Claudio, devo dire che le tue indicazioni di questo ultimo periodo per me sono stati oro colato!
Grazie di cuore, Maestro!:)
Divido la risposta in due parti per praticità:
claudio ha scritto:Lino, complimenti per il lavoro, mi sembra tutto ben fatto. L'unica osservazione che mi sento di fare è su quello "scalino" che precede la zona di incollaggio degli zocchetti inferiore e superiore, non ha nessun motivo di esistere e sugli strumenti antichi italiani non è presente in nessun modo. In quella zona il legno è importante che ci sia, specialmente per quello che riguarda il violoncello, perchè fornisce adeguata resistenza al tiraggio delle corde. La prossima volta lascia pure il raccordo senza nessuno scalino, vedrai che il suono dello strumento non ne risentirà, tenendo anche conto che la successiva sguscia porterà anche in quella zona a spessori normali.
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Riguardo lo "
scalino in zona zocchetti inferiore e superiore, ho equivocato quanto scritto a pag. 71 del Sacconi che parla di "angolosità" in corrispondenza delle due linee passanti sui margini interni dei blocchetti di testa e di fondo e delimitanti le due piccole aree non scavate, non certo di scalino. Ma io mi ero fatto un'idea sbagliata anche osservando i disegni dell'interno-tavole vedendo due linee parallele così ben marcate.
D'altro canto avevo ben recepito il discorso di Sacconi riguardo all'importanza di mantenere quelle due zone non scavate ai fini del rinforzo per la tenuta del manico, e, dunque, certamente a ben pensarci lo "scalino" è comunque un elemento di contratto in questa logica, un controsenso!

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Per il futuro...non mancherò certamente di provvedere!
Intanto, per questo violoncello, ti dico che il gradino non è poi eccessivo:
è di circa 3 mm. a "tondo", non a spigolo secco, e passa infatti da uno spessore di 8 mm. sul piano a 5 mm. ad inizio scavo, continuando poi a degradare verso il centro del polmone (spesso 3,4 mm. quello superiore e 3,6 quello inferiore). C'è una certa gradualità, comunque!
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Ricercare sopra tutto due cose: la verità e la bellezza.
- Lino Santoro -