Vorrei spendere due parole sulla messa a punto degli strumenti perché leggo post nel gruppo in cui si chiedono chiarimenti in proposito. La notizia buona è che ogni strumento è suscettibile di miglioramenti anche notevoli con una messa a punto appropriata, la notizia cattiva è che pare sia piuttosto difficile trovare liutai, ma anche musicisti, che siano ben preparati sull’argomento.
Si inizia a fare il liutaio perché si ha passione alla costruzione degli strumenti, in secondo luogo per passione musicale (anche se a mio parere dovrebbe essere al primo posto), ci si perfeziona attraverso gli anni, ma le messe a punto restano sempre un problema.
Questo perché spesso gli strumenti vengono venduti fuori d’Italia, quindi non c’è più possibilità di poterne seguire l’evoluzione, ma questo per alcuni non è un problema perché si segue il concetto del “vendi e dimentica”. Infatti, una volta che si è incassato il dovuto e che nessuno ti cercherà più per il tuo strumento, il liutaio approda felicemente al prossimo strumento, dimentico o quasi di ciò che egli ha mandato in giro per il mondo.
Ma non funziona proprio così: a me è accaduto molte volte di veder ricomparire strumenti di cui avevo quasi perso la memoria, venduti a migliaia di chilometri dal mio laboratorio, che tornano attraverso i contatti di un musicista che chiede consigli, chiarimenti, opinioni, e tutto ciò che riguarda l’assistenza di uno strumento ad arco. E’ sempre molto interessante poter ricostruire la storia di uno strumento negli anni, e posso assicurare che di storie da raccontare gli strumenti ne hanno moltissime. In futuro mi cimenterò, qual novello cantastorie, in questo difficile ma affascinante compito.
Quel che in genere i giovani liutai ignorano, e in questo mi ci metto anch’io perché all’inizio non mi sono comportato diversamente, è che non solo non si ha alcuna idea sulla messa a punto di uno strumento ad arco, ma che gli strumenti devono comunque essere seguiti il più possibile accuratamente proprio per capire al meglio il frutto del proprio ingegno.
Questo è un compito difficile perché la maggioranza dei liutai, presi dalle beghe quotidiane del proprio lavoro, non solo riducono drasticamente i tempi dedicati alla ricerca e alla sperimentazione nel perfezionare i propri strumenti, ma addirittura lasciano ad altri “specialisti” il compito delicato della messa a punto.
E’ pur vero che spesso i musicisti è difficile seguirli perché non sempre sono in grado di esprimere i propri bisogni in modo razionale, ma resta il fatto che se hai scelto di fare il liutaio, chi meglio di te può conoscere e quindi mettere a punto i propri strumenti?
Invece, non è così automatico, ho conosciuto anche liutai che dichiaratamente rifiutano di fare le messe a punto, non solo per gli strumenti di cui non sono autori, ma per tutti gli strumenti di ogni ordine e grado!
Perché una buona messa a punto richiede tempo e dedizione e un contatto intimo con i bisogni del musicista, può sembrare tempo buttato via, ma nel momento in cui hai capito un poco come fare le cose, in genere capisci subito di che tipo di anima o ponticello possa avere bisogno un certo strumento proprio sfruttando tutte quelle ore “perse” precedentemente a cercare di capire qualcosa sulla messa a punto.
E non è solo questione di saper tagliare un ponticello o un’anima, ma è la capacità di mantenere una memoria sonora negli anni, quindi di stare vicini alla propria esperienza, ma soprattutto agli strumenti che ci sono passati per le mani, così da mantenere al meglio il “focus” del suono degli strumenti medesimi.
Spesso i musicisti, abbandonati a sé stessi, oppure troppo pigri od occupati dal visitare frequentemente il proprio liutaio di fiducia, compensano le deficienze della messa a punto cambiando corde, o magari la cordiera, o anche la mentoniera e non raramente anche il tipo di spalliera. Questi ovviamente sono espedienti che non portano lontano, ma la capacità dell’orecchio umano di assuefarsi praticamente a qualunque suono è magica, quindi si procede senza turbamento o quasi.
Un giorno mi è capitato uno strumento di Giuseppe Guarneri figlio d’Andrea del 1700, che non vedeva un liutaio da almeno una decina d’anni, ovviamente il suono pur essendo uno strumento della classicità cremonese, faceva pena. Feci notare il problema al suo proprietario, il quale non fece quasi una piega, ma dopo qualche tempo lo vidi tornare con un “suono nuovo” perché si era rivolto a qualcuno per rivedere completamente la messa a punto. Per me quello strumento avrebbe comunque potuto dare di più, ma mai insistere, perché se un musicista ha ormai formato nella mente il solo pensiero di suonare ai concerti evitando il più possibile la bottega del liutaio, è affar suo.
Ci ho tenuto a dare qualche elemento di riflessione, che spero sia gradito, quindi mi fermo qui e vi rimando alla prossima puntata.
Claudio Rampini