Irvine Arditti: “I don’t like noise.”

Lo scorso 20 Febbraio per la 79a stagione I.U.C. (Istituzione Universitaria dei Concerti), presso l’Aula Magna Sapienza ha avuto luogo il concerto del Quartetto Arditti, in occasione del 50° anniversario della loro fondazione.

Programma:
Penderecki Quartetto n. 2 (1968)
Berio Sincronie (1964)
Ligeti Quartetto n. 2 (1968)
Clarke Quartetto n. 5 (2020)
Senk To see a world in a grain of sand (2022)
Xenakis Tetras (1983)

Mi è d’obbligo precisare che la mia preparazione riguardo il repertorio contemporaneo è a dir poco lacunosa, quindi le mie saranno solo ed esclusivamente note scarne derivate dalle mie impressioni di ascolto, avendo comunque sempre apprezzato l’enorme versatilità del quartetto classico nell’espressione più vera e completa in qualsiasi repertorio musicale, classico, moderno o contemporaneo.

Irvine Arditti

Spente le luci di sala, il pubblico in religioso silenzio e i musicisti pronti ad iniziare il concerto, ecco che il primo violino Irvine Arditti, appoggiando il violino sulla gamba sinistra e con espressione piuttosto contrariata ci guarda tutti con sguardo di rimprovero. Atmosfera vicina allo zero assoluto interrotta da quello che sembra un sottile brusìo proveniente da qualche poltrona più indietro.

Pensiamo tutti, anche il violinista, che si tratti del solito distrattone che ha lasciato acceso il cellulare, o che magari sia impegnato nell’ascolto di non sa sa bene cosa. Al che Irvine Arditti esclama: “I don’t like noise!”.

Purtroppo il brusìo non cessa poiché non è dal pubblico che sembra provenire il rumore molesto, ma da un fantomatico altrove che nessuno capisce. Fortunatamente gli addetti di sala riescono in breve ad avere ragione del problema in pochi attimi e quindi il concerto può iniziare senza indugi.

Questo episodio curioso è in ogni caso servito a capire una cosa importante, perché nel caso del repertorio contemporaneo dove spesso il suono degli strumenti è a dir poco snaturato, la differenza è data da un senso ordinato delle cose. Il rumore caotico, che pure è ripreso spesso da compositori ed esecutori, può divenire completamente estraneo rispetto al pensiero di un compositore.

Quindi, anche se l’esecuzione del Quartetto Arditti ha avuto un esordio così singolare, infine al mio orecchio inesperto il tutto ha avuto una sua logica precisa di performance e improvvisazione: rumore molesto, richiamo all’ordine, espressione di un pensiero.

Quindi si sono aperti paesaggi sonori familiari, proprie della ricerca musicale degli anni ’60, che richiamano il grigiore delle periferie urbane, un mondo di solitudine e senza familiarità, e piccole fiamme che sembrano illuminare il cammino in un mondo che non può fare a meno della propria sensibilità, quella stessa che ha ordinato i suoni in uno spartito musicale.

Irvine Arditti ha suonato un violino Landolfi del 1760.

Ashot Sarkissjan ha suonato un violino von Baehr 2002.

Lucas Fels ha suonato un violoncello Guidantus, Bologna 1730.

Ralf Ehlers ha suonato una viola di 45cm costruita da egli stesso nel 2005.

Testo, foto e video di Claudio Rampini.