Ieri alla Sapienza di Roma per la stagione organizzata dalla IUC (Istituzione Universitaria dei concerti, il violinista Uto Ughi ha tenuto un concerto che crediamo molto significativo, infatti era il 2 Aprile 1959 e all’età di 15 anni il giovane Ughi si è esibito alla Sapienza per la prima volta.
Ed io ho saputo dell’esistenza di Uto Ughi alla fine degli anni ’70, attraverso la televisione, all’inizio della mia passione per la musica classica. Mi colpirono i suo garbo e il suo modo di approcciare il violino. Ricordo ancora in una intervista quando nello spiegare che gli studi quotidiani li eseguiva su un violino moderno, ne definì “acidino” il suono, paragonato agli strumenti antichi, poi riprese a suonare ed io rimasi affascinato.
Del liutaio che costruì quel violino “acidino” non no ho mai conosciuto il nome, ma il fatto che Ughi mostrasse di non avere timori reverenziali di fronte a nessun strumento, antico o moderno che fosse, me lo rese ancora più gradito.
E poi ricordo ancora quando nell’attesa di un autografo all’uscita degli artisti del Teatro Comunale di Firenze, io gli porsi il biglietto e lui molto gentilmente scrisse il suo nome e poi “Auguri!”.
E poi le “Quattro Stagioni” di Vivaldi alla chiesa di San Francesco a Lucca, lui che prima di suonare spiegava la sua musica, ed il pubblico accorso numeroso ad ascoltarlo applaudiva come se fosse una stella del rock.
Ed ancora a Livorno, al Teatro della Gran Guardia, quando insieme al pianista Alessandro Specchi si produsse in un repertorio, come al suo solito, difficile ed impegnativo. Quella per me fu la prima volta in cui ebbi occasione di ascoltare un Guarneri del Gesù (credo che avesse ancora quello del 1739), in una grande sala ricolma di persone.
Io ero seduto nelle ultime file della galleria ed il suono del suo violino si udiva perfettamente.
Così come pure ieri sera il suono del Guarneri 1744 era perfetto e del giusto “colore” timbrico su tutte e quattro le corde. Se si vuole avere un’idea del suono ormai diventato leggenda di un grande violino antico, bisogna almeno una volta ascoltare questo violino.
Non ascoltavo Ughi da un certo numero di anni, il poterlo ascoltare di nuovo mi ha dato molte sensazioni, all’inizio sembrava che il Maestro evidenziasse un arco un po’ pesante, però man mano che il programma si svolgeva snocciolando brani di grandi difficoltà, sembravano aumentare la sua energia e la sua agilità, fino ad arrivare alla “Tzigane” di Ravel, eseguita in modo impeccabile.
Il programma completo del concerto lo si può trovare qui.
Testo e foto di Claudio Rampini