L’autenticità degli strumenti ad arco

07 settembre 2010
Non si sa bene il periodo storico in cui si è iniziato a falsificare i violini e gli altri strumenti della famiglia degli archi, ma è sicuro che già durante il 1600 c’è stato qualcuno che tentava di far passare come Amati strumenti che non avevano niente a che fare con Amati stesso. Ai tempi di Galileo i violini di Nicola Amati erano valutati da due a tre volte di più rispetto agli strumenti prodotti da altri autori, falsificare un violino non è come falsificare un quadro, chiunque può costruire un violino, chiunque può stampare un’etichetta e apporvi un’etichetta di comodo: l’importante è chiudere la cassa e un occhio. Ma non è così facile, costruire un buon violino richiede esperienza ed applicazione di decenni, ogni strumento parla per il suo autore, basta saperlo.

 

Il paradosso è che molti falsi d’epoca sono stati a loro volta molto rivalutati, così che oggi vediamo strumenti che rappresentano il falso, di un falso, di un altro falso, ossia il concetto di un falso elevato a potenza il cui esponente non si può calcolare in modo preciso. Prendete una fila di venti persone, la prima sussurri nell’orecchio della seconda una parola di qualsiasi significato come “carota”, la seconda sussurri nell’orecchio della terza e così via fino all’ultimo della fila, con buon margine di sicurezza vedremo che quella semplice parola e il suo significato verranno completamente stravolti in “carriola”, “scatola”, “agricola”, “scoiattolo” e in chissà quale altro fantasioso termine.

Perché la mente umana registra tutto, ma ciascuno di noi lo fa a modo suo e il significato dei contenuti degrada passando di mano in mano o semplicemente si evolve come nel caso delle tradizioni culturali. Così come è avvenuto e ancora avviene per la toponomastica: il fiume Po non è altro che la contrazione avvenuta nei secoli di “Padum”, oppure “Capitolium” che si espande e diventa “Campidoglio”.

I fenomeni che riguardano l’evoluzione della lingua riguardano molto da vicino anche la liuteria ed è interessante constatare come nel tempo gli stili e le pratiche costruttive siano cambiate prendendo spunto da un originale che spesso si è solo immaginato, visto che non tutti i liutai del passato hanno avuto come oggi la possibilità di esaminare strumenti originali e i documenti che li riguardano. Avviene quindi che l’immaginazione riempia un vuoto di informazione, o se questa è presente, semplicemente non la si sa interpretare e si inventa al momento, secondo le circostanze, la natura e la cultura degli individui.

In liuteria, ma anche in altri campi artistici, constatiamo che l’evoluzione naturale dello stile è accompagnata spesso dalla volontà dolosa di “creare” ulteriori copie più o meno conformi agli originali in modo tale che se ne possano trarre cospicui guadagni con poca fatica. Spesso non c’è nemmeno bisogno di creare una copia, ma si prendono strumenti antichi di autori cosiddetti “minori” che vengono automaticamente promossi al rango di “originali” con stratagemmi più o meno elaborati (cambio di etichette, sostituzione ed integrazione di parti degli strumenti, ecc. ecc.).

E’ interessante notare che questi fenomeni riguardino non solo gli strumenti antichi, ma anche quelli moderni e contemporanei, quantificare l’entità del fenomeno è praticamente impossibile perché non c’è nessun controllo ufficiale sul commercio degli strumenti e l’acquirente si trova quasi sempre a dover contare sulla autorevolezza di un certificato o sulla parola di un esperto di indubbia fama o supposto tale. Perché, bisogna saperlo, in liuteria non vale la regola ormai acquisita in altri campi dell’arte, che un’opera debba essere accompagnata da una documentazione di valore scientifico (analisi, radiografie, documentazione di restauri e simili) e storico, ma è sufficiente il parere di un esperto, un foglio di carta intestata, alcune fotografie ed una firma. Questo è quanto.

Che io ricordi, l’opera che qui presento “L’autenticità degli strumenti ad arco” è la prima che tratti l’argomento in modo mirato e specifico, questo non per confutare le decine di migliaia di certificazioni di strumenti, bensì per offrire al musicista e più in generale ad acquirenti e commercianti, una panoramica esauriente su tutti gli aspetti della problematica.

Roberto Calvo, violinista e professore di Diritto Civile dell’Università di Torino, assieme ai colleghi Alessandro Ciatti, Matteo M. Francisetti Brolin e al violinista Marco G. Chiavazza, violinista ed esperto di liuteria, si sono assunti l’oneroso compito di trattare la materia riguardante l’autenticità degli strumenti da un punto di vista prettamente giuridico e liutario. La compravendita di uno strumento e/o la sua certificazione sono a tutti gli effetti atti legali regolati da una serie complessa di norme, il difficile è interpretarle ed applicarle correttamente ad ogni caso specifico.

Ma un giudice o un avvocato non sono esperti di liuteria e debbono avvalersi a loro volta di periti, anch’essi regolarmente certificati e documentati, ma è come una goccia nel mare, ho spesso assistito a cause legali che riguardavano strumenti ad arco prolungarsi per molti anni, senza peraltro addivenire ad una conclusione certa che mettesse chiarezza nella disputa. Nella parte che gli compete, Roberto Calvo riduce la visione del problema in parti elementari ben riconoscibili, tracciando quei principi di diritto che sono alla base di ogni transazione, una utile traduzione per consumatori, avvocati e magistrati, che riportano le questioni squisitamente specialistiche su un sano terreno di legalità, senza privilegiare nessuna delle parti in gioco.

Qui non si criminalizza l’attività del venditore o del commerciante di strumenti, così come non si vuole indurre ad un’osservazione paranoide il potenziale acquirente, ma si forniscono dati importanti in grado di evitare possibili malintesi e dispendiose controversie. Marco Chiavazza in questo senso ci fa capire che nessun tribunale può arrivare a giustizia e verità senza il presupposto di prove documentali ed evidenze scientifiche che oggettivino le osservazioni degli esperti. Ogni strumento antico cela una storia complessa che si può articolare in percorsi di attribuzione inimmaginabili e al limite del paradossale, Chiavazza nel libro ce ne dà un saggio pubblicando fotografie e disegni che riguardano etichette, marchi, timbri, iscrizioni ed ogni sorta di caratteristica identificativa che potrebbe, anzi, dovrebbe essere inserita nella documentazione che accompagna gli strumenti.

La storia intima che si cela dietro ogni violino rimane spesso un mistero per il comune mortale, ricordo che il liutaio Simone F. Sacconi è stato uno dei pochi, forse l’unico, che abbia racchiuso in poderosi volumi tutti gli interventi di restauro da lui eseguiti nelle botteghe di Herrmann e Wurlitzer a New York, questi volumi alla morte di Sacconi sono poi passati alla J&A Beare di Londra, che io sappia nessun altro ha mai potuto prenderne visione, nè tantomeno sono stati oggetto di pubblicazione anche parziale.

Ovviamente dobbiamo ringraziare chi come Beare e Hill si è prodigato con ogni mezzo per far sì che la voce degli strumenti antichi si tramandasse per le generazioni future, oggi i grandi strumenti classici sono ben documentati e studiati, ma esistono ancora oggi troppe incertezze e la fiducia sulla parola non basta. Molti strumenti antichi vengono ancora oggi modificati in modo più o meno pesante, senza che gli interventi siano documentati, paradossalmente ciò non avviene solo per ignoranza, dolo o malafede del restauratore di turno, ma spesso è semplicemente la volontà di un musicista, proprietario dello strumento, a desiderare l’intervento per più o meno giustificate esigenze di sonorità o suonabilità.

Eppure è ben risaputo che anche il documentare negli anni interventi non invasivi come la semplice sostituzione di un’anima, un ponticello o i piroli, siano di fondamentale importanza nella tracciabilità di uno strumento, ma a differenza dei quadri, i violini, le viole e i violoncelli sono oggetti d’uso quotidiano suscettibili ogni giorno di un cambiamento più o meno visibile, a maggior ragione potenziali soggetti di indagine e di “distrazione” al tempo stesso. E’ più facile notare una nuova screpolatura, magari minutissima, in una tavola d’altare dentro una chiesa da 500 anni, piuttosto che lo stravolgimento delle bombature di un violino, magari appartenente ad un professionista quotidianamente impegnato in viaggi e concerti in tutto il mondo, dovuto ad una non corretta conservazione dello strumento.

Credo, o perlomeno auspico, che dalla pubblicazione di questo libro si possa dire che “niente più sarà come prima”, è comunque certo che gli Autori abbiano fatto il possibile per mettere nero su bianco norme e comportamenti attorno agli strumenti ad arco aprendo la strada al dialogo e all’informazione.

L’autenticità degli strumenti ad Arco
Autori: Roberto Calvo, Marco G. Chiavazza, Alessandro Ciatti, Matteo M. Francisetti Brolin.
G. Giappichelli Editore – Torino
Prezzo: € 55,00