Tralascio volutamente anche tutte le questioni relative al reperimento e al trattamento del legno e alla sua stagionatura, perché analogamente a ciò che avvenne nel mio studio riguardante le vernici filologiche ad olio, ciò che oggi come allora ci può dare una risposta è allargare la ricerca a campi storico-artistici ed antropologici solo apparentemente estranei alla liuteria, e al tempo stesso concentrare l’attenzione sulle singole caratteristiche della vernice antica, per questo motivo qui tratterò principalmente degli aspetti legati alla preparazione del legno prima della verniciatura, cioè a dire la preparazione di quel “fondo dorato” su cui verrà distesa la vernice più o meno colorata di carattere oleoresinoso.
Chi avrebbe mai detto, ad esempio, che una lettura del trattato di Cennino Cennini o delle “Vite” di Giorgio Vasari avrebbero avuto un ruolo fondamentale nel capire il funzionamento delle antiche vernici oleoresinose e le loro proprietà di essiccazione alla luce del sole? Eppure, dopo tanti oceani di inchiostro sui misteri delle vernici antiche cremonesi, e pur vedendo ancora in tempi moderni la sopravvivenza di vernici alla colofonia (seppure applicate in campi diversi da quello liutario, dal libro sulle vernici di Turco – Hoepli), non si è stati capaci di volgere lo sguardo altrove e trarne ispirazione.
O quei liutai che pure hanno usato vernici a base di colofonia e olio di lino, ignorando le pratiche di pirogenazione e cottura ai sali metallici e relativi trattamenti dell’olio, nonché di un uso corretto e scelta dei pigmenti, hanno di fatto comportato la sua quasi completa esclusione in liuteria per i gravi inconvenienti riguardo la sua essiccazione ed alterazione dei colori (vedi “Alla ricerca della vernice degli antichi liutai – Lapo Casini – 1983).
Come pure un libro di Primo Levi, “Il Sistema Periodico” del 1975, che si occupa di questioni totalmente estranee ad ogni materia liutaria, di fatto costituisce per lo studioso di strumenti ad arco un’opera di fondamentale importanza per la comprensione della tradizione artigianale legata alla produzione delle vernici. Infatti, all’inizio di ogni capitolo di questo suo libro, Primo Levi cita alcuni degli elementi della tavola periodica tracciandone il percorso storico-alchemico, e questo per un chimico quale lui era è di grande interesse perché fa capire il collegamento tra la scienza moderna e la tradizione antica.
Aldilà di una formulazione più o meno attendibile e filologica di un processo di verniciatura che ci riporti alle antiche glorie (obiettivo irraggiungibile, poiché ogni epoca ha le sue irripetibili eccellenze), è prima di tutto indispensabile un recupero del patrimonio culturale che ci aiuti a comprendere le dinamiche per cui un piccolo numero di liutai cremonesi che tra la fine del 1500 e la prima metà del 1700, sia riuscita a realizzare un vero e proprio mito, di fatto mai sfatato perché mai ben compreso, anche se oggi sembra esserci qualche mistero in meno rispetto al passato.
Di fatto, nonostante che ogni liutaio abbia la pretesa più o meno dichiarata di eguagliare o addirittura superare il talento di Stradivari, la nostra è una vera e propria corsa all’oro che dura ormai da almeno tre secoli, alla ricerca di una pietra filosofale che magicamente cambi il nostro vile metallo in prezioso oro.
È proprio per queste ragioni, che spinto dalla curiosità decido di dedicarmi allo studio della figura e dell’opera del gesuita tedesco Athanasius Kircher (1602-1680): dopo il mio trasferimento da Pisa a Tivoli, l’incontro è stato inevitabile, infatti grazie ai miei amici musicisti di area romana è stato per me impossibile ignorarlo.
Dapprima come semplice interesse culturale per le sue originali e monumentali opere letterarie (tra le numerose altre: Musurgia Universalis, Ars Magna Lucis et Umbrae, Mundus Subterraneus, Oedipus Aegyptiacus, scritti tra il 1647 e il 1665), principalmente perché Kircher fu contemporaneo di Nicolò Amati, che anche avendo operato in ambienti lontani da quello di Cremona, avrebbe sperabilmente offerto qualche elemento di comprensione utile per la liuteria antica.
Ma perché proprio Athanasius Kircher? Prima di tutto perché la sua è una figura bellissima ed importante che merita di essere studiata a prescindere (era contemporaneo anche di Galileo Galilei, ed è importante confrontare queste figure che hanno segnato lo spartiacque tra il sapere antico e la scienza moderna), e poi perché Kircher ha prodotto pensieri legati alla musica e alla musicologia (Musurgia Universalis), quindi un testimone diretto di quell’epoca che tra le altre cose ha visto sorgere il mito della liuteria classica cremonese. E poi chi meglio del gesuita Kircher, che tra le sue mille qualità, aveva anche quella di essere un alchimista e uno storico dell’alchimia? Di corsa all’oro certamente un alchimista se ne intende molto meglio di un liutaio.
Un legame, seppure apparentemente tenue, tra Kircher e gli Amati è dato dalla ricerca sulla luce, infatti Kircher ha recuperato e sviluppato un patrimonio simbolico che altrimenti sarebbe andato perduto per sempre, attraverso lo studio dell’alchimia e della sua storia. Gli Amati, come è noto la luce l’hanno prodotta attraverso le meravigliose vernici dei loro altrettanto meravigliosi strumenti.