Fabio_Chiari_liutaio ha scritto:Appurato che non la pensiamo alla stessa maniera sul modo di vedere la liuteria del passato e la maniera di muoversi oggi sul mercato internazionale per il futuro, si potrebbe sapere la tua ricetta nei confronti degli attacchi provenienti ormai sempre più massicci dall'estero? Perchè se mi convinci con una proposta che tenda a ridare peso alla nostra professione, io sarei anche capace di darti ragione......non mi vergogno mica a dare ragione ad uno che ce l'ha!
Io invece sto continuando a chiedermi cosa possa spingere te e il M° Vettori alla cosiddetta "rottamazione degli Stradivari", quando ben si sa che esistono centinaia di strumenti antichi in perfetta salute. Fortunatamente non mi è finora capitato di sentire iperboli del genere da altri liutai, perchè altrimenti mi preoccuperei sul serio.
Arrivare a considerare il violino antico, un prodotto della nostra arte e della nostra cultura, una minaccia al lavoro del liutaio contemporaneo è un passaggio mentale che francamente non riesco ad individuare.
Io amo e apprezzo moltissimo gli strumenti antichi: li ho ascoltati, li ho esaminati, qualche volta li ho anche riparati e messi a punto, ogni giorno imparo tantissimo da questi legni antichi e dal suono che sono ancora capaci di produrre. Arrivare a vedere una minaccia in uno Stradivari mi sembra talmente assurdo e suicida, che non riesco nemmeno a prendere sul serio le tue parole.
Gli strumenti di Zygmuntowicz o di Greiner, solo per citare i già molto citati liutai fuoriclasse, in specie del secondo ne abbiamo sentito già parlare nell'articolo del prof. Renato Meucci, il quale affermava, analogamente a quanto è riportato nell'articolo dell'Economist, che un violino moderno ha un suono del tutto equiparabile a quello di un violino antico ad una frazione del suo costo. E che un violino di Greiner costa quanto una piccola utilitaria: non so che utilitarie ci siano in circolazione in questo momento in Europa, ma mi pare che fra i 30.000 e i 40.000 euro si possa acquistare un auto di gran lusso, che purtroppo non è alla portata di tutti.
Ma ammettiamo che lo studente o il professionista arrivino a procurarsi uno di questi gioielli della liuteria moderna, in fondo molto economici rispetto ad un Amati o ad uno Stradivari. Ammettiamo pure che la cosiddetta "luna di miele" con il nuovo strumento duri un anno o due, e che poi si cominci a desiderare qualcosa di diverso, magari un vero ed autentico violino antico, oppure un violino moderno migliore che costa però una frazione di quello di Greiner o Zygmuntowicz (quindi si tratterebbe di una frazione di una frazione di uno Stradivari). Magari si vorrebbe rivendere il Greiner e guadagnarci ancora qualche soldo sopra, in fondo quello strumento lo si è suonato e lo si è migliorato con l'uso, non ci dovrebbero essere problemi a rivenderlo magari a 45.000 euro.
Invece i problemi ci sono eccome, perchè aldifuori di discutibili aste e speculazioni commerciali, questi strumenti semplicemente non reggono il prezzo a cui sono proposti. E' vero che il prezzo di uno strumento lo fa il liutaio, ma è anche vero che il liutaio deve confrontarsi con il mercato.
I massicci attacchi: io non vedo nessun massiccio attacco alla nostra liuteria, i nostri Capicchioni, Poggi, Garimberti, Ornati, e via dicendo, godono tutt'oggi di ottima salute e sono molto apprezzati in Italia e all'estero. Loro non hanno avuto fretta di apprezzarsi, ed un autore può richiedere molto tempo per apprezzarsi. Piuttosto mi preoccupa un vuoto di contenuti e motivazioni, che sembra caratterizzare il mondo italiano della liuteria. A fronte di continue e serie ricerche sugli strumenti della nostra tradizione condotte umilmente dai colleghi di altri paesi, è il caso di dire che spesso il nostro liutaio rimane su un albero a cantare antiche glorie e a pretendere pure rispetto per questo.
Io invece sono convinto, forse perchè non ho avuto maestri illustri di cui vantarmi alle spalle, che niente ci è dovuto e che il passato di gloria, una volta che lo si è perso, è passato per sempre. Sono anche convinto che dobbiamo lavorare e soffrire più degli altri, non tanto per riprodurre l'antica gloria, ma per crescere e riflettere sull'eredità che fino ad oggi sembra che abbiamo gettato alle ortiche. Il paradosso è talmente evidente che ci sarebbe da ridere, se non ci fosse veramente da piangere, molti giovani liutai vengono a formarsi in Italia, poi ritornano nel loro paese e riescono magari a farsi un nome, e si sente poi affermare che in Italia non si sanno più costruire strumenti.
Io non mi illudo certamente di convincere a vivere il suicida che vuole uccidersi con una pistola a caricata a salve, ma sviluppare una mia identità facendo tesoro dei "rottami" dell'antichità, questo finora mi è concesso farlo.