Michael Barenboim: un violinista “diverso”.

Lo scorso 5 Novembre, per l’ottantesima stagione dell’Istituzione Universitaria dei Concerti I.U.C. presso l’Aula Magna Sapienza, si è tenuto un bellissimo ed originale concerto di Michael Barenboim accompagnato da Natalia Pegarkova al pianoforte, e Gilbert Nouno al live electronics per i brani di Boulez.

Questo il programma della serata:

Lili Boulanger 3 Morceaux per pianoforte (non eseguito).

Pierre Boulez Anthèmes 1 per violino solo

Henri Vieuxtemps Sonata in si bemolle maggiore op. 36 per viola e pianoforte

Maurice Ravel Sonate posthume per violino e pianoforte

Pierre Boulez Anthèmes 2 per violino e live electronics

Ho gradito particolarmente i brani di Vieuxtemps e Ravel, rispettivamente per viola e pianoforte, e per violino e pianoforte, dove Barenboim ha rivelato fin da subito una grande attenzione all’esecuzione senza mai perdere di vista la bellezza del suono.

Si potrebbe definirla una “questione di carattere”, quella di Barenboim di non avere nessuna intenzione di sedurre il pubblico, ma non per scontrosità o tantomeno mancanza di rispetto, ma perché in fondo sia l’esecutore che il pubblico sono lì per ascoltare il pensiero musicale di un compositore, e niente altro.

Certamente il suono caldo della viola, uno strumento contemporaneo di area parigina su probabile modello Maggini, ha contribuito a riscaldare gli animi, confermando la disposizione più unica che rara di Barenboim, di essere un musicista di vedute molto ampie, perché passare da un repertorio classico ad uno di musica contemporanea non è mai facile, ed in questo credo che sia importante l’attenzione che il musicista ha sempre dedicato al repertorio cameristico.

Il tutto condito dalla presenza di un violino d’eccezione: uno Stradivari del 1708 ““Ex-Andrejeus”, in straordinarie condizioni di suono e di conservazione, e che pure ha dimostrato attraverso le abili mani di Barenboim di affrontare l’ostico repertorio contemporaneo senza, per così dire, battere ciglio.

Barenboim predilige le rarefatte atmosfere della musica contemporanea, ma questo non significa trascurare la letteratura musicale delle epoche passate, perché voler porre confini tra un passato e un futuro musicale solo da un punto di vista orecchiabile e melodico, e quindi di facilità di ascolto, risulta piuttosto pretestuoso, se non addirittura pregiudizievole nei confronti del repertorio contemporaneo.

In questo Barenboim sembra essere a suo perfetto agio, producendo il giusto suono con grande misura e un intimo trasporto emotivo. Se pensiamo a quello che un violino può fare, non possiamo non pensare ai divertimenti con cui Paganini intratteneva il suo pubblico eseguendo i versi degli animali, o addirittura vedere il violino usato dai clown dei circhi e produrre suoni improbabili ad accompagnare i gesti goffi del pagliaccio.

Il violino emette rumori molesti solo se è suonato male, per il resto produce solo suoni.

I suoni della musica di Boulez eseguita da Barenboim non sono né buffi e nemmeno divertenti, sono i respiri che accompagnano i nostri pensieri d’ogni giorno, laddove sembra trasparire una certa preoccupazione per nostro futuro. Altro che musica del futuro, quando è il futuro stesso ad essere in discussione!

Pregevole la tecnica esecutiva del live electronics di Gilbert Nouno nel creare echi e campionature di suono, così da conferire al suono del violino di Barenboim una straordinaria dimensione spaziale.

Testo e foto di Claudio Rampini