Il canto di Anna Tifu

Per il terzo concerto della stagione “Minerva” presso l’Aula Magna della Sapienza (I.U.C. Istituzione Universitaria dei Concerti), ieri sera si è esibita la violinista Anna Tifu con il suo splendido “Marechal Berthier”, uno Stradivari del 1716, con musiche di Prokof’ev, Schumann, Chausson e Ravel (per il programma completo vedere qui), accompagnata dal pianista Julien Quentin.

Anna Tifu è una violinista particolare, non ama il virtuosismo fine a sé stesso, e pur possedendo qualità tecniche che le consentono di affrontare con agilità qualsiasi repertorio, le sue scelte sono spesso dirette su quei brani che le consentono di creare atmosfere di grande intensità lirica.

Cioè a dire che le pur impervie difficoltà tecniche di compositori come Paganini o De Sarasate, a volte servono per nascondere una certa povertà di ispirazione ed il canto che ne risulta è spesso privo di colore.

E se poi si pensasse per assurdo che Prokof’ev e Schumann siano scelte di comodo, solo un folle può arrivare a pensarlo, perché bisogna comunque possedere doti interpretative non comuni.

Per farla breve, far cantare un violino è una delle cose più difficili perché richiede una grande padronanza dell’arco, specialmente pensando ai pur talentuosi violinisti di scuola orientale, a nostro avviso piuttosto noiosi.

Il gesto violinistico di Anna Tifu è apparso sempre sicuro e ben calibrato, la voce del suo “Marechal Berthier” perfetta ed esemplare, ed ancora una volta, semmai servissero ulteriori conferme, essa resta un riferimento per quei liutai che oltre a costruire strumenti, avessero in proposito di perseguire bontà di timbro e ricchezza di armonici.

Alexandre Berthier fu un generale francese che condusse una guerra vittoriosa in Spagna, nel bottino di guerra vi era compreso questo violino di Stradivari costruito nell’anno 1716, costruito per la corte spagnola, e che Napoleone Bonaparte gli donò per compensarlo dei suoi buoni servigi.

Niente di questo violino può essere considerato fuori posto: la sua quarta corda, così ricca e dinamica, che esprime “quel” timbro che ha fatto storia fin da quando lo strumento fu trasformato da barocco in moderno e l’equlibrio tra le quattro corde, che lascia sempre libero il musicista di poter suonare senza fallo qualsiasi musica gli venga in mente di suonare.

Tenuto poi conto che lo strumento veniva suonato, complice il diligente pianismo di Julien Quentin, su uno Steinway gran coda, noto da sempre per l’eccellenza del suo timbro e la generosità dei suoi volumi sonori, Anna Tifu e il suo Stradivari hanno potuto raggiungere ogni angolo della sala senza apparenti difficoltà, anche nel più tenue sussurro.

L’unico appunto che ci sentiamo di fare è sul suono del pianista Julien Quentin, che forse per privilegiare la pur ottima ed eccellente Anna Tifu, è apparso leggermente in penombra rispetto al violino, a scapito di un impasto sonoro che a nostro parere avrebbe potuto essere più colorito e corposo.

Test e fotografie Di Claudio Rampini