La messa a punto di un violino.

Vorrei spendere due parole sulla messa a punto degli strumenti perché leggo post nel gruppo in cui si chiedono chiarimenti in proposito. La notizia buona è che ogni strumento è suscettibile di miglioramenti anche notevoli con una messa a punto appropriata, la notizia cattiva è che pare sia piuttosto difficile trovare liutai, ma anche musicisti, che siano ben preparati sull’argomento.

Particolare di un violino di Claudio Rampini anno 2022

Si inizia a fare il liutaio perché si ha passione alla costruzione degli strumenti, in secondo luogo per passione musicale (anche se a mio parere dovrebbe essere al primo posto), ci si perfeziona attraverso gli anni, ma le messe a punto restano sempre un problema.

Questo perché spesso gli strumenti vengono venduti fuori d’Italia, quindi non c’è più possibilità di poterne seguire l’evoluzione, ma questo per alcuni non è un problema perché si segue il concetto del “vendi e dimentica”. Infatti, una volta che si è incassato il dovuto e che nessuno ti cercherà più per il tuo strumento, il liutaio approda felicemente al prossimo strumento, dimentico o quasi di ciò che egli ha mandato in giro per il mondo.

Ma non funziona proprio così: a me è accaduto molte volte di veder ricomparire strumenti di cui avevo quasi perso la memoria, venduti a migliaia di chilometri dal mio laboratorio, che tornano attraverso i contatti di un musicista che chiede consigli, chiarimenti, opinioni, e tutto ciò che riguarda l’assistenza di uno strumento ad arco. E’ sempre molto interessante poter ricostruire la storia di uno strumento negli anni, e posso assicurare che di storie da raccontare gli strumenti ne hanno moltissime. In futuro mi cimenterò, qual novello cantastorie, in questo difficile ma affascinante compito.

Quel che in genere i giovani liutai ignorano, e in questo mi ci metto anch’io perché all’inizio non mi sono comportato diversamente, è che non solo non si ha alcuna idea sulla messa a punto di uno strumento ad arco, ma che gli strumenti devono comunque essere seguiti il più possibile accuratamente proprio per capire al meglio il frutto del proprio ingegno.

Questo è un compito difficile perché la maggioranza dei liutai, presi dalle beghe quotidiane del proprio lavoro, non solo riducono drasticamente i tempi dedicati alla ricerca e alla sperimentazione nel perfezionare i propri strumenti, ma addirittura lasciano ad altri “specialisti” il compito delicato della messa a punto.

E’ pur vero che spesso i musicisti è difficile seguirli perché non sempre sono in grado di esprimere i propri bisogni in modo razionale, ma resta il fatto che se hai scelto di fare il liutaio, chi meglio di te può conoscere e quindi mettere a punto i propri strumenti?

Invece, non è così automatico, ho conosciuto anche liutai che dichiaratamente rifiutano di fare le messe a punto, non solo per gli strumenti di cui non sono autori, ma per tutti gli strumenti di ogni ordine e grado!

Perché una buona messa a punto richiede tempo e dedizione e un contatto intimo con i bisogni del musicista, può sembrare tempo buttato via, ma nel momento in cui hai capito un poco come fare le cose, in genere capisci subito di che tipo di anima o ponticello possa avere bisogno un certo strumento proprio sfruttando tutte quelle ore “perse” precedentemente a cercare di capire qualcosa sulla messa a punto.

E non è solo questione di saper tagliare un ponticello o un’anima, ma è la capacità di mantenere una memoria sonora negli anni, quindi di stare vicini alla propria esperienza, ma soprattutto agli strumenti che ci sono passati per le mani, così da mantenere al meglio il “focus” del suono degli strumenti medesimi.

Spesso i musicisti, abbandonati a sé stessi, oppure troppo pigri od occupati dal visitare frequentemente il proprio liutaio di fiducia, compensano le deficienze della messa a punto cambiando corde, o magari la cordiera, o anche la mentoniera e non raramente anche il tipo di spalliera. Questi ovviamente sono espedienti che non portano lontano, ma la capacità dell’orecchio umano di assuefarsi praticamente a qualunque suono è magica, quindi si procede senza turbamento o quasi.

Un giorno mi è capitato uno strumento di Giuseppe Guarneri figlio d’Andrea del 1700, che non vedeva un liutaio da almeno una decina d’anni, ovviamente il suono pur essendo uno strumento della classicità cremonese, faceva pena. Feci notare il problema al suo proprietario, il quale non fece quasi una piega, ma dopo qualche tempo lo vidi tornare con un “suono nuovo” perché si era rivolto a qualcuno per rivedere completamente la messa a punto. Per me quello strumento avrebbe comunque potuto dare di più, ma mai insistere, perché se un musicista ha ormai formato nella mente il solo pensiero di suonare ai concerti evitando il più possibile la bottega del liutaio, è affar suo.

Ci ho tenuto a dare qualche elemento di riflessione, che spero sia gradito, quindi mi fermo qui e vi rimando alla prossima puntata.

Claudio Rampini

Video: I “segreti” di Stradivari

Lo scorso 24 Giugno assieme ai liutai Marco Vinicio Bissolotti e Wanna Zambelli, si è celebrata una giornata di commemorazione e studio dedicata a Simone Fernando Sacconi nel 50° Anniversario della sua scomparsa, presso il Museo del Violino di Cremona.

Il mio intervento è consistito nel fare una disamina de “I ‘segreti’ di Stradivari”, il libro dato alle stampe da Sacconi nel 1972, prima ed unica edizione di un’opera fondamentale per la liuteria e la musica e mio riferimento costante di ricerca e di studio in tutta la mia vita dedicata alla liuteria.

Ringrazio i già citati Marco Vinicio e Wanna Zambelli per la fiducia e anche il curatore e la direttrice del Museo del Violino, Fausto Cacciatori e Virginia Villa per la stima e lo spazio che mi è stato concesso. Un ringraziamento particolare è dovuto ai liutai cremonesi che hanno assistito e condiviso il mio intervento.

Ho pensato quindi di riproporre il mio intervento su Youtube a beneficio di coloro che hanno avuto occasione di partecipare e degli appassionati e studiosi di liuteria e dell’opera di Sacconi.

Nei video si affrontano i principali argomenti del libro di Sacconi: il disegno della forma, il metodo costruttivo classico cremonese, la vernice, argomenti che ho diviso per ciascun video appositamente dedicato.

Il 50° Anniversario della morte di S. F. Sacconi.

E’ vicina la data che ci vede uniti nel dedicare a S. F. Sacconi due giornate nel 50° anno della sua scomparsa. Infatti, il prossimo 24 e 25 giugno presso il Museo del Violino di Cremona, in collaborazione con la sua direzione e i liutai Marco Vinicio Bissolotti, Wanna Zambelli, Claudio Rampini, avremo modo di ricordare la figura di Sacconi e di discutere sulla sua opera in due giornate ricche di eventi. Il programma completo dell’evento è disponibile presso il sito ufficiale del Museo del Violino.

Questo il programma completo della prima giornata:

Simone Fernando Sacconi, una vita per Stradivari – I sessione

sala Fiorini del Museo del Violino, ore 10,00-11,30

Saluti Istituzionali
Fausto Cacciatori – Simone Fernando Sacconi e la rinascita della liuteria cremonese
Bruce Carlson – La disciplina del restauro: ricerca e applicazione
Wanna Zambelli –  Simone Fernando Sacconi, padre adottivo dei giovani liutai
Marco Vinicio Bissolotti – Francesco Bissolotti e la lezione di Sacconi
Comunicazioni: Salvatore Accardo,  Peter Beare, Carlos Arcieri

ingresso libero sino ad esaurimento dei posti disponibili

AUDIZIONE SPECIALE “Una vita per Stradivari”

Auditorium Giovanni Arvedi, ore 12,00

violino Simone Fernando Sacconi 1941
Gian Andrea Guerra

acquista il biglietto on line:
sabato 24 giugnodomenica 25 giugno
biglietti disponibili anche presso la biglietteria del Museo

 
Simone Fernando Sacconi, una vita per Stradivari – II sessione

sala Fiorini del Museo del Violino, ore 14,30-17,30

Claudio Rampini –  I “segreti” di Stradivari

Tavola rotonda

coordina: Fausto Cacciatori

Intervengono: Claudio Rampini, Bruce Carlson, Davide Sora, Marco Vinicio Bissolotti, Wanna Zambelli 

ingresso libero sino ad esaurimento dei posti disponibili

Per ulteriori informazioni: Museo del Violino

Claudio Rampini

Da Kircher a Monteverdi, una storia di violini in chiave alchemica.

Fin dal suo primo comparire il violino non ha mai mancato di far parlare di sé, infatti su di esso sono stati scritti oceani di inchiostro, sia in termini di note musicali, che di parole atte a spiegare il suo funzionamento, il modo di suonarlo e di costruirlo. Semplicemente il violino segna in modo irreversibile un nuovo modo di fare musica, costituendo uno dei caposaldi del patrimonio culturale occidentale.

Di questi oceani di inchiostro, una buona parte è stata usata per descrivere le miracolose proprietà delle vernici antiche, che aldilà di una “impossibile” reale comprensione ne consentisse una continuità nella tradizione, non ha mai mancato di incantare liutai, musicisti ed esperti di tutte le epoche, cioè a dire che sulla vernice classica cremonese si è costruito un vero e proprio mito.

Ma è proprio vero ciò che si dice intorno alle vernici antiche? La risposta può essere positiva e negativa al tempo stesso: si guardi uno strumento ben conservato degli Amati o di Stradivari, questi strumenti emanano ancora oggi una luce che non è solo il riflesso della suggestione della nostra immaginazione eccitata dal trovarsi di fronte ad un meraviglioso violino antico, è che proprio quei legni sono in grado di emanare ancora oggi una luce particolare che nessuna vernice moderna ad oggi è in grado di uguagliare, perché parliamo di un trattamento del legno e di una vernice vera e propria, che in concorso generano rilessi e dicroismi del tutto particolari.

Il fondo del violino “Carlo IX” di Andrea Amati – Museo del Violino – Cremona.

A complicare un quadro già di per sé molto complicato, si ricordino sempre gli oceani di inchiostro summenzionati che inutilmente o quasi hanno tentato di svelare il “segreto” degli antichi liutai cremonesi, è stato il verificarsi di una tradizione che si è interrotta di fatto dopo la morte di Giuseppe Bartolomeo Guarneri detto “del Gesù”, e che nell’aspetto della vernice antica non ha dato altre prove di esistenza dopo G.B. Guadagnini (e non tutti i suoi strumenti recano la vernice “all’antica”).

Quindi, se da una parte è rimasto un grosso punto interrogativo sulla formulazione e i procedimenti delle vernici antiche, dall’altra ancora oggi non finiamo di ammirarne la bellezza, non esclusi nemmeno quegli strumenti cremonesi antichi che di vernice originale ne hanno pochissima, che spesso sono ricoperti da strati protettivi a base di gommalacca, ma il cui legno appare immutabilmente preparato affinché la luce vi penetri in profondità rivelandone tutta la tridimensionale bellezza.

Si è pensato spesso che il legno venisse trattato in modo particolare, oppure che tanta bellezza fosse il risultato derivato dalla naturale ossidazione, ma di fatto gli strumenti costruiti dalla seconda metà del 1700 fino ai giorni nostri, mostrano apparenze e luci diverse dagli strumenti costruiti nelle epoche precedenti.

Molti liutai di ieri e di oggi sono andati alla ricerca di un mitico “fondo dorato”, di cui ho spiegato i principi nel mio articolo “Antonio Stradivari, Benvenuto Cellini e i segreti della luce” (C. Rampini 1996), che di fatto rende la dinamica della luce delle vernici antiche simili a quella con cui venivano trattati i gioielli dell’arte orafa tra Rinascimento e Barocco, senza per questo giungere a qualcosa di lontanamente paragonabile ai capolavori antichi della liuteria.
Va comunque detto che ogni epoca ha prodotto i propri capolavori, ed anche in campo liutario non possono essere trascurati pregiati strumenti tra 1800 e 1900 che comunque condividono onorevolmente la gloria del violino, ma di fatto sono strumenti che per luce e stile sono molto diversi da quelli antichi della classicità cremonese.

A onor del vero anche oggi che la composizione della vernice antica cremonese non è più un mistero, poiché ripetute analisi chimico-fisiche e ricerche storiche e documentali (si legga il mio articolo “Riflessioni su una frase di Antonio Stradivari – da una lettera del 13 Agosto 1708 – C. Rampini 1995), ci hanno confermato della presenza di vernici di natura oleoresinosa, ancora gravi interrogativi rimangono sul suo modo di colorarla e di applicarla, e ancora più grande è il “mistero” che riguarda la preparazione del legno affinché ne venga resa reale la mitologia del famoso “fondo dorato”.

Fondo trattato di un violino di Claudio Rampini 2017

I modi di trattare il legno pure anche strettamente legati alla nostra tradizione storico-artistica, sono pressoché infiniti, ed anche di fronte a risultati esteticamente convincenti, non abbiamo al momento prove evidenti di essere giunti a qualcosa di paragonabile ai legni degli strumenti antichi.

Nota bene, qui parliamo di vernici e preparazioni del legno, trascuriamo per amore di concisione e brevità il loro ruolo acustico, perché è essenziale che il “problema vernice” vada scomposto nelle sue parti affinché siano oggetto di studio serio ed attendibile. Va da sé che le positive influenze sul suono delle vernici oleoresinose realizzate secondo ricette e metodi antichi (la più classica e comune: colofonia cotta con sali metallici ed unita ad olio di lino nella proporzione consueta di 1:1), siano accadute in modo quasi casuale, poiché la loro natura leggera ed elastica, unitamente a strati insolitamente sottili (almeno rispetto alle moderne vernici poliresinose a base alcolica), hanno indubbi effetti positivi sul suono di un buono e ben costruito strumento ad arco.

Un liutaio alla Sapienza.

La IUC (Istituzione Universitaria dei Concerti), organizza stagioni concertistiche di grande livello, laddove il repertorio cameristico occupa uno spazio ragguardevole (a mio parere una delle migliori realtà della musica da camera), in cui spesso si ha occasione di ascoltare strumenti ad arco entrati nella leggenda.

Ripenso al Quartetto di Cremona quando si è esibito con quattro strumenti di Antonio Stradivari appartenuti a Nicolò Paganini, al violino “Maréchal Berthier” sempre di Stradivari costruito nel 1716, oggi suonato da Anna Tifu, al violoncello “Hill” del 1749 di Giovanni Battista Guadagnini suonato da Nicolas Altstaedt, al Guarneri del Gesù del 1744 suonato da Uto Ughi. Non solo, anche strumenti di costruzione più recente come il violino Ansaldo Poggi del 1967 suonato da Domenico Nordio, oppure un violino e una viola tra gli strumenti suonati dall’Emerson String Quartet costruiti da Samuel Zygmuntowicz soltanto alcuni anni fa.

Quindi, un’occasione unica per conoscere meglio strumenti meravigliosi, e con essi i musicisti e la loro musica. Un breve spazio di circa mezz’ora, prima del concerto, in cui spiegherò la tecnica e la storia degli strumenti, così da guidare il pubblico ad un ascolto consapevole e coinvolgente

Il primo incontro è previsto per il prossimo 30 Novembre alle ore 16.30, nella Sala Multimediale (entrata Rettorato, Aula Magna della Sapienza) . Si esibirà in concerto Gabriele Pieranunzi con un violino del napoletano Ferdinando Gagliano del 1762, appartenuto alla leggendaria Gioconda De Vito, assieme alla pianista Jin Ju e l’ensemble Philarmonia Chamber Players.

Qui il programma completo del concerto: https://www.concertiiuc.it/events/gabriele-pieranunzi-jin-ju/

La partecipazione all’incontro è gratuita.

Claudio Rampini