatto e sulla velocità dell'arco, gli unici strumenti che, secondo me, possono trasformare il violino in una vera e propria "tavolozza" di colori e di sfumature.

Ricordo di avere letto tempo fa sul sito del Comune di Genova le impressioni di un liutaio e di due violinisti di generazioni diverse quando sul "Cannone" di Paganini sono state montate le corde in budello puro. I due violinisti in questione erano Salvatore Accardo e Massimo Quarta. Ebbene, mentre l'impressione di Accardo era estremamente positiva, Quarta non nascondeva una certo disagio / scetticismo con le corde in budello. Il che, considerando che Quarta è stato il vincitore del primo premio del Concorso Paganini ed uno dei più noti violinisti a livello internazioanle, mi ha sopresa non poco.

Le due interviste, a chi possono interessare, sono disponibili a questi link:
http://www.premiopaganini.it/archivio/v ... quarta.htm
http://www.premiopaganini.it/archivio/v ... ccardo.htm

Per quanto mi riguarda. è da tempo che sono molto tentata di provare le corde in budello puro sul mio violino antico, attualmente uso le Eudoxa (Stiff sol e re, la diametro 14 e quindi di una misura maggiore del medio, che contribuisce a rendere ancora più interessante il suono essendo il violino con una timbrica molto chiara) con un mi Hill che trovo molto bello, piuttosto dolce e non molto teso. Mi piacerebbe prima o poi provare, magari con il set Tricolore della Garmut che è pensato per strumenti non barocchi con il la a 440, e quindi adatto anche ad un repertorio non barocco.

Peraltro credo che, nella storia della musica classica, anche tutto il repertorio classico e romantico sia stato sempre suonato con corde in budello. Se non sbaglio le corde in acciaio sono state disponibili solo dal XX secolo.

Si dice che Jascha Heifetz suonasse con un sol in budello rivestito, re e la in budello nudo, e mi però in acciaio.

Finora non mi sono ancora azzardata a fare questa prova perché non ho idea di come suoni il budello sul mio violino, e se volessi tornare indietro dovrei rifare ponticello e capotasto. Però l'idea mi attira non poco.

Ne approfitto per chiederti se nella differenza sostanziale di suono tra un violino barocco ed un violino moderno incidono maggiormente le corde in budello puro (compreso il mi), o se sono invece soprattutto le altre differenze costruttive a fare la differenza, come la catena. Chiaramente a parità di arco (ma ho sentito di violinisti che usavano l'arco barocco su violini montati moderni, anche se non ho avuto modo di sentire da vicino il risultato).

Ancora grazie, buona serata e buona musica a tutti,

Stéphanie
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claudio
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Re: Violini su modello Amati

Messaggio da claudio »

Il violino barocco, inteso come strumento originale o costruito come gli originali, cioè a dire con un manico meno inclinato, un ponticello più basso, una catena più bassa, possiede per forza di cose una timbrica molto diversa rispetto a quella di un violino moderno. Nel violino barocco sei costretto a cercare il giusto punto di contatto per ottenere il massimo della qualità del suono, perché molto più sensibile agli "sbalzi di pressione" rispetto ad un violino moderno, se poi consideri che la tendenza attuale della filologia tende alla riduzione drastica del vibrato con la mano sinistra, le cose tendono ancora di più a complicarsi.

Il problema del violino barocco è che la tanto sospirata qualità timbrica non si consegue semplicemente adottando corde in budello di buona qualità su strumenti moderni, spesso violini di fabbrica più o meno recente riciclati alla bisogna. Mi succede spesso di vedere musicisti barocchi usare strumenti "riciclati", convertiti in modo più o meno convincente alla maniera barocca, che comunque continuano a suonare male anche con le migliori corde in budello.

Difatti la corda in budello è un severo selettore di strumenti: ci sono quelli che ne sono avvantaggiati, ed altri (la maggior parte), che invece non solo non ne traggono beneficio, ma addirittura peggiorano le loro qualità sonore. Ne sono la prova proprio le corde Eudoxa, da te usate con profitto, il cui impiego d'elezione è sempre stato quello cameristico, che montate sulla maggior parte degli strumenti moderni o contemporanei, risultano poco o per niente soddisfacenti. Questo vale anche per le Oliv, che sono di qualità superiore e spesso usate anche in campo solistico.

Il principio è quello per cui se uno strumento suona bene, lo farà con qualsiasi tipo di corda, le corde in budello non potranno che contribuire positivamente. Quindi il problema generale è la qualità dello strumento, e la qualità di ascolto di chi li ha costruiti e di chi li suona. Se uno strumento pur di buona qualità è costruito seguendo regole diverse da quelle amatiane/stradivariane, se ci si limita a copiare gli strumenti ingrandendo le fotografie che si trovano in internet, è evidente che i risultati sonori non potranno che essere diversi.

Tieni conto che la stragrande maggioranza di violini costruiti nel mondo deriva da un metodo costruttivo non filologico che è stato insegnato in Italia.

Spesso mi si è tacciato di essere una sorta di fondamentalista della liuteria, cosa peraltro non vera perché per essere un fondamentalista serio è necessario anche produrre lavori di una precisione maniacale, cosa completamente avulsa dal mio carattere, perchè ho sempre sostenuto quanto sia inutile seguire una precisione maniacale nella costruzione di un violino, se poi si sono seguiti principi che nemmeno appartengono alla tradizione italiana, come ad esempio avere usato la forma esterna, oppure aver filettato e sgusciato fondo e tavola a "cassa aperta" prima ancora di aver realizzato le bombature. Ed è bene risaputo come anche le più piccole differenze costruttive abbiano conseguenze talvolta marcate sulla qualità timbrica di uno strumento.

Il paradosso è che si parla sempre di "segreti di Stradivari", quando oggi questi "segreti" ormai non sono più tali, e ci si ostina a seguire metodiche che niente hanno a che fare con la tradizione antica, aspetti questi di cui si parlato spesso, e perfino polemizzato, anche in questo forum.

Le corde in budello in genere richiedono un'altezza maggiore sulla tastiera, ma molto dipende da come si suona, in genere non consiglio il rifacimento di ponticello e capotasto. La corda Mi in metallo è entrata in uso nel primo quarto del 1900, ed ha segnato un distacco deciso rispetto alla tradizione, per cui si è sempre avuta una grande difficoltà nell'armonizzare la prima corda con il resto della muta, specialmente se in budello. I violinisti russi per loro tradizione hanno quasi sempre abbinato una prima e una seconda corda in metallo, ad una terza ed una quarta in budello. Eviterei il budello nudo perché il contatto con i polpastrelli le rende meno efficienti in un tempo piuttosto breve, oltretutto la loro resa su un violino moderno è sempre piuttosto deludente.

Su un violino moderno se proprio si volesse passare al budello consiglierei in ordine di priorità le Oliv, le Kaplan e quindi le Eudoxa. Le Gamut non le conosco.

Piccolo aneddoto: purtroppo oggi la tendenza del suono dei violini moderni, ma anche di quelli antichi, è quella di un suono "teso", analitico, che persegue criteri di potenza a scapito della qualità e della plasticità timbrica. Qualche anno fa ero per lavoro nella città di San Francisco e ne approfittai per andare a vedere il famoso "David" Guarneri del 1740 appartenuto a Jascha Heifetz presso il Legion of Honor museum, purtroppo capitai nel periodo in cui lo strumento era in consegna al primo violino della San Franciso Symphony Orchestra, quindi mi limitai ad ammirare le statue di Rodin e i paesaggi di Tivoli raffigurati dagli artisti del Gran Tour.

Fortuna volle che proprio in quei giorni la SFSymphony teneva una serie di concerti presso uno dei principali teatri della città, quindi colsi l'occasione di andarvi ad assistere. Mi trovai ad una distanza di circa una trentina di metri dal primo violino e quando fu eseguto un "solo" ebbi un sobbalzo d'emozione nel percepire un suono estremamente pervasivo e dolce, poche volte mi era capitata una cosa simile, una esperienza d'ascolto simile la ebbi anni prima ascoltando Mariana Sirbu che suonava il "Conte de Fontana" ex Oistrakh del 1702 di Stradivari.

Oggi molti strumenti originali non posseggono più quella qualità timbrica, complice una certa esecuzione "analitica" di cui Massimo Quarta è uno degli esponenti di spicco, per cui l'espressione musicale può diventare un errore, piuttosto che un'espressione personale. Eppure vediamo nei concerti come questo modo di suonare esponga il musicista ad eseguire letteralmente sul filo del rasoio, e quindi a sbagliare in modo forse anche più evidente rispetto al passato. Seguire un certo criterio di perfezione esecutiva produce una musica fredda e ripetitiva, lo stesso vale per chi costruisce strumenti.
andante con fuoco
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Re: Violini su modello Amati

Messaggio da stephanie »

Grazie mille Claudio per la risposta così precisa e dettagliata. Sono davvero contenta di avere capito di più di questo meraviglioso mondo della liuteria.

Per il suono degli strumenti (e dei violinisti) moderni, sono perfettamente d'accordo con te. La musica è e dovrebbe essere sempre espressione personale. Del resto se si ascoltano i "grandi" del passato (e tra l'altro di un passato neanche così lontano) li si possono riconoscere immediatamente dal suono. Chi non saprebbe riconoscere il suono di Fritz Kreisler? O il suono scuro ed energico di Leonid Kogan? O quello dolcissimo di Mischa Elman? Oggi, purtroppo, il livello si è sempre più uniformato e molti violinisti "moderni" purtroppo si assomigliano l'uno con l'altro nella qualità timbrica. Certo, un bel suono, nulla da dire, ma davvero poco personale, che peccato.

Ancora grazie di tutto il tempo e della pazienza, buona serata,

Stéphanie

P.S.: A proposito di Massimo Quarta, in quegli anni seguivo alla radio tutte le prove pubbliche del Concorso Paganini e mi ricordo che ero rimasta un po' sorpresa (ed anche in fondo un po'... delusa) del primo premio a Quarta, mi ricordo che il secondo premiato, Florin Croitoru mi aveva colpita molto di più, soprattutto a livello di espressione.
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claudio
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Re: Violini su modello Amati

Messaggio da claudio »

E' bello condividere opinioni ed esperienze con chi apprezza, ma tieni presente che potremmo essere etichettati come "datati", visto che c'è una quantità sempre maggiore di musicisti che durante le esecuzioni amano mettere il pilota automatico, lasciando la musica ad una pura espressione tecnica.

Qualcosina ci sarebbe da dire anche sul leggendario Salvatore Accardo, grandissimo esecutore dotato di una musicalità innata, da sempre uno dei miei favoriti, che nell'intervista che hai linkato attribuisce la bravura di Paganini alle dita straordinariamente lunghe e snodate delle sue mani.

Forse avrai sentito parlare del controverso Giuseppe Gaccetta, che fu dapprima celebrato come erede della scuola di Paganini, e poi tacciato di plagio. Io conosco alcuni bravi musicisti che non solo mi hanno parlato di Gaccetta, ma che da lui hanno anche tratto insegnamento, visto che negli ultimi anni l'anziano maestro genovese si dedicò all'insegnamento della tecnica perduta.

Ebbene, io ho visto suonare violini e viole nel modo esatto descritto da Accardo, da musicisti assolutamente normali, con mani normalissime. Era una questione di pura tecnica, che riassunta in modo molto succinto consiste nel far perno con il pollice della mano sinistra su un punto del manico, per lasciare il palmo e il resto delle dita libere di distendersi fino alle posizioni più alte. E' una tecnica molto particolare e anche molto bella da vedere, quello che viene insegnato oggi universalmente come tecnica violinistica, è principalmente derivata dalla scuola tedesca, per cui vi è una distinzione "rigida" ed esatta tra le varie posizioni, che richiede per ognuna lo spostamento del pollice assieme a quello della mano intera nei cambi di posizione.

Dico questo perché anche se come violinista non sono un granché, la mia prima insegnante di violino, la livornese Rita Bacchelli, aveva un modo di suonare simile, anche se la mano sinistra ed il pollice continuavano a spostarsi nei cambi di posizione.

Credo che rispetto all'argomento iniziale siamo andati leggermente fuori tema, ma abbiamo pur sempre parlato di qualità del suono.
andante con fuoco
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Re: Violini su modello Amati

Messaggio da stephanie »

Avevo sentito parlare di Giuseppe Gaccetta e, a parte la questione del plagio sull'incisione dei capricci di Paganini, mi sembra che se ne parlasse molto bene come didatta.

Per i cambi di posizione lasciando il pollice fermo a mo' di perno, credo che anche Ruggiero Ricci usasse una tecnica simile, e sostanzialmente senza spostare il pollice potesse spostarsi di diverse posizioni, solo allungando le dita, almeno così dicevano.

Sono d'accordo che un'impostazione troppo rigida della mano sinistra non sia positiva. Credo che niente che porti rigidità sia alla fine positivo.

Mi ricordo che quando ho tolto la spalliera, quindi quasi 30 anni fa, avevo istintivamente sentito subito la necessità di approntare una tecnica più flessibile con la mano sinistra, con il pollice che non segue necessariamente e parallelamente a mo' di "carrello", come invece spesso viene insegnato nei conservatori, questo aiuta anche il sostegno dello strumento con la mano sinistra. Avere il pollice a volte un po' indietro rispetto al resto della mano permette infatti, almeno secondo me, un sostegno migliore con più superficie di appoggio e cambiamenti di posizione più fluidi e morbidi, una minore rigidità che si traduce anche in una migliore qualità del suono, a mio modo di vedere.

Purtroppo spesso l'insegnamento viene sempre più standardizzato, si tende a spingere gli allievi a seguire una determinata strada già tracciata, anziché spronarli a ricercare la propria. Io ho avuto la fortuna di avere un carattere abbastanza indipendente, per cui ho cercato anche di ascoltare quello che il mio corpo in qualche modo cercava di dirmi.

È avvenuto togliendo la spalliera, passando alla presa russa dell'arco, ritornando alle corde in budello, ed in tanti altri dettagli che però mi hanno permesso di trovare il mio modo di suonare, non quello preconfezionato che, seppur validissimo, non è detto che si adatti a tutti in tutto.

Ma qui si aprirebbe un altro, lungo, discorso, sul ruolo del docente che non dovrebbe pensare di creare dei piccoli "cloni" di se' stesso, ma permettere invece ai suoi allievi di sviluppare la propria, unica, personalità.

Invece mi sono sempre trovata a dovere discutere con gli insegnanti per difendere le mie scelte. Poi, quando vedevano che funzionavano, allora si tranquilizzavano, anche se avrebbero sicuramente preferito un approccio più corrispondente allo standard.

Ed in effetti per un insegnante è più semplice avere allievi tutti con la spalliera, corde a medio-alta tensione,stessa presa d'arco, perché così si insegna più o meno nello stesso modo a tutti. Ma il ruolo di un insegnante dovrebbe essere quello di permettere agli allievi di trovare la loro, personale, strada per diventare dei buoni musicisti.

Per questo credo che trovare un bravo insegnante sia qualcosa di molto difficile.

Abbiamo forse un po' divagato, ma alla fine mi sembra di capire che, sia per quanto riguarda la costruzione dello strumento, sia per quello che concerne l'esecuzione, si stia andando verso una direzione sempre più uniforme e stereotipata, quasi seguendo una determinata moda, che purtroppo rilega l'epressione musicale, la poesia del suono, la personalità dell'interpretazione ad un ruolo quasi secondario.

Buona serata e buona musica,

Stéphanie
CarloPi
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Re: Violini su modello Amati

Messaggio da CarloPi »

Volevo fare i complimenti per questa discussione poichè in essa ho trovato argomenti rari, ben illustrati, chiari e densi. E' difficile trovare un compendio di informazioni che esulano dalla mera costruzione ma che invece afferiscono alla filosofia del progetto e alle scelte che portano a determinate forme e, conseguentemente, a ben determinate timbriche.
Trovo preziose le considerazioni su quello che definirei un suono "perduto" che necessità orchestrali stanno via via portando all'oblio.

Vorrei chiedervi se ci sia da temere una sorta di omologazione sonora, quindi costruttiva ed esecutiva oppure se esistano nicchie di conservazione e di "coltura" sostenibile di queste sonorità diverse e dove cercarle.
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