andrea69 ha scritto:
da "Stradivari, storia di un genio, 5 violini ed un violoncello" di Toby Faber, Ed. Rizzoli, pag 282.
25 anni fà, Charles Beare riteneva che i liutai avessero ancora molto da lavorare anche solo per raggiungere un'abilita pari a quella di Vuillaume, per non parlare dei grandi artigiani classici cremonesi. Ora egli è invece convinto che gli standard si stiano infine avvicinando a quelli raggiunti da Stradivari e dai suoi contemporanei. Sembra che, dopo aver sacrificato per lungo tempo un'enorme quantità di energie per cercare di scoprire la formula "perduta" della vernice di Stradivari, sia bastato impegnarsi a costruire degli strumenti migliori per ottenere subito immesi progressi.
E questo cosa c'entra con il fatto che i liutai di vent'anni fa siano "peggiori" di quelli di ora? Sembra invece che molti liutai moderni siano diventati molto più bravi non solo dei colleghi delle precedenti generazioni, ma addirittura anche più dei liutai classici cremonesi, Stradivari incluso. Peccato che queste siano solo tante belle parole, perchè i fatti parlano molto diversamente.
Anche la ricerca scientifica applicata all'informatica ha sicuramente fatto la sua parte. Se i grandi solisti di oggi comprano gli strumenti odierni di Greiner, Zygmutowicz, Borman, Scott Cao, David Baguè ed altri, evidentemente sanno che con simili strumenti non sfigurano al paragone dei loro strumenti antichi. 20 anni fà gli stessi solisti o quelli della precedente generazione non potevano affermare altrettanto, e lo strumento antico si dimostrava perciò necessario.
Hai mai visto uno strumento di Scott Cao? Hai mai sentito o suonato uno strumento di Zygmuntowicz?
Se quello è un buon suono allora vuol dire che sono diventato sordo. E' pur vero che stai parlando di abili copisti (però Baguè non so nemmeno chi sia), ma un conto è "far sembrare" uno strumento uguale ai classici, tutta un'altra faccenda è farlo suonare. E la tendenza moderna, purtroppo, è quella di gettare il fumo negli occhi della gente con "effetti speciali" (antichizzazioni) ed oculate operazioni di marketing.
I calibri e gli spessimetri a controllo numerico sono di recentissima costruzione, inoltre oggi rispetto a 20 anni fà si possono trovare una quantità, qualità e varietà di attrezzi per liuteria assai superiore. Zygmuntowicz e Greiner fanno inoltre numerosi studi acustici e statici con l'ausilio informatico, cosa impensabile 20 per questione di costi e capacità di calcolo dei computer di allora.
"calibri e spessimetri a controllo numerico" devi averli visti in qualche film di Star Trek, se invece intendi strumenti di misura muniti di comparatore decimale o centesimale mi pregio avvertirti che il detto comparatore fu un qualcosa nato più di un secolo fa. Ma strumenti di misura a parte, è impensabile affidare la bontà di uno strumento ad arco alla precisione di uno spessimetro con comparatore: se non si hanno le idee chiare si rischia perlopiù di avere un precisissimo violino sbagliato. Quel che fanno Zymuntowicz e Greiner io lo rispetto ma non lo condivido, secondo me la liuteria non ha bisogno di ordigni strani e strumenti straordinari, il suono lo deve avere il liutaio dentro il suo cuore, non può affidarlo ad uno strumento informatico. E poi, in ogni caso, il computer ti restituisce dei grafici o al massimo ti consente di controllare delle frequenze, ma come detto più volte in questo forum, niente può sostituire le orecchie e le mani di un buon liutaio.
Nessuno 20 fà avrebbe fatto una bella copia di Andrea Amati.
Ma non eri tu quello che "odia" gli Amati? Bisogna ringraziare Marco Anedda se ti ha fatto cambiare idea. Peccato che non ci sia riuscito l'opera di Andrea Amati e quella dei suoi figli.
E poi fare una "bella copia" di un violino non dovrebbe rappresentare lo scopo ultimo di qualsiasi liutaio. Insomma, bisognerebbe ispirarsi più alla sostanza del suono piuttosto che alle forme. E come hai già scritto qualche giorno fa sembra che Anedda ci sia riuscito. Punto.
Infatti, solo la libera circolazione delle idee porta al vero progresso. I liutai del '900 o precedenti hanno però avuto l'umiltà di mettere in discussione sempre il loro prodotto al fine di migliorarlo (ricordo che Gaetano Pollastri buttava nel fuoco tutti gli strumenti che a suo giudizio non riuscivano bene...). Cosa impensabile oggi, visto che nella liuteria ha preso il sopravvento il commercio sull'amore per l'arte.
Che Pollastri buttasse nel fuoco gli strumenti riusciti male non lo so, ma penso sia un buon viatico per tutti noi: non bisogna mettere in circolazione strumenti che suonano male. Ma prima di tutto bisogna intendersi bene su ciò che è il cosiddetto "buon suono", altrimenti non la finiremo mai di discutere sul sesso degli angeli.
Dal mio punto di vista, e soprattutto a Cremona, si è continuato a considerare sacro ed intoccabile ciò che è ritenuto il metodo classico cremonese, basato sugli scritti di Sacconi. Ciò ha portato a costruire strumenti rigidi, dai suoni legnosi e difficili da suonare. Io lo chiamerei invece "metodo Sacconi". Da più parti le sue conclusioni sono state criticate e addirittura contraddette (avete letto "The Strad" di agosto 2006?). Sono pienamente convinto che il metodo costruttivo di Stradivari e degli altri contemporanei fosse completamente differente (basato su quinte di curvatura INTERNE e non esterne come ci si ostina a credere). E' comunque sicuro che gli strumenti di Stradivari non erano ritenuti i migliori nella sua epoca,anche se i più sonori, e ciò di cui godiamo oggi è il risultato di una modernizzazione dello strumento in molte sue parti. Questo più l'uso costante (e quasi sempre da parte di solisti di primo ordine) ha fatto si che gli strumenti stradivariani diventassero giustamente il mito che sono oggi.
Dire che lo stile moderno cremonese sia basato sugli scritti di Sacconi è una grossa inesattezza, a Cremona ci sono tantissimi liutai che costruiscono violini seguendo il metodo della forma esterna, le cui origine è notoriamente francese. Sacconi resta uno dei più grandi liutai e restauratori del '900, non è il tentare di screditarlo che lo renderà meno grande. Quando morì Wurlitzer il povero Sacconi si trovò al centro di interessi avidi degli altri colleghi che solo l'autorità di Wurlitzer medesimo riusciva a tenere a bada. Gli ultimi anni di vita di Sacconi sono stati contrassegnati da un'amarezza infinita che riusciva a mitigare in parte facendo i suoi periodici viaggi in Italia. Fu proprio tra gli anni '60 e '70 che Sacconi insieme al suo allievo italiano, Francesco Bissolotti, riordinò il museo degli strumenti di lavoro della bottega di Stradivari e concepì "I segreti di Stradivari". L'opera, come già detto più volte in questa sede, era imperfetta e si stava pensando ad una seconda edizione rivista e corretta, ma la morte non dette a Sacconi il tempo di farlo.
"Sono pienamente convinto" non significa niente, o si dimostra quel che si dice o si prenda atto della realtà: gli strumenti di lavoro stradivariani sono esposti nel museo di Cremona, Sacconi li ha solo riordinati e catalogati, si può andare ad esaminarli con tutta tranquillità senza il timore che qualcuno possa averli alterati. Per inciso, mi è capitato di esaminare e suonare qualche strumento costruito da Sacconi prima della suo trasferimento in America e sono rimasto colpito dalla bellezza del loro suono e dalla maestria con cui erano stati costruiti. E comunque lo scopo di questo sito non è quello di magnificare l'opera di Sacconi, bensì quello di dare un contributo a far sì che venga mantenuta la tradizione italiana della liuteria.
Forse alla sua epoca si poteva dire così, oggi le cose sono un pò cambiate, basta guardarsi attorno al di fuori di Cremona, perchè i francesi, gli americani, tedeschi, cinesi ed altri non sono stati certo a guardare.
Il mito del violino non è solo un mito, in tutte le epoche i liutai italiani hanno dimostrato di avere il suono nelle loro mani. Ma questo non toglie valore ai bravi liutai delle altre nazioni.
Questo poteva esser vero qualche anno fà, oggi si fanno strumenti su modello Rogeri (G.Lazzaro), Pietro Guraneri di Venezia (F.Fasser), Andrea Amati (M.Anedda), Guarneri del Gesù 1735 (T. Borman e Anedda), Tommaso Balestrieri (F. Simeoni) e il modello Stradivari comincia ad essere molto meno gettonato.
Sugli strumenti romeni, polacchi e cinesi in bianco riverniciati in Italia abbiamo parlato tempo addietro. E i cinesi da 500 euro permettono agli studenti non abbienti di avvicinarsi allo studio (ricordo invece le difficoltà dei miei genitori a comprarmi il mio primo strumento decente a Cremona...)
Non vedo dove sia il contraddittorio in queste tue parole, cmq hai citato tutti liutai che lavorano fuori da Cremona. Anche questo vorrà pur dire qualcosa. E cmq nella vita di un liutaio di qualsiasi epoca c'è sempre stato il cimentarsi con forme e modelli cosiddetti "minori". Sarebbe una bella noia costruire violini su un unico modello per tutta la vita.
Basta solo fare come faceva Pollastri, cosa per fortuna più presente nela coscienza dei giovanissimi liutai odierni che in quella di anni fà.
Non so su cosa si basi la tua certezza, a me non sembra affatto che i liutai della precedente generazione abbiano costruito strumenti un pò a casaccio rifilando bidoni a destra e a manca. Se si crede una cosa del genere vuol dire che si conosce poco o niente del lavoro dei liutai delle varie epoche.