Nel segno della condivisione: tributo a Simone F. Sacconi

29 maggio 2009
Il 30 Maggio del 1895, nasceva a Roma Simone Fernando Sacconi, il maggior liutaio ed esperto di violini antichi del 1900. Nel 114° anniversario della nascita, voglio ricordarne il valore con un bell’articolo che ho tradotto dall’inglese a firma di Christopher Germain dedicato alla storia della bottega di Rembert Wurlitzer, dove Sacconi ha passato i momenti più importanti della sua vita.
Sacconi è un liutaio che oggi appare ingiustamente dimenticato, a partire dalla sua opera “I segreti di Stradivari” non più pubblicata in italiano, per non parlare delle varie istituzioni liutarie, siano esse scuole, associazioni e fondazioni, dove il nome di Sacconi sembra non suscitare più alcuna emozione. Questo è il nostro modesto tentativo per ridestarne la memoria.

 

Wurlitzer, un nome che evoca un gran numero di ricordi legati alla musica. Quelli che sono vecchi abbastanza possono ricordare l’organo Mighty Wurlitzer, ascoltato nei cinema e nei teatri in tutti gli Stati Uniti durante i primi anni del 20° secolo.

Altri possono ricordare il juke box Wurlitzer, che hanno suonato  le canzonette delle hit parade nei ristoranti e nei bar, durante gli anni ’40, 50, 60 (e anche anni ’70 in Italia. N.d.T.)

Ma ogni violinista, violista o violoncellista che ha più di 50 anni che sente il nome Wurlitzer penserà quasi sicuramente al più grande esperto di violini che l’America abbia prodotto – Rembert Wurlitzer – e agli strumenti storici nel negozio sulla 42° Strada a New York dove ha lavorato dal 1948 fino alla sua morte nel 1963.

In questi brevi 15 anni, Wurlitzer assemblò un team di liutai e restauratori dediti esclusivamente agli strumenti ad arco, di cui egli era un grande appassionato.

Il laboratorio, diretto dal maestro Simone Fernando Sacconi, formò i maggiori nomi della liuteria  moderna  tra cui René Morel, Hans Nebel, Luiz Bellini, Charles Beare, Bill Salchow, e molti altri.

Si stima che durante tale periodo vi sono stati restaurati quasi la metà dei conosciuti 600 violini di Stradivari. (Sacconi, nel suo libro “I segreti di Stradivari”, afferma di aver esaminato e riparato circa 350 strumenti attribuiti ad Antonio Stradivari).

Il negozio di Wurlitzer è stato un crocevia e luogo di incontro per i più grandi musicisti del momento: Heifetz, Piatigorsky, Kreisler, Menuhin, Milstein, Rostropovich, essi lo frequentarono  come clienti del più grande team di esperti di strumento ad arco, restauratori e appassionati che l’America poteva offrire.

La dinastia musicale dei Wurlitzer iniziò nei primi anni del 1700 in Sassonia.
I primi membri impegnati nel commercio furono Hans Andreas, Nicholas, e Hans Adam Wurlitzer, che sono stati elencati nell’albo liutai di violini e liuti  nelle città di Schoeneck e Schillbach (zone di Francoforte, Stoccarda. N.d.T.)
Nel 19 ° secolo, Rudolph Wurlitzer emigrarono negli Stati Uniti, e si stabilirono a Cincinnati, nello stato dell’Ohio.

Nel 1856, si costituì la Rudolph Wurlitzer Co., che inizialmente era impegnata nell’importazione  di parti di strumenti musicali dall’Europa.
Durante la Guerra Civile, Wurlitzer importò corni e altri strumenti da banda.
La compagnia si espanse fino a diventare il più grande rivenditore di strumenti musicali con 32 uffici in tutti gli Stati Uniti.

Una pietra miliare della Rudolph Wurlitzer Co. è stato il dipartimento dedicato agli strumenti ad arco storici.
Rudolph si prefisse di acquisire i migliori strumenti ad arco e archi.
A partire dal 1890, furono effettuati viaggi annuali in Europa, in cui Wurlitzer ebbe modo di acquisire grandi capolavori come il “Betts” di Stradivari e il “Leduc” di Guarneri del Gesu.

Nel 1923 Wurlitzer acquisì gran parte della famosa collezione RD Waddell a Glasgow, e nel 1929 fu acquistata l’intera collezione di Filadelfia del commerciante Rodman Wanamaker.
Molte delle grandi opere cremonesi che ora sono ospitati presso la US Library of Congress e lo Smithsonian Institution sono stati originariamente importati e venduti da Rudolph Wurlitzer.

Alcuni di questi strumenti comprendono le viole “Medici” e “Cassavetti” e i violoncelli “Servais” e “Castelbarco”, così come il violino di Betts 1704, tutti di Stradivari.

Rembert Wurlitzer, nato nel 1904, era destinato a continuare il successo dell’azienda di famiglia oltre la seconda metà del 20 ° secolo.
Fin dalla più tenera età, Rembert, come i suoi predecessori, aveva mostrato passione e attitudine per la liuteria.

Egli inizialmente divenne apprendista di James Reynold Carlisle a Cincinnati, un americano di nascita ed esperto liutaio, il cui lavoro fu in seguito promosso dalla Wurlitzer.
Wurlitzer in seguito fu allievo di Amédée Dieudonné a Mirecourt, in Francia.
Nel 1924, a 20 anni come apprendista nel laboratorio di Dieudonné, costruì un violino etichettato “#4” che è praticamente indistinguibile dal lavoro del suo maestro francese.

Nel 1948 Rembert decise di aprire la propria impresa, distinta da Rudolph Wurlitzer Co., che si concentrerà solo sugli strumenti rari e gli archi.
Questo dette l’autonomia a Rembert di concentrarsi sulla sua vera passione e lo liberò da tutte le complessità delle grandi imprese di famiglia.

La sua azienda, Rembert Wurlitzer Inc., fu ben presto in grado di raccogliere i migliori artigiani, esperti e studiosi che condivisero con lui la conoscenza e l’amore per gli strumenti ad arco.

Nel 1951 il celebre commerciante di strumenti Emil Herrmann decise di chiudere il suo negozio di New York, consentendo a Wurlitzer di aumentare la sua fama mediante l’assunzione del leggendario Simone Sacconi, che di Hermann era il responsabile del laboratorio di manutenzione e restauro.

Sacconi era venerato tra musicisti e colleghi per la sua attenzione al dettaglio e devozione al lavoro.
Secondo il grande restauratore Hans Nebel, che ha lavorato presso la Wurlitzer per 18 anni “Sacconi aveva un occhio, una comprensione per le cose che non fu seconda a nessuno.”

Il braccio destro di Sacconi  fu Dario D’Atilli, anch’egli proveniente dal laboratorio di Herrmann,, anche lui divenne parte del team di Wurlitzer.
Sotto la sua guida tranquilla, senza pretese di leadership, lo staff di Wurlitzer ebbe modo di fiorire ed esprimere il meglio di sé.

Charles Beare, l’eminente esperto di violini inglese, così si espresse nei confronti della tranquilla e disinvolta gestione di Wurlitzer: “Per lui era semplice: non c’erano e non dovevano esserci segreti. La conoscenza è qualcosa che deve essere condivisa e sta ai suoi possessori farne l’uso migliore. Dal suo punto di vista, gli artigiani migliori che desiderava restassero nel suo laboratorio, dovevano essere pagati più di quanto essi potevano pensare di poter essere pagati lavorando in proprio o per un concorrente “.

Sotto la direzione Sacconi, il laboratorio di Wurlitzer fu in grado di attirare i più abili e specializzati restauratori provenienti da tutto il mondo.
Coloro che hanno lavorato sotto Sacconi ebbero un profondo rispetto per il suo lavoro, come pure per la sua personalità.

Il liutaio René Morel, che arrivò a Wurlitzer già in possesso di un’abilità quasi leggendaria, ha recentemente raccontato l’intensità del primo incontro con Sacconi: “Quando vidi l’uomo in camice bianco, lo guardai in viso e subito capii che ero con qualcuno che era un grande artista. Sentii l’emozione agitarmi il petto, capii che egli era il maestro.”

A New York il liutaio Luiz Bellini, Sacconi è stato un grande restauratore che egli ha amato per condividere la sua conoscenza:“Ero in paradiso” ricorda “Sacconi è stato probabilmente la persona migliore da cui imparare perchè egli amava insegnare. Ci ripenso ancora oggi. Quello che ho imparato, sotto la sua supervisione ancora mi aiuta nel mio lavoro di oggi. ”

Il maestro liutaio Vahakn Nigogosian o “Nigo,” così come è conosciuto, percepiva l’atmosfera del laboratorio sotto Sacconi e Wurlitzer come un processo di apprendimento senza fine, in cui ognuno era incoraggiato a studiare e imparare dai grandi capolavori.

Nigo raccontava di come Sacconi aveva sempre buone parole nei confronti di un lavoro ben fatto, per contro usava la critica nel modo più costruttivo.
Sacconi implorava i membri del suo laboratorio “di chiudere tutte le porte”, volendo dire che i grandi restauratori devono anticipare ogni possibile problema prima di mettersi all’opera.

Morel dice che Sacconi “sapeva ottenere il meglio da ogni persona che lavorava sotto di lui. Egli aveva una  grande capacità di spiegare le cose, senza mai alzare la sua voce. Aprì i miei occhi e  cambiò la mia abilità in arte “.

Ma Bellini sottolinea che l’atmosfera nel laboratorio di Wurlitzer non era sempre seria.  “Siamo stati a lavorare di sabato a mezza paga,” dice. “Il sabato Sacconi era molto più rilassato. In uno di questi Sabato, io lavoravo là da circa un anno, Sacconi si avvicinò a me tenendo una viola, dicendo: ‘Guarda qui, Luigi. Guarda questa bellissima Stradivari ‘ “.

Bellini rimase profondamente colpito dalla la bellezza dello strumento. Solo alla fine della giornata Sacconi confessò che si trattava di una copia della “MacDonald” di Stradivari che aveva costruito.

Secondo Beare, Wurlitzer, Sacconi e i loro collaboratori avevano creato una sinergia o “una squadra la cui atmosfera raramente si vedeva al di fuori di un campo sportivo”. Ogni membro della squadra era in possesso delle qualità essenziali per il successo del business.

Wurlitzer possedeva le qualità di un vero esperto violino: una memoria fotografica, una conoscenza enciclopedica di strumenti ad arco e dei liutai che li avevano costruiti, nonché un ineguagliabile passione per il suo lavoro.
Sacconi era ugualmente appassionato al suo lavoro, sempre intento nel perfezionare il suo lavoro di restauratore e le tecniche di conservazione, nel rispetto dell’autore.

Insieme, Wurlitzer e Sacconi hanno lasciato una grande eredità nel mondo del violino. Essi sono stati in grado di creare miglioramenti fondamentali nell’arte della riparazione e del restauro, e anche aumentarono il livello di conoscenza e competenze all’interno di questo delicato settore.

“Siamo stati come una vera famiglia,” Bellini ricorda. “Se avevi bisogno di qualcosa, tutto quello che dovevi fare era chiedere.”
Purtroppo, nel 1963, Rembert Wurlitzer moriva al culmine del suo successo professionale. Aveva 59 anni. Sua moglie, Lee, continuò l’attività per altri dieci anni. Sebbene l’attività ebbe un seguito, le cose non furono più le stesse senza l’autorevole patriarca della famiglia.

Anche la salute di Sacconi iniziò una lenta ma inesorabile discesa, ciò lo costrinse a diradare la sua presenza in laboratorio. Morì nel 1973 all’età di 78 anni.

L’azienda chiuse le porte nel 1974, terminando la più grande dinastia degli strumenti ad arco in America.

Tuttavia l’eredità di Wurlitzer sopravvive. Molti di quei liutai e restauratori che videro nascere la loro carriera di successo da Wurlitzer, hanno a loro volta formato la seconda e la terza generazione di liutai e restauratori americani.
La filosofia di Wurlitzer sulla condivisione delle conoscenze è oggi continuata da altri famosi laboratori.

Così pure lo spirito di consumato talento ed esperienza nel rispetto dei musicisti e dei grandi capolavori sui quali essi suonano.

Nota: Articolo di Cristopher Germain, traduzione di Claudio Rampini
http://www.stringsmagazine.com/article/default.aspx?articleid=21398&page=1