Lo studio di uno strumento e' un'esperienza motoria multisensiorale che richiede l'acquisizione di capacita' sensoriali, uditive, spazio- uditive, mnemoniche e quant'altro, che non sono assolutamente paragonabili ad una passaggiata nei campi per il nostro cervello. Per questo motivo musicisti professionisti vengono considerati oggetto di studio da una parte delle neuroscienze che cerca di mettere un po' di luce sulle capacita' plastiche della nostra corteccia cerebrale (quell'ammasso di ghirigori che per complessita' ci dovrebbe distinguere all'interno del Regno Animale).
Fino ad una ventina di anni fa, piu' o meno, si riteneva che il cervello fosse capace di modificarsi per lo piu' in eta' infantile, ma che successivamente si fermasse a filosofeggiare su questo o altro, attendendo paziente la morte fisiologica delle sue cellule, un po' come fa un fumatore di pipa, senza muoversi piu' molto, se non nella formazione di nuove connessioni tra le cellule o la scomparsa di altre.
Nel 1995, un gruppo di ricercatori dell' Universita' di Konstanz in Germania, mostro' che nel cervello di un violinista le zone della corteccia adibite al controllo dei movimenti delle dita della mano sinistra sono piu' estese che quelle dalla mano destra o quelle di chi non ha mai toccato uno strumento ad arco in tutta la sua vita. E' a noi tutti chiara la distinzione nella tipologia di movimenti tra mano sinistra e destra, e' qualcosa che vediamo tutti i giorni quando ci esercitiamo con il nostro strumento. Nella nostra corteccia le informazioni sensoriali che arrivano dalle diverse parti del corpo vengono raccolte in una striscia di materia grigia, di cui ogni zona si preoccupa di "sentire" le informazioni di una particolare zona del corpo. Poco prima di questa si trova un altra striscia di neuroni che controlla i movimenti volontari di diverse parti del corpo, con la stessa specificita' zonale dei loro parenti descritti sopra. La mappa che se ne ricava e' quella riportata sotto:

Ovviamente al cervello poco importa di quanto sia estesa una parte del nostro corpo, quello che a lui interessa e' la complessita' e la quantita' di informazioni che da essa riceve o ad essa spedisce, ecco perche' alle mani, per esempio, viene dedicata tanta parte (per altre informazioni: http://it.wikipedia.org/wiki/Telencefalo). E' proprio in queste zone che sono andati a cercare i ricercatori tedeschi trovando le differenze descritte sopra. Non solo, ma scoprirono anche che l'area di controllo della mano sinistra del violinista varia nella sua estensione "anomala" a seconda dell'eta' a cui si inizia a suonare lo strumento (per la precisione e' maggiore in chi inizia intorno ai 13 anni rispetto a chi inizia intorno ai 20-25).
Negli anni si sono susseguiti vari studi che hanno utilizzato come cavie i nostri cari musicisti e che hanno messo in luce un numero elevato di aree cerebrali che differiscono per estensione o livelli di attivazione da coloro che non suonano uno strumento. Un dato mi ha incuriosito particolarmente, sembra che all'interno del mondo "musicisti" ciascuno sia maggiormente stimolato da suoni che provengono dallo strumento che suonano piuttosto che dagli stessi prodotti da strumenti differenti. Forse per questo motivo alcuni di noi sono maggiormente emozionati dal suono di un violino piuttosto che da quello di un fagotto, ma questa e' un'altra storia.
Il cervello dei musicisti e' capace di modificarsi, durante le ore i giorni e gli anni di studio, in risposta alle precise richieste e stimoli che vengono dall'arte del suonare. Quella riportata sotto e' un'immagine di confronto tra le due aree somato-motorie di un pianista e un violinista (rispettivamente a destra e a sinistra), dove si possono apprezzare le differenze di cui si parlava precedentemente.

La parte interessante per noi, sono una serie di studi atti a dimostrare che la neuroplasticita' deriva dall'esercizio di una certa funzione, in cui e' stato confrontato il cervello di musicisti professionisti con quello di musicisti amatoriali (i due gruppi sono stati distinti in base alle ore di esercizio dedicate allo strumento). Anche chi non vive di musica, ma la pratica per tempi compatibili con un'altro lavoro, presenta le differenze possedute dai professionisti, sebbene in misura minore. E' questo fatto della "misura minore" che porta al concetto di neuroplasticita'. Il cervello si puo' modificare, si puo' potenziare in alcune aree cosi' come posso potenziare i miei bicipiti. Un'altro studio si e' poi concentrato sulle modificazioni che possono ritrovarsi in chi inizia a suonare lo strumento in eta' adulta (lo studio considera individui sopra i 20 anni…eta' in cui il nostro organismo e' considerato adulto, che poi non sia cosi' a livello psicologico…se volete ne parliamo in altra sede) e anche in questo caso il cervello si presenta capace di modellarsi in risposta alle nuove richieste potenziando e ampliando le aree necessarie.
Gli studi sulla plasticita' neuronale sono appena agli inizi e molte domande restano in attesa di soluzione, qui sono stati riportati esperimenti osservativi. Inoltre non bisogna dimenticare la grande complessita' che caratterizza lo splendido organo che e' il nostro cervello, cercando di evitare schematizzazioni o razionalizzazioni eccessive e ricordando che la ricerca scientifica e' solo una delle vie per comprendere. Cio' su cui volevo soffermarmi e' il concetto di plasticita' neuronale il quale e' ben noto nel mondo orientale dove viene praticata la meditazione, che costituisce un allenamento capace di apportare notevoli modificazioni nelle nostre capacita' cerebrali. La capacita' del nostro cervello di modificarsi lungo il corso dell' esistenza dovrebbe essere tenuta presente in qualunque campo della vita poiche' ci permette di modificare noi stessi, le nostre vie di pensiero, le nostre vie emozionali e forse farci vivere meglio.
Il cervello e' plastico e io auguro a tutti buona plasticita'.
Gewa
Nota: io non mi occupo di psichiatria, scienze cognitive o neuroscienze cliniche, il mio studio e' amatoriale e come tale suscettibile ad errore.
Nota: la scienza non aggiunge quasi mai nulla al buon senso comune, perdonatela.
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