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Il violino e la sua nobile famiglia

Vi presento “Il violino e la sua nobile famiglia”, un vero e proprio tributo d’amore verso il violino e gli altri strumenti della sua grande famiglia (viola, violoncello e contrabbasso): si tratta di un libro che nasce da un manoscritto inedito di uno dei più importanti musicologi del secondo Novecento, Giorgio Graziosi, rivisto e aggiornato dal figlio Stefano.

Il taglio non è specialistico: viene ripercorsa a grandi linee la storia del violino con costanti riferimenti all’arte e alla letteratura, e con digressioni e “spigolature” su vicende di liutai, violini e violinisti (Perché Bottesini metteva ogni mattina nel proprio letto il suo contrabbasso? Cosa ci facevano Rossini e Paganini in via del Corso a Roma mascherati da donne? Cosa hanno in comune Paganini e Jimi Hendrix?), «…la cui declinazione si pone sul crinale sempre fluido del confine tra letteratura e leggenda. Un aspetto che, nel parlare di uno strumento come il violino, finisce per essere sempre centrale, soprattutto quando – come nello scritto di Graziosi – si tende a privilegiare l’andamento poetico della narrazione…». (dalla prefazione di Luca Aversano, professore di Musicologia e Storia della Musica presso l’Università RomaTre). «Il violino è probabilmente il più “umano” degli strumenti musicali, quello capace di riprodurre meglio le varie tonalità e sfumature della voce umana. Ma al tempo stesso è anche il più “divino”, quello in grado di produrre suoni che possono innalzare la sensibilità dell’ascoltatore fino alle vette più sublimi dell’apollineo, o sprofondarlo negli abissi del dionisiaco.»

Completano il volume una discografia essenziale e la postfazione di Moni Ovadia “Il violino e l’ebreo”.

Giorgio Graziosi (1911-1966), cresciuto in una famiglia di musicisti (suo padre Antonio aveva suonato con Mascagni e Zandonai), diplomato al Conservatorio di Pesaro, è stato uno dei più importanti musicologi del secondo Novecento. Dal 1946 al 1952 fu critico musicale dell’Avanti! In quegli stessi anni redasse anche voci per il Dizionario delle Opere (Bompiani), l’Enciclopedia della Musica (Ricordi), e fu condirettore dell’Enciclopedia dello Spettacolo.
Pubblicò con Einaudi l’importante saggio L’interpretazione musicale. Fu consulente dell’Accademia Filarmonica Romana, per la quale ha curato la stesura dei programmi dei concerti e il volume L’Accademia Filarmonica nella vita musicale romana (1821-1964).
Gli ultimi anni della sua attività furono dedicati, con vari strumenti, alla diffusione dell’istruzione musicale in Italia.

Stefano Graziosiattualmente docente di letteratura italiana nelle scuole superiori, ha tenuto un corso di Scrittura presso l’Università Lumsa e un seminario su Violino e letteratura al Dams della Terza Università di Roma.
È stato co-sceneggiatore e interprete dell’episodio Discutiamo, discutiamo di Marco Bellocchio, nel film Amore e rabbia. Ha collaborato come autore/conduttore a molte trasmissioni della Rai in cui si è occupato soprattutto di letteratura e di musica. Ha scritto per La Repubblica, Percorsi, Penthouse. Collabora con l’agenzia Il Menabò di Roma.

Grazia Rondini www.lachiavediviolino.it

Tutta l’opera di Pietro Nardini raccolta in un Catalogo Tematico

Nell’anno delle celebrazioni dei 250 anni dalla morte di Giuseppe Tartini, sembra inevitabile ricordare il suo prediletto e migliore allievo Pietro Nardini (Livorno 1722 – Firenze 1793) presentando un’opera fondamentale di tutta la sua attività che oggi sembra tornata all’attenzione degli esecutori più consapevoli: si tratta di un Catalogo tematico pubblicato nel 2017 dalla Casa Editrice Diastema, “Pietro Nardini, da Livorno all’Europa” a cura dei ricercatori Federico Marri e Marie Rouquié.

“Pietro Nardini, da Livorno all’Europa” di F. Marri e M. Rouquié, Diastema Editrice

La scuola violinistica di Tartini era famosa in tutta Europa: molti giovani si affidavano a lui per apprendere non solo i segreti tecnici e musicali, ma soprattutto la convinzione dell’inseparabilità del bello, del buono e dell’essere, una linea educativa e di pensiero a cui Nardini si adeguò velocemente divenendo un apprezzato esperto acclamato in tutta Europa e tra i più celebrati del secondo Settecento, sia come violinista che come compositore.

La forza della sua identità stilistica risiedeva nel cantabile, nell’ornamentazione espressiva degli Adagio e nel magistrale virtuosismo tecnico che lo portarono a fondare una scuola violinistica a Firenze formando, a sua volta, eccellenti strumentisti.

Pietro Nardini strinse con Tartini una vicinanza musicale ma anche umana, tanto che lo seguì fino agli ultimi momenti della sua malattia e della vita, prodigandosi per lui. Del suo maestro ha conservato la chiarezza e l’efficacia delle melodie e ha continuato a sviluppare la cantabilità strumentale, ovvero l’arte di fiorire l’adagio. Nardini, però, viveva nel suo tempo, nel nascente classicismo, e si inserì nello sviluppo di questo nuovo stile. La sua, lungi dall’essere una musica indefinibile o addirittura contraddittoria, congiunge profondità del discorso e leggerezza di un linguaggio in cui essenzialità e frivolezza lavorano insieme.
Accostarsi a Nardini significa accettare di introdursi nella complessità determinata dal trovarsi «tra due stili»: la ricerca di significati, di discorsi propri della musica barocca viene infatti trascritta da lui in un linguaggio nuovo, costituito da un registro prevalentemente elegante, ricco di colori musicali e pieno di spirito.

La musica di Nardini è una chiave che apre la porta di un linguaggio nuovo ancora troppo poco utilizzato dai violinisti di oggi, ma che arricchisce la percezione e l’interpretazione degli stili barocco e classico.

Pietro Nardini

Questo catalogo – per la cui redazione ci si è avvalsi dei moderni strumenti di ricerca e che per la prima volta presenta in modo sistematico la produzione di Nardini dopo il pionieristico lavoro di Clara Pfäfflin – vuole essere proprio la porta per entrare nell’opera di un violinista-compositore che suscitò l’interesse dei Mozart e di numerosi altri suoi contemporanei.

Il lungo lavoro di ricerca è stato commissionato al musicologo Federico Marri, direttore dell’Istituto Superiore di Studi Musicali «Pietro Mascagni» di Livorno, e alla violinista Marie Rouquié dagli Amici dei Musei e dei Monumenti Livornesi nella veste della sua Presidente, la dott.ssa Annamaria Pecchioli Tomassi, inserendosi in un percorso che gli Amici dei Musei e dei Monumenti Livornesi da qualche anno hanno iniziato a sostegno delle ricerche condotte dalla Biblioteca dell’Istituto Superiore di Studi Musicali «Pietro Mascagni» di Livorno, allo scopo di far meglio conoscere musicisti e personaggi nativi di Livorno che ebbero e continuano a raccogliere importanti riconoscimenti a livello internazionale, per renderne vivo e costante l’interesse.

Grazia Rondini www.lachiavediviolino.it

VIVALDI E IL TEATRO NEL CD DI LE CONCERT DE LA LOGE

E’ uscito il CD  “VivaldiConcerti per violino VIII, Il teatro” pubblicato dalla casa discografica francese Naïve per la collana Vivaldi Edition: si tratta di sei concerti di Antonio Vivaldi, per il repertorio dedicato al teatro, eseguiti da Le Concert de la Loge, un ensemble parigina diretta dal violinista Julien Chauvin. Il CD contiene i concerti RV 187, RV 217, RV 235, RV 321, RV 366, RV 387.

Antonio Vivaldi per formazione, talento e carriera è sempre stato considerato un autore strumentale. Eppure, per il Prete Rosso, l’opera rappresentava un’attrazione irresistibile, un mondo seducente nel quale gettarsi a capofitto per mettersi in gioco come uomo e come artista, investendo denaro ed energie, rischiando di proprio. Il mondo del teatro e quello della musica erano, comunque, per Vivaldi, due ambiti strettamente connessi: nelle partiture operistiche si ravvisano raffinatezza e fantasia riservate alle parti strumentali e, di contro, nella musica strumentale si colgono propensione alla cantabilità, tensione affettiva e immaginifica. In particolare, dal 1713, il teatro e la musica strumentale iniziano a intrecciarsi in modo significativo nell’esperienza del compositore in modo cosi vasto che all’epoca non aveva eguali se non in Händel. L’aspetto più evidente di questo rapporto tra musica strumentale e il teatro si esprime nei concerti rappresentativi come Le quattro stagioni, La tempesta di mare, La notte, Il sospetto, L’inquietudine, Il riposo, L’amoroso, Il piacere che contengono precisi riscontri con brani vocali. Numerosi sono inoltre i suoi concerti per violino, lo strumento più vicino al suono della voce umana, che esprimono un’attitudine ad evocare dimensioni pittoriche e teatrali.

Il Concerto in sol minore RV 321 è uno di quei concerti in cui Vivaldi dimostra di saper comporre musica di elevata qualità anche senza ricorrere al virtuosismo: la sua parte solistica può essere eseguita tutta in prima posizione, così come i colpi d’arco più impegnativi e le doppie corde, sono di facile esecuzione. E’ di concezione sontuosa, invece, il Concerto in do maggiore RV 187 con una parte solistica altamente virtuosistica e cantabile che contiene arpeggi, colpi d’arco, doppie corde e una valorizzazione del registro acuto e cantabile del violino. Il Concerto in si minore RV 387 appartiene al repertorio di Anna Maria, prediletta da Vivaldi, la più celebre musicista dell’Ospedale della Pietà, ammirata in tutta Europa. Anna Maria suonava il violino, la viola, il violoncello, ma anche il clavicembalo, il mandolino e il liuto. Il suo repertorio è contenuto in un volume conservato nella biblioteca del Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia. Il Concerto in re maggiore RV 217 presenta un andamento imprevedibile e discontinuo soprattutto nella parte solistica, é un lavoro disseminato di tocchi geniali e teatrali. Il Concerto in si bemolle “Il Carbonelli” RV 366 fu composto da Vivaldi forse per rendere omaggio a Giovanni Stefano Carbonelli, (di origini francesi, cognome originario Carboneu), direttore d’orchestra del Drury Lane Theatre di Londra. Non è chiaro se e quando Vivaldi conobbe Carbonelli, ma questo concerto ebbe una certa diffusione in Europa, anche perchè fece parte del repertorio di Anna Maria. Rappresenta, infine, un capolavoro virtuosistico il Concerto in re minore RV 235 in cui la teatralità vivaldiana si esprime soprattutto nell’Allegro finale: la parte solistica presenta parecchie corde doppie, vari passaggi difficili con colpi d’arco in staccato e legato.

Julien Chauvin ha registrato suonando un violino di Pietro Guarneri del 1721.

Grazia Rondini www.lachiavediviolino.it

“JOHANN ALLEIN”: UN ROMANZO IN MEMORIA DI MARIA BARBARA BACH

Alvise Filippo Stefani con il suo romanzo “Johann allein” pubblicato da Diastema Editrice è il vincitore  della seconda edizione del premio letterario Lorenzo Da Ponte, il concorso letterario riservato a testi narrativi inediti contenenti inequivocabili riferimenti musicali.

L’autore è un giovane violinista e l’ispirazione per questo romanzo è arrivata durante lo studio delle Sonate e Partite di Bach per violino solo delle quali, nella seconda parte del testo, con prosa colta e raffinata, propone un’analisi emotiva ipotizzando le emozioni del grande compositore mentre scriveva questa musica, in un momento molto difficile della sua vita.

Anno domini 1720. Ritornato a Köthen dopo due mesi di assenza, un giovane Johann Sebastian Bach scopre che Maria Barbara, la prima moglie, si è ammalata ed è morta. Un evento importante nella vita del musicista, ma che tuttavia svanisce senza essere troppo affrontato dalla biografia ufficiale, sulla scia dell’immagine del kantor sorridente e inflessibile di Lipsia che i posteri hanno ricostruito. Al contrario, il giovane Bach fu un uomo sanguigno e vitale, un animo agitato da ogni passione, anche di un’ira esplosiva di cui i suoi contemporanei danno testimonianza. Lungi dal voler essere biografico o storico, il romanzo ripercorre la vita di Bach attraverso le selve della Turingia e della Sassonia, ma si propone anche come una meditazione centrifuga di un giovane Bach nella solitudine della sua dimora di Kothen.
Ripercorrendo la vita del maestro, Stefani cerca di descrivere il comportamento di un uomo di fronte a misteri che ancor oggi affliggono il nostro presente tanatofobo, indagando le vie e i paesaggi musicali attraverso cui il giovane compositore è riuscito a esprimere il suo dolore trasfigurandolo con la sua arte e rendendo quindi omaggio a Maria Barbara, lasciata troppo spesso nella penombra della morte prematura avvenuta esattamente trecento anni fa.

Alvise Filippo Stefani è nato a Treviso nel 1994 e si è laureato in Lettere Classiche a Venezia con specializzazione in Filologia e Letteratura Italiana. Attualmente si sta perfezionando presso l’Indiana University (Bloomington, IN). Accanto agli studi letterari sta portando avanti lo studio del violino, collaborando con orchestre giovanili e da camera; ha partecipato a varie masterclass.

Grazia Rondini www.lachiavediviolino.it

Chamber Works: Alessio Bidoli ricorda Nino Rota

Ho il piacere di segnalarvi la recente uscita di nuovo album del violinista Alessio Bidoli, dedicato alle composizioni di musica da camera di Nino Rota, uno fra i più significativi autori musicali del XX secolo legato alla storia del cinema. “Chamber Works”, pubblicato da Decca Italy e in distribuzione presso i migliori negozi di musica e sulle principali piattaforme digitali, è un lavoro che il giovane musicista milanese ha interpretato insieme a Bruno Canino al pianoforte, Massimo Mercelli al flauto e Nicoletta Sanzin all’arpa. Il brossurato è impreziosito dalle opere di Gabriele Basilico e Federico Patellani gentilmente concesse dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia unitamente alla mano di Manfredo Pinzauti.

Il talento di Nino Rota, enfant prodige che all’età di undici anni aveva già composto un oratorio per soli, coro e orchestra si è spesso cimentato in forme strumentali impegnative: in questo album si è scelto di privilegiare alcune delle sue pagine cameristiche più suggestive. Il repertorio selezionato contiene opere attinenti alla sua produzione neoclassica come anche alla trascrizione cameristica di brani tratti dalle musiche che compose per il cinema meno noto.

“L’idea di questo lavoro – afferma Alessio Bidoli – mi è venuta dopo aver ascoltato durante una notte insonne una sua intervista su RAI3. Nino Rota parlava della sua vertiginosa carriera con la semplicità dei grandi e questa umiltà e semplicità mi ha fortemente colpito. Ovviamente lo conoscevo perle colonne sonore del cinema, ma anche perché aveva insegnato al Conservatorio di Bari dove anch’io ho avuto per due anni una bella esperienza lavorativa. Sono quindi andato a curiosare nel suo repertorio cameristico e sono stato molto sorpreso dal fatto che molte sue composizioni meno note fossero davvero poco eseguite . Ecco quindi l’idea di questo disco insieme a Bruno Canino (con cui ho inciso già quattro CD),
Massimo Mercelli e Nicoletta Sanzin, per far conoscere ai giovani studenti e agli appassionati della musica del ’900 anche il repertorio da camera raffinato e ironico di questo grande compositore italiano, e ringrazio la Decca per avermi dato questa opportunità.”

Nino Rota affermava: “Non credo a differenze di ceti e di livelli nella musica: il termine ‘musica leggera’ si riferisce solo alla leggerezza di chi l’ascolta, non di chi l’ha scritta”. Tale pensiero – secondo Nicola Scardicchio autore della nota introduttiva nel pregevole libretto che accompagna il CD, è perfettamente applicabile alla differenza tra musica da concerto e musica per il cinema: “Gli scambi dalla sala da concerto alle sale cinematografiche connotano un compositore che non stabiliva barriere di genere in un’arte come quella musicale che per Rota aveva senso proprio in quanto libera da limiti di sorta”.

Grazia Rondini www.lachiavediviolino.it