29 gennaio 2006
Pubblichiamo un articolo apparso sul n°2/2005 del Periodico di informazione dell’Ente Triennale degli Strumenti ad Arco, a firma di Bruce Carlson, relativo all’importante acquisizione di un violino stradivariano. Buona lettura!
Il violinista Remo Lauricella, con nome italiano, ma residenza in Inghilterra, iniziò a frequentare Cremona attorno al 1977. Veniva con il suo violino, opera di Antonio Stradivari del 1727, conosciuto come “Vesuvius”. Durante le sue visite, il violinista si affezionò alla nostra città a tal punto da voler indicare nel suo testamento l’assegnazione del violino alla città, dove fu creato 278 anni fa. Il passaggio di proprietà, che inizialmente sembrava una procedura semplice, diventò gradualmente più complesso per problemi legali e come ultimo ostacolo vi fu la necessità del pagamento dei diritti di successione in Inghilterra, per poter permettere il ritorno a Cremona dello strumento.
Una tale offerta non poteva essere rifiutata. Infatti, grazie alla generosità della cittadinanza, di diversi Enti locali e del Comune, tutti interessati alle questioni del patrimonio culturale della liuteria, la somma è stata raccolta e il violino ha così potuto ritornare a casa.
Il violino ha relativamente poca storia. Nel 1920 arrivò in Europa dall’Australia e in seguito fu venduto dalla ditta Hill di Londra al liutaio parigino Ernest Maucotel, il quale gli diede il soprannome di “Vesuvius” quando fu venduto al signor Jan Hambourg di Toronto nel 1937. Nel 1938 il violino fu acquistato da Antonio Brosa, noto solista e pedagogo spagnolo e membro del quartetto Pro-Arts. Più tardi il violino passò al suo allievo Remo Lauricella. In confronto al violino “Il Cremonese” del 1715. lo strumento dimostra di ver avuto una vita forse più sofferta. Gli è rimasta meno vernice, presumibilmente per un continuo utilizzo dello strumento. La testa e la fascia superiore del lato delle corde acute non sono originali, essendo state sostituite anni fa.Il violino possiede i canoni tipici della produzione del Maestro del periodo 1724-28. Un esempio sono i paletti inferiori del fori armonici, ora relativamente snelli ed allungati. Siamo entrati in un periodo di produzione del quale, per un motivo o l’altro, non vediamo la scelta di materiali che siamo abituati a vedere negli anni precedenti: ciò vale a dire fra il 1700-1720 circa, anni che l’esperto londinese George Hart ha definito “il periodo d’oro”. L’abete di prma qualità era più facilmente reperibile, ma si può notare un mutamento nella scelta dell’acero non sempre straordinariamente bello, sebbene acusticamente meritorio. Nonostante l’età avanzata di Stradivari al momento della sua costruzione, lo strumento rappresenta una staordinaria affermazione della sua capacità di realizzare ancora un violno per incantare, sia con la voce sia con l’armonia visiva.Bruce Carlson