Benvenuti nell’atelier milanese del liutaio Delfi Merlo

Per la prima volta l’editoria specializzata si dedica all’opera di un liutaio contemporaneo appartenente alla più prestigiosa tradizione artigianale milanese: il Maestro Delfi Merlo apre la porta del suo laboratorio per condividere i segreti dell’antico mestiere di liutaio e i principi fondamentali dell’arte della creazione e del restauro degli strumenti ad arco. 
Il libro “Lo strumento ad arco” edito da Volontè & Co. rappresenta una piccola opera d’arte grazie al quale il Maestro si rivolge agli strumentisti sia professionisti che studenti, agli organologi e agli appassionati di musica e soprattutto alle nuove generazioni che, si auspica, possano essere stimolate all’approfondimento degli argomenti trattati anche per apportare un contributo al mantenimento della tradizione del settore artigianale della liuteria italiana.
Il testo contiene in maniera chiara e semplificata tutto ciò che c’é da conoscere sui materiali, sui metodi di costruzione, sui segreti della verniciatura dello strumento e dell’arco, ma comprende anche capitoli dedicati alla manutenzione, alle riparazioni richieste più di frequente; a completamento del testo c’è anche una parte inerente al Glossario e alla Terminologia specifica.
Nel corso della lettura del volume, grazie anche all’arricchimento di foto artistiche ed immagini esplicative, si rimane catturati dall’atmosfera dell’atelier: sfogliando le pagine pare quasi di respirare i profumi del legno intagliato, delle colle, delle vernici, ma soprattutto la passione dell’autore per quest’arte autenticamente italiana, apprezzata da secoli in tutto il mondo.
Delfi Merlo é un artigiano che discende professionalmente dalle generazioni delle famiglie milanesi dei Grancino, Mantegazza, Testore, Lavazza, dei Monzino e dei Bissolotti.
Il suo apprendistato iniziò nel 1975 con la riparazione di chitarre e mandolini presso la ditta Monzino e precisamente in quello che fu il laboratorio dei fratelli Antoniazzi, ma una serie di circostanze – fra le quali la lettura del bel libro di S.F. Sacconi “I segreti di Stradivari” – , lo convinsero a rivolgere la sua passione verso gli strumenti ad arco fino ad arrivare alla decisione di aprire una bottega in proprio nel 1985.
La presentazione del volume è curata da Graziano Beluffi, conservatore di capolavori musicali al Conservatorio di Milano e sovrintendente a restauri di strumenti di valore storico realizzati da Merlo.

Grazia Rondini     www.lachiavediviolino.net

I duetti violinistici di Luigi Rago.

15 aprile 2013

Il violino, ben si sa, non è uno strumento facile, nessuno strumento lo è, ma il violino presenta fin da subito difficoltà di intonazione e di emissione del suono tali, che la musica e l’interpretazione rappresentano un aspetto di “secondo piano” che si potranno sviluppare una volta acquisita una tecnica sufficiente. Da qui la necessità di concepire metodi di studio che permettano agli allievi di non tralasciare nessuno aspetto della tecnica violinista e della musica, e che l’esercizio quotidiano non sia mero esercizio fisico. Da qui nasce questa interessante opera del giovane Luigi Rago: “25 Duetti Violinistici – per principianti, di autori classici elaborati in forma di studietti melodici speciali”.

Una delle esperienze più belle per un principiante è quella di poter suonare insieme al proprio maestro una melodia ben conosciuta, in questo modo l’allievo “dimentica” le difficoltà insite nello strumento e si concentra sulla musica in modo spontaneo e senza forzature. Ricordo che su questi principi è fondato anche il metodo Suzuki, il quale fin dall’inizio propone ai giovani aspiranti violinisti un repertorio impegnativo ma reso “digeribile” attraverso una oculata revisione dei testi musicali.

Si parte dal repertorio Barocco di Bach, si percorre il Romanticismo di Beethoven e Schumann, senza trascurare alcuni brani del repertorio lirico di Wagner e Mozart. Se da una parte l’allievo violinista troverà brani di facili esecuzione da esguire in prima posizione, dall’altra colui che si accinge a questa sorta di rielaborazioni del repertorio musicale classica, deve affrontare difficoltà inaudite, perchè la “ricomposizione” delle grandi opere non può essere fatta banalizzandone il contenuto, ma cercando sempre di rispettarne lo spirito.
Non ho le capacità per giudicare l’opera di Luigi Rago dal punto di vista musicale, però l’ho trovata gradevole e divertente, senz’altro da tenere presente anche in occasione di saggi ed incontri musicali di vario genere.
L’opera è disponibile presso Amazon

Stradivari a Madrid – Carlo Vettori

10 dicembre 2010
Carlo Vettori è un liutaio e scrive libri di liuteria. Non solo, scrive anche romanzi, a quel che so io “Stradivari a Madrid” è la sua unica opera di questo tipo. Ho provato a chiedergli cosa lo abbia ispirato, ma non ho ottenuto risposta. I liutai sono rinomati per i loro silenzi, non raccontano mai bugie, è sufficiente stare zitti e non pronunciarsi. Mai come nel caso di un liutaio, il silenzio può valere più di un fiume di parole.
Conosco il Maestro Vettori da molti anni, stimo il suo operato e il suo carattere a volte schivo e un po’ burbero, capace di straordinari slanci di generosità, non avevo nessuna idea di ciò che avrebbe partorito la sua fantasia con questo libro dalla bella copertina celestino chiaro dove campeggia una sua pregevole copia di un violino intarsiato di Stradivari, il “Greffhule” presumo. Sullo sfondo un disegno che raffigura una scena descritta nel libro, ossia l’amoreggiamento di Isabel e Mariano Ortega alle spese del violinista Julio, intento a provare lo Stradivari “Vesuvius”.

 

L’opera consta di circa 240 pagine, è divisa in molti capitoli piuttosto brevi e di agile lettura, è corredata dai disegni a sanguigna di Susan Chalkley e dalle fotografie di molti strumenti e liutai che vi sono citati. Incuriosito, inizio la lettura e vengo subito introdotto nel Palazzo Reale di Madrid, nelle cui sontuose stanze vengono descritte in un minuzioso affresco le opere di tanti artisti di tutte le epoche.

Questo mi ha ricordato che le corti europee nel passato furono impegnate in un intenso mecenatismo che ha prodotto capolavori assoluti dell’arte, e cosa importante, Vettori non trascura di illustrare la mobilia, su cui si sono espresse le mani sapienti di ebanisti ed intagliatori, molti di origine italiana. Perchè la liuteria, è bene saperlo, è sorella di tutte le arti e racchiude in sé i segreti della pittura, della scultura e dell’intaglio del legno, che a loro volta affondano le loro radici nella classicità greca e romana.

Ad un certo punto ho dovuto interrompere la lettura, perchè mi sono reso conto che questo non è un romanzo come tutti gli altri, in cui lo scrittore padrone di una trama e del suo sviluppo, ha l’obbligo di documentarsi per rendere credibili gli ambienti in cui si svolgono le vicende. Osservazione fin troppo scontata, Vettori è un liutaio che ama l’arte, questa è materia di cui si è occupato per tutta la vita, nel suo libro è l’ambiente che prende il sopravvento sui personaggi; quasi subito sono stato preso dai sintomi della Sindrome di Stendhal, ossia quella specie di smarrimento che conduce al mancamento dei sensi per troppi stimoli visivi, a cui si aggiungono i suoni degli strumenti ad arco. Sono quindi arrivato alla conclusione che a prescindere dalle vicende umane dei protagonisti, questo libro sarebbe già degno di essere adottato come libro di testo destinato agli studenti di storia dell’arte e dei conservatori.

Ma la cosa per me interessante è che “Stradivari a Madrid” mostra tutte le caratteristiche di quei libri che si scrivevano nelle epoche passate, dove in barba agli stili e alle tendenze, l’Autore è padrone di fare quello che vuole e di lasciare correre la fantasia a seconda dell’estro del momento. Con il rispetto e le differenze del caso ho ripensato all’autobiografia di Benvenuto Cellini, ma ancora di più a “Storia della mia vita” di Alonso De Contreras (Madrid, 6 gennaio 1582 – 1641), guerriero ed assassino antiletterario, finalmente questo personaggio ha ripreso vita nella mia mente e collocandolo negli ambienti descritti da Vettori, l’ho rivisto afflitto e stanco seduto su una sedia, mentre una donna con affetto e misericordia gli lava i piedi con del vino rosso.

“Stradivari a Madrid” scorre via allo stesso modo, senza timori riverenziali e senza incertezze, descrivendo le vicende della storia spagnola e italiana degli anni ’30 del 1900, ma come ho già detto qui la Storia è solo uno sfondo colorato entro cui vivono e rivivono molti protagonisti. Per niente impigliato nelle maglie del vero e del verosimile di manzoniana memoria, Vettori ci accompagna per gran parte della cultura materiale ed artistica che ha contraddistinto il secolo scorso e con il quartetto “Isaac” andiamo a Genova e vediamo ritornare in vita il Grand Hotel Miramare, per lunghi interminabili decenni ridotto come un teschio dalle orbite vuote, e poi incontriamo Cesare ed Oreste Candi e il mitico “Cannone” di Paganini.

E poi ancora a Firenze tornano i nomi di De Zorzi, Ferroni, Bisiach, Casini e tanti altri liutai che hanno fatto grande la liuteria del 1900, tutti rigorosamente accompagnati da molti dei pregiati strumenti che Vettori stesso possiede nella sua bella collezione. A parte ripercorrere le vicende storiche della Guerra Civile Spagnola e del Fascismo di Mussolini, la complessità psicologica dei personaggi è ridotta all’osso e così è dato per scontato come possa suonare uno Stradivari, e par di non capire bene perchè un musicista preferisca più il suono di un De Zorzi piuttosto che di uno strumento costruito da un suo allievo, ma alla fine ti rendi conto che le cose ti rimangono dentro perchè niente e nessuno può descriverti la realtà degli armonici di uno strumento ad arco, fuorchè l’intuito e la sensazione per niente fugace che almeno una volta nella vita si è avuto occasione di ascoltare suoni e parole all’apparenza inafferrabili che tuttavia ti rimangono dentro.

Questa per me è la migliore lezione che un liutaio possa dare, anche suo malgrado, perchè il suono è dentro di lui e da questo non prescinde. “Stradivari a Madrid” si legge bene e i concetti espressi non sono mai di difficile comprensione, così come quando Vettori ci accompagna per mano e descrive com’è fatto un violino e le parti che lo compongono, nondimeno direi che questa sia un’opera di facile e scontata lettura, a motivo della sua straordinaria densità e della ricchezza dell’esperienza di una vita dedicata con passione alla liuteria.

L’autenticità degli strumenti ad arco

07 settembre 2010
Non si sa bene il periodo storico in cui si è iniziato a falsificare i violini e gli altri strumenti della famiglia degli archi, ma è sicuro che già durante il 1600 c’è stato qualcuno che tentava di far passare come Amati strumenti che non avevano niente a che fare con Amati stesso. Ai tempi di Galileo i violini di Nicola Amati erano valutati da due a tre volte di più rispetto agli strumenti prodotti da altri autori, falsificare un violino non è come falsificare un quadro, chiunque può costruire un violino, chiunque può stampare un’etichetta e apporvi un’etichetta di comodo: l’importante è chiudere la cassa e un occhio. Ma non è così facile, costruire un buon violino richiede esperienza ed applicazione di decenni, ogni strumento parla per il suo autore, basta saperlo.

 

Il paradosso è che molti falsi d’epoca sono stati a loro volta molto rivalutati, così che oggi vediamo strumenti che rappresentano il falso, di un falso, di un altro falso, ossia il concetto di un falso elevato a potenza il cui esponente non si può calcolare in modo preciso. Prendete una fila di venti persone, la prima sussurri nell’orecchio della seconda una parola di qualsiasi significato come “carota”, la seconda sussurri nell’orecchio della terza e così via fino all’ultimo della fila, con buon margine di sicurezza vedremo che quella semplice parola e il suo significato verranno completamente stravolti in “carriola”, “scatola”, “agricola”, “scoiattolo” e in chissà quale altro fantasioso termine.

Perché la mente umana registra tutto, ma ciascuno di noi lo fa a modo suo e il significato dei contenuti degrada passando di mano in mano o semplicemente si evolve come nel caso delle tradizioni culturali. Così come è avvenuto e ancora avviene per la toponomastica: il fiume Po non è altro che la contrazione avvenuta nei secoli di “Padum”, oppure “Capitolium” che si espande e diventa “Campidoglio”.

I fenomeni che riguardano l’evoluzione della lingua riguardano molto da vicino anche la liuteria ed è interessante constatare come nel tempo gli stili e le pratiche costruttive siano cambiate prendendo spunto da un originale che spesso si è solo immaginato, visto che non tutti i liutai del passato hanno avuto come oggi la possibilità di esaminare strumenti originali e i documenti che li riguardano. Avviene quindi che l’immaginazione riempia un vuoto di informazione, o se questa è presente, semplicemente non la si sa interpretare e si inventa al momento, secondo le circostanze, la natura e la cultura degli individui.

In liuteria, ma anche in altri campi artistici, constatiamo che l’evoluzione naturale dello stile è accompagnata spesso dalla volontà dolosa di “creare” ulteriori copie più o meno conformi agli originali in modo tale che se ne possano trarre cospicui guadagni con poca fatica. Spesso non c’è nemmeno bisogno di creare una copia, ma si prendono strumenti antichi di autori cosiddetti “minori” che vengono automaticamente promossi al rango di “originali” con stratagemmi più o meno elaborati (cambio di etichette, sostituzione ed integrazione di parti degli strumenti, ecc. ecc.).

E’ interessante notare che questi fenomeni riguardino non solo gli strumenti antichi, ma anche quelli moderni e contemporanei, quantificare l’entità del fenomeno è praticamente impossibile perché non c’è nessun controllo ufficiale sul commercio degli strumenti e l’acquirente si trova quasi sempre a dover contare sulla autorevolezza di un certificato o sulla parola di un esperto di indubbia fama o supposto tale. Perché, bisogna saperlo, in liuteria non vale la regola ormai acquisita in altri campi dell’arte, che un’opera debba essere accompagnata da una documentazione di valore scientifico (analisi, radiografie, documentazione di restauri e simili) e storico, ma è sufficiente il parere di un esperto, un foglio di carta intestata, alcune fotografie ed una firma. Questo è quanto.

Che io ricordi, l’opera che qui presento “L’autenticità degli strumenti ad arco” è la prima che tratti l’argomento in modo mirato e specifico, questo non per confutare le decine di migliaia di certificazioni di strumenti, bensì per offrire al musicista e più in generale ad acquirenti e commercianti, una panoramica esauriente su tutti gli aspetti della problematica.

Roberto Calvo, violinista e professore di Diritto Civile dell’Università di Torino, assieme ai colleghi Alessandro Ciatti, Matteo M. Francisetti Brolin e al violinista Marco G. Chiavazza, violinista ed esperto di liuteria, si sono assunti l’oneroso compito di trattare la materia riguardante l’autenticità degli strumenti da un punto di vista prettamente giuridico e liutario. La compravendita di uno strumento e/o la sua certificazione sono a tutti gli effetti atti legali regolati da una serie complessa di norme, il difficile è interpretarle ed applicarle correttamente ad ogni caso specifico.

Ma un giudice o un avvocato non sono esperti di liuteria e debbono avvalersi a loro volta di periti, anch’essi regolarmente certificati e documentati, ma è come una goccia nel mare, ho spesso assistito a cause legali che riguardavano strumenti ad arco prolungarsi per molti anni, senza peraltro addivenire ad una conclusione certa che mettesse chiarezza nella disputa. Nella parte che gli compete, Roberto Calvo riduce la visione del problema in parti elementari ben riconoscibili, tracciando quei principi di diritto che sono alla base di ogni transazione, una utile traduzione per consumatori, avvocati e magistrati, che riportano le questioni squisitamente specialistiche su un sano terreno di legalità, senza privilegiare nessuna delle parti in gioco.

Qui non si criminalizza l’attività del venditore o del commerciante di strumenti, così come non si vuole indurre ad un’osservazione paranoide il potenziale acquirente, ma si forniscono dati importanti in grado di evitare possibili malintesi e dispendiose controversie. Marco Chiavazza in questo senso ci fa capire che nessun tribunale può arrivare a giustizia e verità senza il presupposto di prove documentali ed evidenze scientifiche che oggettivino le osservazioni degli esperti. Ogni strumento antico cela una storia complessa che si può articolare in percorsi di attribuzione inimmaginabili e al limite del paradossale, Chiavazza nel libro ce ne dà un saggio pubblicando fotografie e disegni che riguardano etichette, marchi, timbri, iscrizioni ed ogni sorta di caratteristica identificativa che potrebbe, anzi, dovrebbe essere inserita nella documentazione che accompagna gli strumenti.

La storia intima che si cela dietro ogni violino rimane spesso un mistero per il comune mortale, ricordo che il liutaio Simone F. Sacconi è stato uno dei pochi, forse l’unico, che abbia racchiuso in poderosi volumi tutti gli interventi di restauro da lui eseguiti nelle botteghe di Herrmann e Wurlitzer a New York, questi volumi alla morte di Sacconi sono poi passati alla J&A Beare di Londra, che io sappia nessun altro ha mai potuto prenderne visione, nè tantomeno sono stati oggetto di pubblicazione anche parziale.

Ovviamente dobbiamo ringraziare chi come Beare e Hill si è prodigato con ogni mezzo per far sì che la voce degli strumenti antichi si tramandasse per le generazioni future, oggi i grandi strumenti classici sono ben documentati e studiati, ma esistono ancora oggi troppe incertezze e la fiducia sulla parola non basta. Molti strumenti antichi vengono ancora oggi modificati in modo più o meno pesante, senza che gli interventi siano documentati, paradossalmente ciò non avviene solo per ignoranza, dolo o malafede del restauratore di turno, ma spesso è semplicemente la volontà di un musicista, proprietario dello strumento, a desiderare l’intervento per più o meno giustificate esigenze di sonorità o suonabilità.

Eppure è ben risaputo che anche il documentare negli anni interventi non invasivi come la semplice sostituzione di un’anima, un ponticello o i piroli, siano di fondamentale importanza nella tracciabilità di uno strumento, ma a differenza dei quadri, i violini, le viole e i violoncelli sono oggetti d’uso quotidiano suscettibili ogni giorno di un cambiamento più o meno visibile, a maggior ragione potenziali soggetti di indagine e di “distrazione” al tempo stesso. E’ più facile notare una nuova screpolatura, magari minutissima, in una tavola d’altare dentro una chiesa da 500 anni, piuttosto che lo stravolgimento delle bombature di un violino, magari appartenente ad un professionista quotidianamente impegnato in viaggi e concerti in tutto il mondo, dovuto ad una non corretta conservazione dello strumento.

Credo, o perlomeno auspico, che dalla pubblicazione di questo libro si possa dire che “niente più sarà come prima”, è comunque certo che gli Autori abbiano fatto il possibile per mettere nero su bianco norme e comportamenti attorno agli strumenti ad arco aprendo la strada al dialogo e all’informazione.

L’autenticità degli strumenti ad Arco
Autori: Roberto Calvo, Marco G. Chiavazza, Alessandro Ciatti, Matteo M. Francisetti Brolin.
G. Giappichelli Editore – Torino
Prezzo: € 55,00

 

La Sala Bianca della Musica

28 marzo 2008

Jenö Hubay e la Scuola ungherese del violino. Capriccio narrativo e documenti storici. Un critico musicale italiano in crisi sul lavoro stacca e va a Budapest per riassaporare i profumi e le radici della Mitteleuropea. Un incontro inaspettato, la riscoperta di una famosa e ora abbandonata sala di musica, una conversazione notturna che non si vorrebbe finisse mai…

Direttamente dalle parole dell’autore Gianluca La Villa ecco una breve descrizione di questo interessante libro:

“Nel 2003 ho organizzato qui a Ferrara una mostra su
Hubay e scuola e la prima esecuzione moderna dei
concerti di Hubay n.3 e 4, violinista Szabadi.
Era un gran bel materiale fotografico e storico e a
fine 2006 in un fine settimana mi sono messo a
scrivere una specie di racconto su quello che sapevo e
potevo trarre dalle fonti di cui sopra, talvolta le
parole stesse dette dai protagonisti.
Ed è venuto fuori un racconto che mi ha molto
divertito e piace pure a chi lo ha letto.
La occasionale ispirazione mi è stata data dal
“siluramento” di un critico musicale mio conoscente.
Inoltre ovviamente nel libro c’è anche il materiale
storico tecnico sulla scuola.”

GIANLUCA LA VILLA, nato a Milano nel 1948, avvocato e professore di diritto nella Università di Ferrara, autore di numerose monografie di diritto societario e industriale, appassionato cultore della letteratura violinistica, ha avviato la riscoperta dei grandi solisti dell’età d’oro del violino, da Aldo Ferraresi- di cui ha promosso la edizione completa della registrazioni RAI- a Vasa Prihoda, Ferenc Vecsey, Mischa Elman. A tal fine ha costituito a Ferrara il Comitato per i Grandi Maestri. Ha scritto “Violin Companion”, avviamento all’ascolto della musica violinistica, in italiano e inglese.

Anno di pubblicazione: 2007
Formato: 14 x 21
pp. 220, ill. b/n
978-88-6099-043-3

euro 15,00

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