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ANTICO E NUOVO.
Tra poche settimane Cremona celebrerà il mondo della liuteria. Storica o contemporanea? Non tutti sanno che oggi, come un tempo, si costruiscono veri e propri capolavori.
di RENATO MEUCCI
Alla domanda su chi sia stato in assoluto il miglior liutaio del passato, qualsiasi interlocutore difficilmente potrà evitare una risposta univoca: «Stradivari!». A questo nome potrebbe poi aggiungere quello di Giuseppe Guarneri del Gesù, o quello altrettanto altolocato di Nicola Amati. Ma c'è da credere che, se costui fosse in grado di proseguire la lista di un ipotetico empireo liutario ben al di là della terna appena menzionata, difficilmente includerebbe nella rosa dei primi trenta o anche cinquanta nomi quello di un solo artefice contemporaneo.
Se ne dovrebbe dedurre che l'abilità costruttiva in tale illustre settore dell'artigianato artistico sia rimasta retaggio esclusivo del passato, e che tale rinomato campo artigianale abbia perso del tutto al giorno le capacità e qualità professionali un tempo così abituali.
Ma allora per chi operano attualmente le migliaia di liutai sparsi in tutto il mondo e dediti alla produzione di violini, viole, violoncelli e contrabbassi? Forse i loro prodotti sono destinati a principianti o a professionisti di discreto talento, mentre gli strumenti del passato sono appannaggio esclusivo destinato ai più celebri concertisti?
Se questa è la vostra convinzione, mi permetto di suggerire la lettura di quanto segue; in caso contrario potrebbe essere sufficiente saltare direttamente alle "conclusioni" di questo scritto.
Premesso che lo spazio a disposizione spinge a toccare solo alcune delle questioni essenziali, rimandando ad altra occasione un più dettagliato approfondimento, vedremo a ogni modo di chiarire, al di là dei tanti pregiudizi e luoghi comuni, quali siano i principali primati della liuteria antica e in quale posizione rispetto a essa si possa collocare la produzione a noi contemporanea.
A sgombrare il campo da ogni possibile equivoco al riguardo, diremo subito che anche oggi, come un tempo, vengono costruiti strumenti della più alta qualità artigianale, veri e propri capolavori di liuteria contemporanea. Una macroscopica differenza al confronto con quelli di un tempo consiste semmai in un paradosso: la quotazione dei migliori strumenti attuali non raggiunge nemmeno quella dei più scadenti esemplari del passato.
Vediamo quali possano essere le cause di tale singolare sperequazione, insieme con alcune altre "singolarità" nella valutazione e nel commercio degli strumenti ad arco di pregio.
Il violino d'epoca ha da sempre esercitato un fascino particolare oltre che sui musicisti anche sui cultori della liuteria, e di conseguenza sui collezionisti, con un apprezzamento da parte degli uni e degli altri che ha una tradizione antica quasi quanto quella dello strumento stesso.
Ciò che ha rivoluzionato tuttavia in maniera inedita il mercato e il commercio di questi strumenti è stato però il vertiginoso aumento di prezzi avvenuto negli ultimi quarant'anni, con l'ingresso nel mercato collezionistico di numerosi facoltosi investitori, cui si sono in seguito aggiunti anche vari istituti di credito, evidentemente convinti del fatto che tali strumenti possano costituire dei veri e propri beni rifugio (e in effetti la costante impennata delle quotazioni dei medesimi sembrerebbe dare ragione a una tale interpretazione).
Per meglio comprendere questa esorbitante rivalutazione degli strumenti ad arco del passato bisogna tuttavia tener conto anche di una convinzione affacciatasi già in tempi lontani, ma che è divenuta luogo comune solo in questi ultimi decenni: la certezza che i violini e gli altri strumenti della stessa famiglia migliorino indefinitamente nel corso del tempo.
Gli strumenti ad arco storici - si dice - a differenza di tutte le altre famiglie strumentali hanno superato l'ingiuria del tempo e hanno continuato a "migliorare" nelle mani dei virtuosi che li hanno posseduti e suonati. E gli stessi strumenti sembrano inoltre voler ipotecare il futuro, giacché, grazie all'utilizzazione costante, tali meravigliosi scrigni sonori garantiscono delle prestazioni di durata praticamente illimitata.
Un'idea questa da far rabbrividire qualsiasi appassionato di fisica meccanica - giacché bisognerebbe in tal caso ammettere l'esistenza in natura di almeno una deroga alle leggi della termodinamica - ma che trova invece ampio credito, forse non del tutto disinteressato, nel mondo della liuteria e ormai non più solo in quello.
Ma quel che si dimentica più facilmente è che tutti gli antichi strumenti ad arco oggi in circolazione sono stati radicalmente trasformati tramite il cosiddetto "ammodernamento". Si tratta di un'operazione che prevede la sostituzione più o meno radicale del manico dello strumento, l'aumento della sua inclinazione rispetto alla cassa, un incremento sostanziale del peso scaricato dalle corde sul ponticello, un rinforzo della tavola armonica tramite l'ispessimento del travicello di legno (la "catena") che fornisce la controspinta necessaria a sostenere tale peso maggiorato.
Ciò che poi non si dice affatto - ma che nessun esperto di liuteria in buona fede potrà mai negare - è che la sonorità di uno strumento in tal modo modificato in nessun caso potrà corrispondere a quella originale. E neanche si dice che alcuni dei i violini antichi più prestigiosi ancora oggi I in uso necessitano - in aperta contraddai zione con il loro presunto illimitato mia glioramento - di continui interventi di manutenzione per poter essere sfruttati concertisticamente.
Ciò che non si dice è inoltre che alcun» solisti, pur possedendo uno o più strumenti antichi di pregio (un possesso quasi sempre vantato nel loro curriculum nei programmi di sala), non di rado si presentano in pubblico con esemplari ben più recenti, realizzati magari nel tardo" Ottocento o in pieno Novecento. Ciò che infine per tante ragioni passa sotto silenzio, è che attorno al mondo degli strumenti ad arco antichi ruota un mercato i cui interessi commerciali non sempre si possono conciliare con la verità storica e scientifica.
Ecco allora che quanto detto - insieme a numerose altre ragioni sottaciute per concisione od opportunità — porta ad alcune semplici, quanto forse sorprendenti, "conclusioni".
I prodotti della liuteria antica sono ammantati, oltre che di indubbie qualità acustiche e storiche, anche di un velo di mito e di suggestione che non di rado interferisce con la valutazione dei medesimi. Per dirla in altri termini essi sono portatori di un valore aggiunto, di un'aura che li rende preziosi ben al di là del loro effettivo valore musicale. Al contrario, gli esemplari costruiti dai migliori liutai moderni e attuali mancano del tutto di questa sorta di alone glorioso.
Così, ai primi si finisce per assegnare un credito che per molti versi assomiglia a quello di un investimento finanziario (e in molti casi è dichiaratamente tale, per ammissione degli stessi venditori e compratori). Dal canto loro, i migliori strumenti di nuova o recente costruzione, non disponendo di un richiamo altrettanto affascinante, sono e restano degli investimenti ben più cauti e contenuti, riconducibili - se mi si passa il paragone sopra proposto - a una buona rendita obbligazionaria, invece che azionaria.
A quest'ultimo genere di manufatto dovremmo pertanto indirizzare i meno
scaltri compratori, e dunque i giovani violinisti e le loro famiglie, evitando a queste ultime investimenti su prodotti il cui reale valore potrebbe un domani rivelarsi del tutto soprastimato (come insegnano certi gravi casi di cronaca recente). Insomma, mi parrebbe assai prudente lasciare ai grandi investitori le operazioni ad alto rischio, suggerendo a tutti gli altri un più esiguo, ma congruo e sicuro "rendimento".
Mi si dirà a questo punto che sarebbe opportuno fare i nomi, citando quindi almeno alcuni dei "titoli" più validi, dovuti
agli artefici di eccellenza dei giorni nostri. Il palesamento di una tale lista finirebbe però per escludere qualcuno che pur meriterebbe di farne parte, mentre potrebbe includere qualcun altro la cui produzione appare in realtà piuttosto discontinua. Mi limiterò dunque a segnalare che esistono in Italia almeno una quindicina di maestri le cui opere meritano a mio avviso di essere accolte nell'empireo contemporaneo della liuteria, mentre decine e forse centinaia di altri operano all'estero.
Desiderandolo, chiunque potrà raggiungere e sperimentare i rispettivi manufatti nel corso di una delle esposizioni in cui costoro sottopongono al giudizio del pubblico i loro prodotti. Tuttavia almeno un'eccezione desidero farla, e a ragion veduta, visto che si tratta di un caso tanto rappresentativo quanto eccezionale, e nemmeno riferito a un liutaio del nostro paese.
L'edizione 2006 del celebre Premio Paganini di Genova, destinato a premiare i migliori violinisti del mondo, ha consacrato come vincitore assoluto uno strabiliante virtuoso cinese: l'allora 25enne Feng Ning, il quale, lungi dal vantare il possesso di uno strumento antico e dal nome altisonante, si è presentato alla giuria e al pubblico con un violino realizzato qualche tempo prima da Stefan-Peter Greiner, un giovane liutaio tedesco i cui eccellenti manufatti sono venduti a un prezzo pressappoco corrispondente a quello di una comune utilitaria.
La vittoria di Feng ha fatto sì che un mito sia stato per la prima volta incrinato platealmente davanti a I un vasto pubblico internazionale. E di questa incrinatura, senza nulla togliere 1 alla grandezza e allo splendore dei secoli passati, dovrebbero far tesoro i giovani violinisti e, insieme a loro, i migliori liutai dei nostri giorni. Con benefici davvero incalcolabili per tutti.