Il suono della viola
Il suono della viola
Su invito di Claudio apro questo argomento che è di interesse primario, anche se ripeto che purtroppo non posso assicurare la mia regolare presenza.
Oltre ad un aspetto di gusto personale riguardo al suono della viola, io ritengo che la prospettiva più utile alla nostra osservazione sia:
in che modo la viola, come strumento, come registro e come voce, soddisfa le esigenze musicali?
Non dico questo solo in relazione all’impiego solistico, cameristico o orchestrale dello strumento, ma piuttosto mi riferisco al quoziente di “trasparenza"
Oltre ad un aspetto di gusto personale riguardo al suono della viola, io ritengo che la prospettiva più utile alla nostra osservazione sia:
in che modo la viola, come strumento, come registro e come voce, soddisfa le esigenze musicali?
Non dico questo solo in relazione all’impiego solistico, cameristico o orchestrale dello strumento, ma piuttosto mi riferisco al quoziente di “trasparenza"
Domanda da (quasi) ignorante: che tipo di viola prevedevano i vari compositori come Beethoven, Mozart, Haydn, ecc ecc nei loro quartetti?
La curiosità, o piuttosto il bisogno di conferma, nasce dal fatto fino ad ora pensavo che le viole tenore date le loro grosse dimensioni fossero riservate ad un ruolo di mero accompagnamento.
Mi piace molto il tuo discorso sulla "trasparenza", aggiungo solo che raramente nei quartetti, ma anche nelle orchestre, si dà importanza al cosiddetto "impasto sonoro" che riguarda i cosiddetti "toni medi", i quali vengono spesso trascurati a favore di facili effetti che privilegiano o enfatizzano esecuzioni dai toni estremi. Questo secondo me è un problema sia di esecuzione che di riproduzione della musica. Non entro nel merito di discutere di armonia perchè non è di mia competenza, ma riferendomi al suono, avverto spesso la mancanza di un "corpo" che a mio giudizio è dato proprio dalla capacità non solo dalle viole, ma anche di tutti gli altri strumenti.
Sempre secondo la mia opinione, il fatto che nelle file delle viole vi sia spesso una presenza di violinisti che si sono dati alla viola, non aiuta molto, non perchè i violinisti non siano capaci di suonare la viola, ma perchè spesso i violinisti non affrontano lo studio della viola in modo approfondito e specifico.
La curiosità, o piuttosto il bisogno di conferma, nasce dal fatto fino ad ora pensavo che le viole tenore date le loro grosse dimensioni fossero riservate ad un ruolo di mero accompagnamento.
Mi piace molto il tuo discorso sulla "trasparenza", aggiungo solo che raramente nei quartetti, ma anche nelle orchestre, si dà importanza al cosiddetto "impasto sonoro" che riguarda i cosiddetti "toni medi", i quali vengono spesso trascurati a favore di facili effetti che privilegiano o enfatizzano esecuzioni dai toni estremi. Questo secondo me è un problema sia di esecuzione che di riproduzione della musica. Non entro nel merito di discutere di armonia perchè non è di mia competenza, ma riferendomi al suono, avverto spesso la mancanza di un "corpo" che a mio giudizio è dato proprio dalla capacità non solo dalle viole, ma anche di tutti gli altri strumenti.
Sempre secondo la mia opinione, il fatto che nelle file delle viole vi sia spesso una presenza di violinisti che si sono dati alla viola, non aiuta molto, non perchè i violinisti non siano capaci di suonare la viola, ma perchè spesso i violinisti non affrontano lo studio della viola in modo approfondito e specifico.
andante con fuoco
La viola secondo Haydn Mozart e Beethoven?
Mentre nella musica popolare c’è una tendenza ad abbinare un dato strumento ad un ruolo o addirittura ad una formula,nella musica “d’arte
Mentre nella musica popolare c’è una tendenza ad abbinare un dato strumento ad un ruolo o addirittura ad una formula,nella musica “d’arte
Ultima modifica di giubileo il venerdì 27 giugno 2008, 11:04, modificato 1 volta in totale.
Giubileo, grazie!!
I tuoi interventi sono splendidi, ti ringrazio per le conoscenze che condividi con noi.
Ho visto che hai dato, nel suo ultimo intervento, alcuni riferimenti per l'ascolto.
Per chi come me è profano ed un principiante nella percezione del suono, diventa difficile seguire il discorso. Pertanto mi chiedo se ti fosse possibile suggerire anche gli interpreti, in modo da provare a ricercare qualche fonte audio tramite youtube o su cd.
Ancora grazie!!
Gewa
I tuoi interventi sono splendidi, ti ringrazio per le conoscenze che condividi con noi.
Ho visto che hai dato, nel suo ultimo intervento, alcuni riferimenti per l'ascolto.
Per chi come me è profano ed un principiante nella percezione del suono, diventa difficile seguire il discorso. Pertanto mi chiedo se ti fosse possibile suggerire anche gli interpreti, in modo da provare a ricercare qualche fonte audio tramite youtube o su cd.
Ancora grazie!!
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- Atomino
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- Località: Botticino o Salo', tra Maggini e Gasparo
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Una piccola ricerca online ha fruttato il seguente LINK. Spero di non contravvenire a nessuna regola o principio...... La presentazione dell'opera e della ricerca che ne è la base, sono splendide. Così come le considerazioni fatte da Giubileo in queste pagine, chiarissime anche per un utente "basic" quale mi ritengo.
Grazie
Albert
Grazie
Albert
- Alberto Soccini -
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<t>Scusate per il link privato, ho corretto il mio precedente intervento.<br/>
Gioseffo Zarlino (Chioggia 1517-Venezia 1590) Sacerdote e musicista. Su qualunque enciclopedia si trova di lui. Egli fu colui che riuscì, partendo dallo studio dei suoni armonici, a definire matematicamente le relazioni tra ogni armonico e il suo fondamentale e degli armonici (generati dallo stesso suono fondamentale) tra di loro. Egli riuscì ad esprimere con rapporti matematici sia i suoni appartenenti alla scala diatonica sia gli intervalli, superando il sistema di Pitagora. Con i calcoli di Pitagora infatti gli intervalli di 3a, 6a, 2a, e 7a non risultavano esatti all’orecchio. Zarlino, utilizzando l’intervallo di 3a maggiore presente tra il 4° e il 5° armonico, potè risolvere il problema, che era, a mio giudizio soprattutto un problema di mentalità: occorreva che ad una realtà pur buona empiricamente, corrispondesse una logica forte (in questo caso quella del numero) per dare a questa realtà una dignità che le permettesse un utilizzo nobile, o più semplicemente di essere considerata una verità fondata e fondante. Questa mentalità era allora un metodo di verifica riconosciuto e comunemente accettato, con i suoi pregi e i suoi difetti, metodo che la cultura umanistica di allora aveva raccolto dal mondo antico (vedi oltre a Pitagora anche il De Musica di S. Agostino), in cui l’uomo di cultura era tale se erudito in più discipline e traeva conoscenze e controprove con abituali salti interdisciplinari. Oggi noi abbiamo un metodo di verifica fondato sul metodo sperimentale e sulle derivate epistemologie proprie di ogni disciplina, quindi l’opera di Zarlino e di molti altri ci risulta lontana o insufficiente nei percorsi di argomentazione; ma allora, Zarlino ottenne all’armonia tonale il “diritto
Guarda caso, Zarlino era contemporaneo di Andrea Amati e questo non mi sembra un caso. Se ad un certo punto della nostra storia c'è una convergenza teorico musicale tra compositori e liutai, come mi sembra in questo caso, potrebbe voler dire che ciò che fino ad allora era una conoscenza intuitiva ed empirica, viene finalmente portata alla coscienza e si è in grado di "verbalizzarla" e di fissarne i contenuti.
Riguardo al suono della viola e alla sua tipicità, il tuo intervento mi ha fatto venire in mente i cosiddetti "quaresimali" di Clari ( http://www.tesorimusicalitoscani.org/ca ... asp?aut=50 ), in cui l'uso dello strumento violino veniva temporaneamente interdetto a favore della più "costumata" voce della viola. Questo non serve a riportare la viola a dignità di strumento solista per eccellenza, ma penso faccia capire come la sua possibilità di "canto" sia un qualcosa di unico e insostituibile.
Una delle prime cose che ho notato fin dai miei primi incontri con i violisti e le viole fu l'uso dell'arco, un mondo a parte rispetto a quello del violino, che destò subito il mio interesse. Difficile per me dire in cosa cosa esattamente consista la tipicità dell'uso dell'arco da viola, ma quella che ne ho ricavato è stata un'impressione generale di suono di maggior corpo e note in ogni caso molto meditate e mai tirate via. Non è esattamente dire che i violisti suonano più "lentamente", è che proprio lo strumento viola richiede un'approccio particolare, sia che si esegua il Mosè di Morricone (Asciolla), oppure qualche brano difficile di Hindemith o Stamitz.
Il suono della viola, ad esempio io non amo molto la propensione di molti violisti nel montare le prime due corde della Larsen sui loro strumenti, perchè mi sembra che "sparino" un pò troppo, andando un pò ad incrinare quel concetto di suono "nasale e vellutato" che per me è tipico della viola. Si può disquisire come si vuole sul concetto di profondità del suono, sia esso prodotto da una viola di 39 cm o di 48 cm, ma per quanto riguarda gli acuti secondo me c'è da litigare ancora parecchio.
Altra considerazione che faccio è sull'arco: usare l'arco da violoncello sulla viola forse può andare bene su un tenore, ma per le viole contralto non ne vedo quasi la ragione. C'era Augusto Vismara che suonava con un arco da violoncello ed effettivamente il suo era veramente un bel suono, ma mi chiedo se un arco da viola costruito fuori specifiche potesse svolgere un lavoro migliore, soprattutto dal punto di vista della cavata. C'era un archettaio pisano che poi si trasferì a Milano, che costruiva archi piuttosto pesantucci, ricordo di aver visto un arco da viola pesante circa 78 grammi. Con il senno del poi credo che l'uso di un arco del genere offra i suoi vantaggi.
Giubileo, avevo detto che avevo in mente molte domande, ma i tuoi interventi hanno stimolato le riflessioni di cui sopra, spero che questo non intralci e favorisca a sua volta il tuo discorso sul suono della viola.
Riguardo al suono della viola e alla sua tipicità, il tuo intervento mi ha fatto venire in mente i cosiddetti "quaresimali" di Clari ( http://www.tesorimusicalitoscani.org/ca ... asp?aut=50 ), in cui l'uso dello strumento violino veniva temporaneamente interdetto a favore della più "costumata" voce della viola. Questo non serve a riportare la viola a dignità di strumento solista per eccellenza, ma penso faccia capire come la sua possibilità di "canto" sia un qualcosa di unico e insostituibile.
Una delle prime cose che ho notato fin dai miei primi incontri con i violisti e le viole fu l'uso dell'arco, un mondo a parte rispetto a quello del violino, che destò subito il mio interesse. Difficile per me dire in cosa cosa esattamente consista la tipicità dell'uso dell'arco da viola, ma quella che ne ho ricavato è stata un'impressione generale di suono di maggior corpo e note in ogni caso molto meditate e mai tirate via. Non è esattamente dire che i violisti suonano più "lentamente", è che proprio lo strumento viola richiede un'approccio particolare, sia che si esegua il Mosè di Morricone (Asciolla), oppure qualche brano difficile di Hindemith o Stamitz.
Il suono della viola, ad esempio io non amo molto la propensione di molti violisti nel montare le prime due corde della Larsen sui loro strumenti, perchè mi sembra che "sparino" un pò troppo, andando un pò ad incrinare quel concetto di suono "nasale e vellutato" che per me è tipico della viola. Si può disquisire come si vuole sul concetto di profondità del suono, sia esso prodotto da una viola di 39 cm o di 48 cm, ma per quanto riguarda gli acuti secondo me c'è da litigare ancora parecchio.
Altra considerazione che faccio è sull'arco: usare l'arco da violoncello sulla viola forse può andare bene su un tenore, ma per le viole contralto non ne vedo quasi la ragione. C'era Augusto Vismara che suonava con un arco da violoncello ed effettivamente il suo era veramente un bel suono, ma mi chiedo se un arco da viola costruito fuori specifiche potesse svolgere un lavoro migliore, soprattutto dal punto di vista della cavata. C'era un archettaio pisano che poi si trasferì a Milano, che costruiva archi piuttosto pesantucci, ricordo di aver visto un arco da viola pesante circa 78 grammi. Con il senno del poi credo che l'uso di un arco del genere offra i suoi vantaggi.
Giubileo, avevo detto che avevo in mente molte domande, ma i tuoi interventi hanno stimolato le riflessioni di cui sopra, spero che questo non intralci e favorisca a sua volta il tuo discorso sul suono della viola.
Ultima modifica di claudio il lunedì 30 giugno 2008, 0:20, modificato 1 volta in totale.
andante con fuoco
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<t>Chiedo scusa, ma non ritengo di essere la persona migliore per consigli di discografia; so che altri partecipanti a questo forum possono darne con un orizzonte di ascolto più ampio del mio.<br/>
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Nel parlare del suono della viola non si può trascurare di citare il grande Alessandro Rolla (1757-1841) Che fu violista, violinista, compositore, docente nel Conservatorio di Milano appena fondato e , nel Teatro alla Scala, fu prima viola poi primo dei violini e direttore dell’orchestra anche con mansioni che oggi diremmo manageriali. Nel 1772, a 15 anni, debutta nella Basilica di S. Ambrogio a Milano come solista e compositore, eseguendo il primo concerto per viola che fosse stato udito a memoria dei presenti. Il suono che usciva dal suo strumento veniva considerato così perfetto, che chi lo udiva senza vederlo poteva incorrere nell’equivoco di credere che si trattasse di un cantante! Con ciò Rolla fu considerato il
Su Rolla non so molto di più oltre il fatto che fu uno degli insegnanti di Paganini, ma l'evidenza dimostra che Paganini stesso non fu certo un fenomeno isolato e nato dal nulla. Mi sembra che poco si sia investigato sulle origini della scuola paganiniana che a mio modesto parere può essere considerata una evoluzione della scuola italiana.
Se ci sono altre notizie su Rolla, a parte leggere le varie pubblicazioni che lo riguardano, sono le benvenute.
La viola e la seduzione: senza dubbio il suono della viola può essere spesso paragonato ad un profumo delicato, pervasivo e persistente. Tutti gli strumenti ad arco posseggono questo carattere "pervasivo", l'unica variante è il musicista che si sente portato ad un certo strumento piuttosto che ad un altro. Riguardo al suono di Rolla e suoi contemporanei, mi vengono in mente le corde in budello prodotte con metodi assolutamente artigianali, e degli espedienti a volte ingegnosi dei musicisti per riportare le quinte alla precisione richiesta. Si parlava di levigature con olio, di girare la corda da un capo all'altro e tutto quanto si era in grado di fare per evitare di dover acquistare una corda nuova. Ma non era per tirchieria, è che proprio le corde necessitavano in qualche modo essere "accordate". Gli effetti pratici di questo modo di procedere era un suono di qualità eccezionale. Me ne sono accorto il giorno in cui volli sperimentare un MI in budello prodotto dal mio amico Nicola di Russo nudo su un violino moderno: il suono era di gran lunga più bello e più ricco di armonici, niente a che vedere con quello prodotto da una corda in acciaio a cui siamo ormai abituati.
Ma il problema dei violisti, spesso inconfessato, è di farsi sentire e il timore sempre presente che il proprio suono non corra abbastanza. Secondo me questa è una delle ragioni per cui si tende spesso a montare corde che "sparano", ma il problema è che in questo modo (sempre secondo la mia opinione), è che il suono della viola perde un pò della sua tipicità e nei registri alti rischia di confondersi con quello dei violini.
Se poi, per assurdo, si cerca un certo effetto di prontezza e profondità nelle corde basse, si rischia di perdersi nel suono dei violoncelli.
Ma la viola ha la sua tipicità e per quello che mi riguarda bisogna fare in modo che si esprima la sua identità.
Probabilmente una viola tenore ha un suo carattere così definito che non si corre il rischio di confusioni, ma per quanto riguardo il contralto le cose si complicano parecchio. In questo il liutaio è aiutato dalle dimensioni del musicista, per cui si cerca di non dargli uno strumento di dimensioni tale che non possa essere suonato in modo agevole. La regola non scritta è quella di fornire al musicista lo strumento più grande possibile, anche se a mio parere la capacità sonora delle viole "piccole" (39-40cm), è cosa che dovrebbe essere presa nella giusta considerazione, anche alla luce del fatto che questo tipo di strumenti hanno spesso un suono che "corre" di più rispetto a quelli di dimensioni più grandi. Ma le viole piccole, anche se non sempre, perdono qualcosa nella profondità dei bassi quindi il dilemma è sempre lo stesso: trovare ogni volta il giusto compromesso.
Come hai già accennato tu, Giubileo, il diapason può essere una chiave che può risolvere molti problemi, al punto che si può fin da ora gettare la base per una ipotesi di regola: il diapason è inversamente proporzionale alle dimensioni dello strumento, cioè a dire che possiamo permetterci di costruire strumenti di grandi dimensioni con un diapason di viole di 41cm, oppure di costruire strumenti piccoli con diapason tipici di viole di grandi dimensioni. Questi ultimi sono di particolare interesse perchè possedendo casse armoniche piuttosto compatte e resistenti alle deformazioni, si può lavorare sugli spessori in modo tale che sviluppino una interessante gamma di armonici, anche se ciò non significa necessariamente l'adozione di spessori sottili. Con le viole, rispetto ai violini e ai violoncelli, non si hanno canoni costruttivi rigidi e ci si può sbizzarrire un pò come si vuole.
Se ci sono altre notizie su Rolla, a parte leggere le varie pubblicazioni che lo riguardano, sono le benvenute.
La viola e la seduzione: senza dubbio il suono della viola può essere spesso paragonato ad un profumo delicato, pervasivo e persistente. Tutti gli strumenti ad arco posseggono questo carattere "pervasivo", l'unica variante è il musicista che si sente portato ad un certo strumento piuttosto che ad un altro. Riguardo al suono di Rolla e suoi contemporanei, mi vengono in mente le corde in budello prodotte con metodi assolutamente artigianali, e degli espedienti a volte ingegnosi dei musicisti per riportare le quinte alla precisione richiesta. Si parlava di levigature con olio, di girare la corda da un capo all'altro e tutto quanto si era in grado di fare per evitare di dover acquistare una corda nuova. Ma non era per tirchieria, è che proprio le corde necessitavano in qualche modo essere "accordate". Gli effetti pratici di questo modo di procedere era un suono di qualità eccezionale. Me ne sono accorto il giorno in cui volli sperimentare un MI in budello prodotto dal mio amico Nicola di Russo nudo su un violino moderno: il suono era di gran lunga più bello e più ricco di armonici, niente a che vedere con quello prodotto da una corda in acciaio a cui siamo ormai abituati.
Ma il problema dei violisti, spesso inconfessato, è di farsi sentire e il timore sempre presente che il proprio suono non corra abbastanza. Secondo me questa è una delle ragioni per cui si tende spesso a montare corde che "sparano", ma il problema è che in questo modo (sempre secondo la mia opinione), è che il suono della viola perde un pò della sua tipicità e nei registri alti rischia di confondersi con quello dei violini.
Se poi, per assurdo, si cerca un certo effetto di prontezza e profondità nelle corde basse, si rischia di perdersi nel suono dei violoncelli.
Ma la viola ha la sua tipicità e per quello che mi riguarda bisogna fare in modo che si esprima la sua identità.
Probabilmente una viola tenore ha un suo carattere così definito che non si corre il rischio di confusioni, ma per quanto riguardo il contralto le cose si complicano parecchio. In questo il liutaio è aiutato dalle dimensioni del musicista, per cui si cerca di non dargli uno strumento di dimensioni tale che non possa essere suonato in modo agevole. La regola non scritta è quella di fornire al musicista lo strumento più grande possibile, anche se a mio parere la capacità sonora delle viole "piccole" (39-40cm), è cosa che dovrebbe essere presa nella giusta considerazione, anche alla luce del fatto che questo tipo di strumenti hanno spesso un suono che "corre" di più rispetto a quelli di dimensioni più grandi. Ma le viole piccole, anche se non sempre, perdono qualcosa nella profondità dei bassi quindi il dilemma è sempre lo stesso: trovare ogni volta il giusto compromesso.
Come hai già accennato tu, Giubileo, il diapason può essere una chiave che può risolvere molti problemi, al punto che si può fin da ora gettare la base per una ipotesi di regola: il diapason è inversamente proporzionale alle dimensioni dello strumento, cioè a dire che possiamo permetterci di costruire strumenti di grandi dimensioni con un diapason di viole di 41cm, oppure di costruire strumenti piccoli con diapason tipici di viole di grandi dimensioni. Questi ultimi sono di particolare interesse perchè possedendo casse armoniche piuttosto compatte e resistenti alle deformazioni, si può lavorare sugli spessori in modo tale che sviluppino una interessante gamma di armonici, anche se ciò non significa necessariamente l'adozione di spessori sottili. Con le viole, rispetto ai violini e ai violoncelli, non si hanno canoni costruttivi rigidi e ci si può sbizzarrire un pò come si vuole.
andante con fuoco
Paganini apprese certamente molto da Rolla, tuttavia la diffusa voce secondo la quale Paganini fu allievo di Rolla non è documentata, anzi, è generalmente confutata, almeno nelle pubblicazioni che mi sono capitate sott’occhio. Fin dal primo loro incontro, Rolla si rese conto del talento del dodicenne che gli stava davanti e che eseguiva a prima vista un concerto per violino appena composto da Rolla stesso, e ritenne di non potergli insegnare nulla di più. Certo però, l’arte di Rolla rappresentò per Paganini un modello importante sia nella tecnica strumentale, sia nell’ambito espressivo, inoltre è generalmente riconosciuto che l’origine di alcuni stilemi e generi compositivi di Paganini (come il capriccio) è da attribuire al Rolla.
Per quanto riguarda la tradizione strumentale, la scuola di Rolla (e quindi di Paganini) viene fatta risalire a Giuseppe Tartini; la scuola di Paganini è discesa fino a noi anche attraverso Francesco Sfilio e Giuseppe Gaccetta. Ho amici che per esperienze più dirette delle mie, potrebbero parlare opportunamente di questo. Mi piace ricordare, essendo io anche chitarrista, che certamente la visione tecnica di Paganini sul violino era arricchita dalla sua esperienza sulla chitarra, almeno per quanto riguarda l’uso del pollice nei cambi di posizione.
L’ambito espressivo è quello che mi coinvolge di più. Troppo spesso si mette in evidenza l’aspetto virtuosistico della musica di Rolla e di Paganini, trascurando di sottolineare che, oltre ad eseguire bene le note che scrivevano, questi erano veri musicisti completi, che ammaliavano con il loro belcanto strumentale, altro che virtuosismo! Si sa che Franz Liszt e Robert Schumann furono sconvolti dall’arte espressiva di Paganini, certamente la di là del vestito virtuosistico.
Per quanto riguarda le corde che sparano, sono perfettamente d’accordo con Claudio. I violisti si trovano generalmente in una posizione infelice acusticamente e soffocati nei registri, ma le corde che sparano spesso rimpiccioliscono il timbro. La soluzione migliore secondo me si trova aiutandosi con una buona registrazione in un gruppo da camera; in quel contesto si può valutare meglio come orientarsi nel momento in cui la voce della viola deve emergere solisticamente o insieme agli altri.
Per quanto riguarda la tradizione strumentale, la scuola di Rolla (e quindi di Paganini) viene fatta risalire a Giuseppe Tartini; la scuola di Paganini è discesa fino a noi anche attraverso Francesco Sfilio e Giuseppe Gaccetta. Ho amici che per esperienze più dirette delle mie, potrebbero parlare opportunamente di questo. Mi piace ricordare, essendo io anche chitarrista, che certamente la visione tecnica di Paganini sul violino era arricchita dalla sua esperienza sulla chitarra, almeno per quanto riguarda l’uso del pollice nei cambi di posizione.
L’ambito espressivo è quello che mi coinvolge di più. Troppo spesso si mette in evidenza l’aspetto virtuosistico della musica di Rolla e di Paganini, trascurando di sottolineare che, oltre ad eseguire bene le note che scrivevano, questi erano veri musicisti completi, che ammaliavano con il loro belcanto strumentale, altro che virtuosismo! Si sa che Franz Liszt e Robert Schumann furono sconvolti dall’arte espressiva di Paganini, certamente la di là del vestito virtuosistico.
Per quanto riguarda le corde che sparano, sono perfettamente d’accordo con Claudio. I violisti si trovano generalmente in una posizione infelice acusticamente e soffocati nei registri, ma le corde che sparano spesso rimpiccioliscono il timbro. La soluzione migliore secondo me si trova aiutandosi con una buona registrazione in un gruppo da camera; in quel contesto si può valutare meglio come orientarsi nel momento in cui la voce della viola deve emergere solisticamente o insieme agli altri.
Per chi volesse anche provare un ascolto delle opere di Rolla:
duetti concertati per violino e violoncello
http://users.libero.it/claudioronco/sampl-rolla.htm
concerti per violino e viola
http://www.emusic.com/album/Marco-Rogli ... 97865.html
duetti concertati per violino e violoncello
http://users.libero.it/claudioronco/sampl-rolla.htm
concerti per violino e viola
http://www.emusic.com/album/Marco-Rogli ... 97865.html