
Ho iniziato a costruire violini nel 1985 basandomi quasi esclusivamente sul libro di Sacconi “I ‘segreti’ di Stradivari”, perché pur completamente a digiuno di una qualsiasi competenza liutaria, ne apprezzai subito la bella proprietà di linguaggio e la completezza delle informazioni.
Uno dei miei capitoli preferiti è proprio quello dedicato alla forma del violino, ed è quello su cui mi sono basato per costruire i miei strumenti da allora fino ad oggi, perché ho sempre pensato che un liutaio debba essere padrone di creare le proprie forme in modo originale.
Anche se il disegno della forma a mano di Sacconi contiene alcune imprecisioni sul calcolo della sezione aurea e il riporto della lunghezza della forma “G” originale (lunga 350.4mm e non 354mm, come riportato nel libro), ho sempre trovato affascinante questo suo metodo, che trova i suoi fondamenti nella opera di Luca Pacioli “De Divina Proportione” del 1509, i cui insegnamenti vengono ancora oggi praticati presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Ricordo a questo proposito che nell’introduzione del libro “I ‘segreti’ di Stradivari” di Sacconi, curata da Alfredo Puerari, è chiaramente scritto che Sacconi abbia frequentato il corso di studi nella sua completezza presso l’accademia romana. Quindi è lecito pensare che Sacconi abbia imparato proprio lì questo metodo che poi egli ha applicato al disegno della forma Stradivariana.

Negli anni ho disegnato con questo stesso metodo non solo le forme dei miei violini, ma anche quelle dei violoncelli e delle viole, ispirandomi a Stradivari, Amati e Andrea Guarneri (per le viole) e Giuseppe figlio di Andrea, trovando sempre congrue corrispondenze che mi hanno permesso di realizzare strumenti al tempo stesso personali ed ispirati alle proporzioni dei classici.
Tuttavia non mi ero fino ad oggi mai cimentato in modo sistematico nello studio della forma di Giuseppe Bartolomeo Guarneri detto del Gesù. Infatti, la forma Guarneri “Alard” 1742, è stata da me sì disegnata con squadra e compasso, ma non facendo troppa attenzione al concetto della sezione aurea, date le forti irregolarità a cui le creazioni guarneriane furono soggette. Ma preso il coraggio a due mani, complice il fatto che ormai avevo acquisito un certo occhio sulla forma Guarneri “Alard”, mi decisi finalmente a realizzare la mia prima forma guarneriana partendo da un solo unico dato: la lunghezza dello cassa, da cui ho ricavato quella della forma. Cioè a dire che le casse armoniche guarneriane sono in genere piuttosto corte rispetto a quelle stradivariane, circa 353mm, che facendo i debiti calcoli togliendo i bordi e lo spessore delle fasce si arriva ad una forma lunga 346mm.

Questa misura, che oltrettutto è simile a quella del “Tiziano” 1715 di Stradivari, mi ha subito fatto pensare che le proporzioni guarneriane non fossero così diverse non solo da quelle stradivariane, ma anche da quelle amatiane e di altri membri della famiglia Guarneri. Il fatto di essere partito dall’unico dato della lunghezza della cassa, senza avere a riferimento nessuno strumento reale è stato per me fondamentale per non essere influenzato riguardo il risultato finale, così come ho fatto a suo tempo quando ho disegnato le forme stradivariane PG e G di Stradivari.
Il primo risultato è stato incoraggiante perché a fronte di una minore larghezza dellle CC (circa 3mm), e di una “apertura” minore delle punte superiori, tutte le curve della nuova forma sono risultate coerenti al confronto delle fotografie di alcuni strumenti reali. Tenuto conto della forte irregolarità del lavoro di Guarneri del Gesù, ho quindi adeguato la larghezza minima delle CC a quella della media degli strumenti reali (circa 110mm), e ho proceduto ad “aprire” le punte superiori.

A questo proposito, è bene precisare che in fase di disegno di una forma che segua le proporzioni stradivariane, il completamento delle punte è sempre da intendere in modo del tutto teorico, poichè non esistendo in questo caso una regola fissa che ci guidi nel disegno delle punte medesime, ecco che la pratica ci soccorre e ci suggerisce di usare raggi più ampi per ciò che riguarda i raggi di curvatura delle fasce delle CC per ciò che riguarda la parte aderente alle punte superiori e in parte anche a quelle inferiori. Sotto questo aspetto il lavoro di Stradivari indica chiaramente gli adattamenti fatti in questo senso: si prenda il violino “Il Toscano” 1690 e il “Cremonese” 1715, e si potranno vedere notevoli differenze nelle curve delle CC nella parte aderente alle punte superiori.
Questo vale ancora di più per Guarneri del Gesù, che nel tempo sembra avere “aperto” le punte superiori in modo molto evidente, affinchè non si avessero soverchie difficoltà nella piegatura delle fasce, riuscendo al contempo a conferire alla forma lo slancio tipico delle CC, conferendo ai suoi strumenti uno stile inconfondibile, forse ereditata da Andrea Guarneri perché anche le viole del nonno in questo caso mostrerebbero un ampio “respiro” nell’altezza delle CC. Questa apertura delle punte superiori sembra essersi mantenuta per buona parte degli strumenti costruiti dal 1735 in poi da Guarneri del Gesù.
E’ importante tenere presente che lavorare con una forma interna significa in ogni caso ottenere sempre uno strumento diverso dall’altro, questa è una delle peculiarità di questo metodo di costruzione del violino secondo la tradizione cremonese. Nella pratica quotidiana del mio lavoro mi sono trovato spesso a cambiare la modellazione delle punte a seconda dell’estro del momento, preferendo nel tempo avere punte non troppo lunghe onde evitare che suonando lo strumento, l’arco ne “intercetti” le delicate estremità con conseguenti possibili danni alle punte stesse.
Avere punte più corte o più lunghe anche di un solo millimetro comporta differenze stilistiche marcate e sostanziali, che si ripercuotono sull’intera linea dello strumento, filetti inclusi. Oltretutto è anche necessario che la lunghezza delle punte superiori sia coerente con quelle inferiori, e viceversa; questo è il motivo per cui una nuova forma interna richiederà sempre la costruzione di alcuni strumenti di “perfezionamento”. L’osservatore esterno potrà non percepire questi particolari, ma il liutaio che ha disegnato la forma e con essa ha costruito gli strumenti, conosce bene queste fasi di lavorazione.

Questo disegno della nuova forma guarneriana basata sulla sezione aurea, è ad oggi oggetto di ulteriori studi e perfezionamenti, inclusi confronti e consulti con altri miei colleghi ed allievi, al momento non è stato ancora realizzato nessuno strumento con essa, ma sono abbastanza ottimista. La mia soddisfazione è quella di avere finalmente raggiunto in modo che ritengo affidabile una possibile definizione della forma che Giuseppe Guarneri detto del Gesù avrebbe usato per i suoi strumenti, seguendo proporzioni niente affatto diverse rispetto a quelle usate da Stradivari e gli Amati, al punto che inizialmente Guarneri stesso ha usato riferimenti stilistici e formali esplicitamente stradivariani (vedi violino “Kreisler” del 1730). Il suo stile inconfondibile, che noi oggi notiamo anche dalla forma che ho infine disegnato, sembra sia derivato da alcune accortezze adottate al fine di un lavoro più spedito, e sicuramente anche da una padronanza di uno stile personale che ancora oggi continua a fare scuola, meritatamente.
Un capitolo a parte sarà dedicato al violino “Tiziano” 1715 di Stradivari, che sembra condividere così tanto in termini di proporzioni con le forme Guarneri.
Testo, disegni e foto di Claudio Rampini