Il mio amico Enrique qualche anno prima di morire mi disse “Claudio, tu scriverai il mio epitaffio.” o qualcosa di simile che potesse ricordare degnamente la sua scomparsa.
Io però non lo presi troppo sul serio perché a distanza di più di 3 anni non ho scritto niente su Enrique perché figuriamoci se una persona famosa come lui potesse avere bisogno di un emerito sconosciuto come il sottoscritto per una responsabilità così importante.
Però una volta il mio amico Enrique mi chiese di scrivere al Papa, perchè era una di quelle soddisfazioni che avrebbe voluto togliersi prima di lasciare questo mondo: poter incontrare Papa Francesco e finalmente potergli dire “Figlio mio!”, e abbracciarlo affettuosamente.
Sì, perché il mio amico Enrique, e lo dico con grande senso di orgoglio è stato il protagonista di uno dei film più celebrati di sempre, non sto qui a ricordarne il titolo perché tutti sanno che Enrique interpretò Gesù nostro Signore e Guida nel film di Pier Paolo Pasolini, e che questo ruolo Enrique ha in qualche modo giocato per tutto il resto della sua vita, e per questo esatto motivo mi chiese di scrivere al Papa.
Ed il Papa rispose, seppure per interposta persona del suo segretario, inviando una cortese disponibilità per un’udienza pubblica, nella busta era contenuta anche una foto di Papa Francesco, giusto per ribadire che sul soglio di Pietro non c’è Gesù che tenga. Ma Enrique lasciò perdere tutto, la sua era una richiesta per un’udienza privata, a tu per tu, e non una di quelle cose che stai in mezzo alla folla e il Papa lo puoi vedere solo da lontano.
Io ed Enrique eravamo un po’ come Don Chisciotte e Sancho Panza, nel senso che lui era il cavaliere di belle speranze ed io il suo servo sempre a disposizione, pronto anche a dargli qualche consiglio. Perché fra noi due chi prendeva fuoco e avvampava furiosamente era lui, io un poco mi scaldavo al suo calore, ma anche mi divertivo un mondo perché il suo furore non conosceva limiti e rispetto per nessuno. Enrique in questo possedeva il senso assoluto della democrazia, l’ipocrisia non gli apparteneva e gli uomini erano tutti uguali. Le donne però erano un pò meno uguali, perché nella vita di Enrique, come in quella di Don Chisciotte, la Donna ha fatto veramente la differenza.
Infine anche Angela Molteni, la mia amatissima e compianta maddalena pasoliniana, se ne dovette fare una ragione e parlando di Enrique, che eternamente irrequieto entrava e usciva dalle relazioni umane, ne emergeva un grande affetto, pur tra mille contraddizioni anche Enrique nutriva per Angela un grandissimo affetto, tant’è che per la sua scomparsa fu proprio Enrique ad interessarsi affinché il patrimonio pasoliniano di Angela non andasse disperso.
Un giorno mi trovai disperso e allontanato ingiustamente dalla cerchia di nostri amici comuni, cosa che mi gettò nello sconforto e nell’amarezza, ma venni contattato da un oscuro personaggio tedesco del tipo “Heinrich Heisenberg”, o qualcosa di simile, ma che in realtà era proprio Enrique che segretamente e sotto mentite spoglie mi offriva il suo supporto facendo la spia e comunicandomi le trame dei miei nemici.
Più che suo servitore, io mi sono sentito un poco suo figlio, e per questo credo di averlo deluso quando gli confessai la mia profonda avversione per il gioco degli scacchi, che invece lui adorava, ma che potevo farci? il nostro era un rapporto franco e sincero, io non ho mai pensato di dirgli una cosa per un’altra, e credo neanche lui.
Poi venne il giorno in cui una certa giornalista pubblicò un libro che io ritenevo molto discutibile su Pasolini, e ne scrissi una recensione così feroce, che la giornalista leggendola minacciò seriamente di querelarmi. Ma io non avevo usato un linguaggio offensivo e tantomeno volgare, avevo solo stroncato quell’opera a mio avviso indegna così come farebbe qualunque critico.
Ma io non ero un critico, ero solo un lettore appassionato di letteratura e di Pasolini che ebbe il torto e la presunzione di stroncare un libro che non avevo neppure letto. D’altra parte non c’è bisogno di mangiare il piatto di zuppa se già prima di assaggiarla avverti un odore disgustoso!
In quell’occasione fu proprio il mio amico Enrique che mi salvò, perché prese apertamente le mie difese in nome dell’affetto che provava per me, ma sopratutto a difesa del diritto di parola e di pensiero.
Ecco, Enrique era uno stratega ed io il suo opposto, e come è noto gli estremi si toccano, e quindi andavamo perfettamente d’accordo. Solo una volta, quando Enrique voleva spingermi ad una specie di colpo di stato in un gruppo social vagamente pasoliniano, io gli resistetti perché semplicemente mi sembrava inutile spendere energie per una cosa altrettanto inutile. E lui in qualche modo si offese, e penso anche che si arrabbiò con me, ma nei fatti il nostro rapporto rimase invariato e pieno d’affetto, solo che da allora in poi credo che Enrique abbia pensato a me come ad una specie di bradipo in forma umana.
Allora, io tentai di fargli capire che la mia strategia andava oltre alla partita di scacchi, non mi interessava vincere la battaglia, ma puntavo direttamente a Dio, ed i suoi occhi si riaccesero di entusiasmo perché l’idea di andare oltre l’impossibile gli era sempre piaciuta. Enrique odiava la mediocrità, molte persone intorno a lui lo frequentavano solo perché era una persona famosa, e di questo il mio amico ne aveva una precisa ed esatta contezza, e se ne serviva come e più gli piaceva, perché in fondo era sempre lui a muovere le pedine nel suo universo.
Un giorno Enrique mi chiese “Claudio, devi fare un violino speciale che porti il mio nome, passerà alla storia come il violino “Irazoqui del Gesù”, che in effetti suonava un po’ ridondante perché lui era già Gesù in tutto e per tutto, ma riprendendo il più famoso liutaio Guarneri del Gesù, il nome che aveva scelto era perfettamente adeguato alla sua figura. Ed oggi quel violino barocco che porta il suo nome riporta in vita il mio amico Enrique con il suo suono, le nostre battaglie di ragazzi di strada, il nostro comune amore senza tempo per Dulcinea.
Claudio Rampini