Il Quartetto Guadagnini suona Shostakovich.

Dimitri Shostakovich ha composto quindici quartetti d’archi, che ad oggi rappresentano un patrimonio monumentale della musica del 1900, certamente non scontato e nemmeno di facile interpretazione ed esecuzione.

Il Quartetto Guadagnini, lo scorso 6 Dicembre ha iniziato il ciclo completo dedicato a Shostakovich nell’ambito dei concerti di Roma Sinfonietta presso l’auditorium dell’Università “Tor Vergata” di Roma. Qui i brani in programma:

  • Quartetto n.1 op.49 “Primavera” (1938)
  • Quartetto n.2 op.68 (1944)
  • Quartetto n.3 op.73 (1946)

Avendo vissuto nella Russa di Stalin, i rapporti di Shostakovich con il potere non sono sempre stati idilliaci, e spesso il grande il compositore ha dovuto sottostare ai diktat ingiusti e paranoici di un regime fondato sulla paura. Ma se pensiamo alle composizioni di Messiaen create in condizioni di restrizione sicuramente ancora più dure, ne scaturisce che infine niente e nessuno può arginare il pensiero creativo.

E difatti il Quartetto Guadagnini, dopo averci regalato la lietezza della “Primavera” del 1938, affronta le oscurità del Quartetto n.2 con un suono direi molto ricco ed intenso, che ci fa capire in pieno la straordinaria complessità del pensiero musicale di Shostakovich. In particolare si viene colpiti dalle sonorità Klezmer, che in un periodo decisamente così difficile per gli ebrei d’Europa, sono riuscite a passare le maglie della paranoia stalinista e a regalarci momenti di autenticità e bellezza nella musica.

E’ difficile inquadrare i quartetti di Shostakovich in un unico pensiero musicale poiché sono tra loro diversissimi per carattere, intensità e perfino genere, tanto fu vasta la sua creatività, tuttavia, ascoltando il Quartetto n.3 vi percepisco impressioni di largo respiro che mi fanno pensare ai compositori francesi tra ‘800 e ‘900, con il valore aggiunto se possibile, di una consapevolezza del suono intima ed unica nel suo genere, che va a cogliere le sfumature più nascoste di cui un quartetto d’archi è capace. Suonare in quartetto è difficile, ma comporre per un quartetto avendo presente le proprietà del suono di ogni strumento e saperle fondere ad arte è operazione che a volte ha del sovrumano.

Di questo il Quartetto Guadagnini, che in questi ultimi anni sembra essere molto maturato in quanto a stile ed interpretazione, dà prova di esserne molto consapevole e accogliamo con grande felicità questa loro iniziativa nell’affrontare il ciclo completo dei quartetti di Shostakovich.

Purtroppo la serata è stata funestata dalla rottura irrimediabile della terza corda della viola di Matteo Rocchi, che ha interrotto la bella e godibile esecuzione del Quartetto n.3. A questo proposito vale ricordare che Rocchi usa corde Spirocore in acciaio, usate a suo tempo dal Quartetto Italiano, e in migliaia di strumenti oggigiorno senza nessun problema, ma una partita fallata ci può sempre stare.

Thomastik e musicisti avvisati, mai dare niente per scontato, ma siamo comunque rimasti soddisfatti per questo brillante inizio del Quartetto Guadagnini, aspettiamo con fiducia il seguito, e magari anche di poter riascoltare per intero e senza interruzioni il Quartetto n.3.

Testo e fotografie di Claudio Rampini