Pollens e il barocco

Suonare e costruire i violini
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Tancredi
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Pollens e il barocco

Messaggio da Tancredi »

Buongiorno a tutti,
è tanto che non scrivo sul forum, ma vi leggo sempre con costanza.
Ho trovato un articolo di Stewart Pollens sul violino barocco scritto con l'intento di sfatare alcuni "miti" sulla sua costruzione. In particolare vengono presi in analisi il manico, la tastiera e la pressione delle corde sulla tavola.

L'articolo lo trovate qui:
http://scholarship.claremont.edu/cgi/vi ... ontext=ppr

Può essere considerato un saggio attendibile? Qual è la vostra opinione in merito?

Come sempre vi ringrazio per la disponibilità.
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davidesora
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Messaggio da davidesora »

Interessante articolo, grazie per la segnalazione.

L'analisi dei modelli originali è accurata e eloquente, le conclusioni di Pollens secondo me sono giuste.
Anche sulle corde mi trova d'accordo, le tensioni dell'epoca antica non differivano molto da quelle attuali, a volte erano addirittura superiori.

Non c'è poi tutta la differenza che si è portati a credere tra set up barocco e moderno, l'evoluzione moderna è legata alle rinnovate esigenze di suonabilità nelle posizioni avanzate ed interessa principalmente la riduzione delle dimensioni del manico e uno sforzo di standardizzazione delle misure fondamentali per agevolare il lavoro ai musicisti.
Sicuramente nel passato non esisteva uno standard e quindi le differenze tra le diverse aree geografiche di produzione potevano essere anche rilevanti, ma credo che alla fine siano sopravvissute le misure e dimensioni che funzionavano meglio, in una sorta di selezione naturale della specie.
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claudio
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Messaggio da claudio »

Ho dato un rapido sguardo all'articolo, mi riprometto di studiarlo in modo più approfondito. Al momento però non riesco a capire quali siano le "misconceptions" di cui parla Pollens riferite agli strumenti barocchi.
andante con fuoco
Tancredi
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Messaggio da Tancredi »

Ringrazio Davide e Claudio per le risposte.
Credo che le "misconceptions" cui si riferisce siano i luoghi comuni relativi al manico, al ponte e alla tensione delle corde.
Di solito si pensa allo strumento barocco con il manico montato "dritto", con un ponte più basso e una tensione delle corde minore rispetto a quella odierna.

Quando si "sfatano i miti" mi chiedo sempre qual è l'attendibilità di ciò che si afferma, è per questo che ho creduto oppurtuno rivolgermi a questo forum :D
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davidesora
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Messaggio da davidesora »

Tancredi ha scritto:Ringrazio Davide e Claudio per le risposte.
Credo che le "misconceptions" cui si riferisce siano i luoghi comuni relativi al manico, al ponte e alla tensione delle corde.
Di solito si pensa allo strumento barocco con il manico montato "dritto", con un ponte più basso e una tensione delle corde minore rispetto a quella odierna.

Quando si "sfatano i miti" mi chiedo sempre qual è l'attendibilità di ciò che si afferma, è per questo che ho creduto oppurtuno rivolgermi a questo forum :D
Le affermazioni di Pollens sono valide rispetto al lavoro di Stradivari, ma sicuramente altri liutai mettevano il manico effettivamente dritto (a 90° con la fascia).
Una "misconception" è quella di considerare tutti i manici barocchi dritti e più corti del normale, mentre invece già allora i liutai più lungimiranti usavano misure più performanti e molto vicine alle attuali.
Un'altra "misconception" è sulla tensione delle corde che non è vero che fosse sempre più bassa ma poteva anche essere superiore a quella attuale, cosa che già avevo sentito illustrare da Mimmo Peruffo (Aquila corde armoniche) in un seminario che aveva tenuto qui a Cremona sulla fabbricazione delle corde in budello.
Peruffo ha svolto studi piuttosto approfonditi al riguardo, in quanto parte della sua produzione è rivolta proprio alla ricostruzione di corde barocche.
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claudio
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Messaggio da claudio »

La questione per me è, e rimane, piuttosto complessa, comunque apprezzo l'intenzione di Pollens di fare chiarezza sul violino barocco, anche se non mi trovo d'accordo con il modo in cui ha impostato la sua ricerca.

Penso che soprattutto, semmai fosse il caso di ricordarlo, il violino, e più in generale gli strumenti ad arco, sono creati per suonare.

Ma cosa devono suonare? questa per me è la domanda essenziale da cui bisogna partire per una ricerca che possa trovare un minimo di applicazione pratica. Infatti, guardando al violino barocco, noi non vediamo solo una evoluzione del violino (e degli altri strumenti del quartetto), ma assistiamo a fenomeni musicali che mutano profondamente in un arco cronologico molto ampio: dalla metà del 1500, alla metà del 1700.

Da Monteverdi a Leopold Mozart di strada se ne fece parecchia e la musica, al pari degli strumenti con cui era suonata, si è evoluta in modo sostanziale e irreversibile.

Fa bene Pollens a rimarcare che i violini barocchi non fossero costruiti tutti in un unico modo: manico "dritto" e più corto, ponticello basso, catene più corte e più basse, ma non tutti erano così, come del resto anche il "La" variava molto da regione a regione, essendo la musica un vero e puro linguaggio, come tale ne seguiva le stesse sorti, "dialetti" compresi.

Mi sembra che nell'articolo non sia stato menzionato il violino intarsiato di Stradivari dell'anno 1683, è uno strumento più piccolo del normale:
https://www.claudiorampini.com/modules.p ... pic&t=3695

L'anno è abbastanza vicino a quello in cui fu costruita la viola tenore "Medicea", anno 1690, e credo che questi strumenti siano abbastanza rappresentativi di un certo modo di interpretare il repertorio, ma certo questo non è stato l'unico modo di costruire viole e violini, poichè la ricerca sulla suonabilità e sul timbro erano in costante evoluzione.

Anche le ricerche sulle corde e le riflessioni sulle indicazioni sono sicuramente importanti, ma se non abbiamo nell'orecchio il repertorio e il tipo di suono che vogliamo ottenere, rischieremmo di perderci nella infinità possibilità di scelta tra calibri di corde e manici e ponticelli delle fogge più diverse, senza possibilità di poter capire quello che stiamo facendo.

In questo senso ci aiuta molto la filologia musicale, che ci aiuta a far luce sugli autori e sugli strumenti delle varie epoche. E comunque siamo ancora ben lontani dall'avere certezze, basti dare uno sguardo a come gli stessi brani di musica antica (Bach, Vivaldi, Telemann, ecc ecc), vengano sottoposti ad ogni tipo di esperimento con la conseguenza di avere interpretazioni spesso così diverse da far sospettare alle volte che si stia eseguendo uno stesso autore.

Quindi per fa bene chi come Peruffo ed altri produttori di corde ricerchi e si ingegni per coprire un range più vasto possibile per coprire ogni tipo di esigenza, ma il problema per il musicista rimane sempre aperto: come eseguire un certo brano di musica antica?

Molto spesso si cerca di fare un compromesso tra un "viziato" orecchio moderno ed uno che si presume "antico", tuttavia il violinista contemporaneo vive il problema ancora più grande di doversi liberare da decenni di studio del violino moderno (scuola tedesca, francese, russa, belga...), senza che per questo oggi si sia ancora fatta sufficiente luce sul modo antico di suonare italiano.

Eppure i repertori di Paganini e di Locatelli danno indicazioni importanti in tal senso, soprattutto per quel che riguarda le tecniche di improvvisazione, ma il musicista contemporaneo è incapace di ritrovare una simile libertà. Paradossalmente potrebbe fare qualche progresso dandosi al jazz, ma questo lo costringerebbe a "tradire" quella gabbia in cui è nato e cresciuto.

Ciò detto, allo stato attuale delle cose, un violinista barocco che volesse iniziare un cammino a ritroso nel tempo, deve quasi necessariamente scegliere uno strumento cosiddetto di "transizione", ossia quello stesso che sembra essere suggerito da Pollens: uno strumento con manico leggermente angolato e abbastanza snello sia in larghezza che in spessore, la cui lunghezza non sia troppo dissimile dai 130mm oggi in uso. Sul ponticello e sulla catena si è abbastanza liberi e il liutaio agisce a discrezione a seconda del suono che vuole ottenere.

Strumenti di "transizione" come quello descritto iniziarono a diffondersi dalla metà del 1700 in poi, epoca in cui iniziò la trasformazione "alla moderna" degli strumenti classici. Con uno strumento del genere si può affrontare anche un repertorio molto antico senza che una qualità timbrica ancora piuttosto credibile, ma affrontare autori come Veracini, Locatelli, Geminiani, Corelli, Bach, Vivaldi, con un violino tipicamente pre-1700 rappresenta un autentico salto nel buio, poichè un manico più corto, più spesso e largo, unitamente ad una tastiera molto corta, impedirebbe una completa libertà d'azione al musicista.

In una sua memoria il drammaturgo Carlo Goldoni è testimone diretto di un concerto di Vivaldi e del suo grande virtuosismo, ad un certo punto, egli dice che le dita del musicista si spingevano così avanti sulla tastiera, impigliarsi sul ponticello. Chissà che strumento suonava in quel momento Antonio Vivaldi?

Sicuramente, problemi interpretativi e costruttivi a parte, un violino barocco, assieme ad una oculata scelta di corde, è in grado di sviluppare una quantità di armonici sconosciuta al violino moderno, ed in questa direzione penso debba spingersi la nostra ricerca.

Piccolo particolare tecnico: Pollens scrive ad un certo punto che gli avvolgimenti di un diametro variabile da 0.12 a 0.13mm, come suggerito da Peruffo, non fossero disponibili all'epoca di Stradivari. Io non so dare una risposta certa in tal senso, ma se osserviamo che già da epoche antichissime (Roma e Grecia antica), la metallurgia e l'oreficeria furono in grado di produrre fili metallici sottilissimi, sicuramente al tempo di Stradivari si sapeva fare questo e ben altro, basta dare uno sguardo alla storia della tecnologia dei materiali. Altrimenti potremmo rimanere anche noi, a nostra volta, vittime di una "misconception".
andante con fuoco
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