Le seduzioni di Mr. Kurosawa

07 marzo 2008

Mister Kurosawa non è un parente del più famoso Akira, regista di giapponese di film che sono rimasti nella storia del cinema, si tratta invece di un commerciante di strumenti giapponese. Premetto che l’ultimo strumento che ho venduto in Giappone risale all’anno 1998, dopo essere stato a Tokyo e aver constatato le condizioni del mercato, decisi che era meglio orientarsi verso altre piazze meno chiuse ai liutai non cremonesi.

Sì, perché i liutai pisani, ma anche quelli romani, abruzzesi o livornesi, e comunque lontani da Cremona non hanno grandi chance di vendere i loro strumenti in Giappone. Se non sei valutato per quello che vali, mi sono detto, perché devo andare a svendere i miei strumenti in un paese dove se non sei cremonese quasi nemmeno ti guardano? Ma so che anche i liutai cremonesi (liutai di diversa provenienza ma residenti a Cremona), a fronte di una continuità degli ordini vendono i loro strumenti a prezzi piuttosto bassi (salvo poi ritrovarli nelle vetrine di Tokyo a prezzi da capogiro).Il mio intento è quello di porre attenzione sulla figura del tipico commerciante giapponese, che si caratterizza in due specie principali: il boss e lo sfortunato. Se si ha a che fare con un boss, vero o presunto che sia (perché essere “boss” è uno stato mentale), il nostro essere accettati come clienti sarà come essere stati chiamati alla corte di Turandot per risolvere i famosi tre indovinelli. Il boss ha il potere, ma si dimentica spesso che al boss il potere viene conferito dal basso, ossia il boss prende le redini solo quando ci sono le condizioni per farlo.

Queste condizioni possono essere facilmente constatabili ogni volta che si va a Mondomusica (fiera di che riguarda strumenti ed articoli di liuteria, Cremona mese di Ottobre), e ci si mette sulla scia dei vari commercianti giapponesi ed orientali in generale che vengono a farci visita: sono praticamente presi d’assalto da tutte le direzioni da un esercito di liutai affamati (cremonesi e non), che si offre ai loro piedi pronti ad offrire di tutto e di più. Questa situazione ha inevitabilmente fatto sì che anche a casa nostra si siano formati nell’ambiente liutario alcuni “boss” che sembrano avere il controllo del mercato con il Giappone, altrimenti non si spiega perché i liutai hanno tanta difficoltà a vendere direttamente ai giapponesi, mentre seguendo la strada del boss italiano, lo strumento è venduto praticamente seduta stante (meglio dire “svenduto).
Insomma, il liutaio italiano dopo tanti anni passati con la sgorbia in una mano e i libri dall’altra, magari pensando di rinnovare gli ideali degli Amati, Stradivari e Guarneri, si trova a far fronte ad una specie di barriera insormontabile, fatta di strumenti venduti “a quote”, ossia di “pacchetti” controllati dai boss italiani e giapponesi e così tutto è concluso. Poi ci sarebbe la seconda categoria del tipico commerciante giapponese: lo sfortunato. Questa tipologia è composta da individui dal carattere schivo e gentile, non molto dotata finanziariamente, che praticamente acquistano quasi tutto quel che viene loro offerto a prezzi molto bassi.

Lo sfortunato, quindi si accontenta delle cosiddette “briciole”. Al suo opposto troviamo il cosiddetto “companatico”, ossia strumenti che non dico dovrebbero far gridare al miracolo, ma comunque dovrebbero rappresentare in modo degno la nostra tradizione liutaria e musicale. In verità il potenziale ci sarebbe tutto perché abbiamo liutai di tutto rispetto, ma è mia precisa opinione che la richiesta del mercato giapponese abbia in qualche modo appiattito il nostro stile a tutto danno della nostra tradizione e tutto a favore dei violinari cinesi, che fanno molta meno fatica a copiarci.Per questo motivo non rimpiango troppo il non essere cremonese e il non dover essere in qualche modo obbligato a passare dal commerciante giapponese (ma anche coreano, americano, ecc ecc), a fronte di una sicurezza economica meno stabile si è però liberi di dare sfogo alle proprie idee e al proprio talento. Ma in questo mondo così difficile noi liutai italiani stiamo correndo il serio rischio di morire sui nostri sogni di gloria, perché il mercato giapponese ha dato a molti l’illusione di una grandezza e di un prestigio testimoniato solo dai concorsi vinti e dal favore del boss giapponese.

Questa non è vera gloria. La vera gloria sarebbe vedere gli strumenti in mano a musicisti francesi, tedeschi, italiani, americani, e perché no, anche giapponesi, coreani, cinesi, ecc ecc. La domanda sorge spontanea: ma gli strumenti acquistati dal commerciante giapponese che fine fanno? Risposta altrettanto spontanea: per decenni interi i boss giapponesi hanno venduto gli strumenti agli acquirenti locali, ricordo che in Giappone esiste un numero di gran lunga maggiore di orchestre. Si dice che ogni città giapponese che superi centomila abitanti abbia un’orchestra, quindi si parla di un mercato molto vasto. L’acquirente medio giapponese, tuttavia, per la sua mentalità è portato ad acquistare dai commercianti piuttosto che direttamente dai liutai, cioè a dire che se si tenta la vendita diretta ai musicisti e agli studenti si hanno poche possibilità di successo. Quindi non avendo nessun termine di paragone con la qualità, i commercianti giapponesi hanno proposto per decenni strumenti che rappresentano il non plus ultra del piattume sia dal punto di vista stilistico che da quello sonoro. Eppure i giapponesi sono un popolo di grande e raffinata cultura, com’è possibile che si siano lasciati imbrogliare in questo modo? Il difetto del giapponese medio coincide con la sua qualità: pensando alla grande maestria degli artigiani giapponesi (si pensi ai maestri che producono autentici gioielli come le Katane), il giapponese medio fa della precisione un culto e questo unito al mito del “made in Italy”, per cui tutto ciò che viene dall’Italia di Stradivari e Leonardo sia per forza buono e di valore, ha fatto sì che i commercianti giapponesi e i liutai italiani si siano reciprocamente “viziati” e “accomodati” nel fornire strumenti corretti dal punto di vista forma, ma molto poveri dal punto di vista dello stile e della sonorità.

Ma i cinesi non sono stati ad aspettare: a cifre assolutamente inferiori hanno iniziato a proporre strumenti altrettanto corretti, altrettanto poveri di stile e di suono. Perlomeno i cinesi sono onesti e non propongono a cifre improbabili strumenti solo perché il liutaio che li ha costruiti ha vinto una medaglia al concorso di Bagnacavallo. Quando dico che “non fu vera gloria”, intendo dire proprio che la gloria è costruita sui meriti del solo aspetto costruttivo. Mi diceva un importante liutaio cremonese che in un violino prima di tutto viene l’aspetto e poi il suono. Certo, perché il suono non lo puoi raccontare, non lo puoi esibire come una medaglia d’oro o un certificato di merito, il suono è una folata d’aria il cui eco si spegne nel giro di qualche secondo, le cui tracce rimangono solo nella nostra memoria e in quelle dei compact disc, quindi come fai a far sapere alla gente quanto sono buoni i tuoi strumenti? Il suono, come la musica, dovrebbe essere sempre un qualcosa di corale.
Il suono non dovrebbe essere un fatto di fiducia, ma un qualcosa che si costruisce assieme, solo così si potrà ristabilire l’equilibrio tra musicista e liutaio, altrimenti i due mondi saranno sempre lontani anni luce, così come accade purtroppo da molti decenni. Quanti liutai si vedono nei teatri e nelle sale da concerto?
In questo senso, a fronte di una aumentata capacità tecnica, non sembra che il liutaio contemporaneo abbia sviluppato un migliore capacità di ascolto rispetto ai predecessori, che almeno avevano la giustificazione di non avere i mezzi di comunicazione disponibili oggi (libri, internet, riviste, dischi). Da molto tempo l’argomento preferito da coloro che in qualche modo possono essere considerati i nostri avversari, ossia i liutai di altre nazioni, affermano che l’Italia di oggi dal punto di vista liutario è solo un pallido ricordo rispetto ad un recente passato e questo è insistentemente ripetuto e affermato di fronte all’oggettiva mediocrità di tanti strumenti che si vedono esibiti alle mostre e ai concorsi.
Qualche anno fa su “The Strad” fu pubblicato un articolo che a tutt’oggi ritengo molto valido, in cui si illustrava come gli strumenti moderni italiani fossero non solo privi di buone qualità sonore, ma erano addirittura trascurati anche dal punto di vista delle montature e della messa a punto. Certamente non si può fare tutta di un’erba un fascio perché, la produzione moderna italiana vanta punte di assoluta eccellenza, ma ciò non è sufficiente a salvare le sorti di una produzione generale di basso livello.

E questo è dovuto anche al miraggio del mercato giapponese che sta tanto a cuore di quei molti che desiderano guadagnare soldi senza affaticarsi troppo sulla ricerca del suono e dello stile, e che permette quindi di adagiarsi su un livello artistico mediocre e privo di attrattive.E così, tornando al signor Kurosawa, che senso ha esaminare gli strumenti in una stanza d’albergo? L’acquirente dovrebbe sempre visitare il liutaio presso il suo laboratorio e non si tratta di fare “ispezioni” con spirito più o meno di sufficienza, ma di incontrare un artigiano e di constatare se questi può o meno soddisfare i nostri bisogni. Prima in laboratorio e poi in teatro a suonare, altro che stanze d’albergo! La mia opinione è che se si vuole ridare dignità ad un mercato mortificato bisogna porre attenzione nell’educare Mister Kurosawa e i suoi colleghi al rispetto e alla comprensione del nostro lavoro. Ne va del futuro della nostra tradizione.

Claudio Rampini

Fondazione Stradivari, progetti per il prossimo triennio.

02 febbraio 2008
L’opera di Andrea Amati segnò significativamente tutto il sedicesimo secolo. Il secolo della comparsa degli strumenti della famiglia del violino. Il secolo durante il quale le grandi corti europee guardarono a Cremona per manifestare egemonia e potenza anche attraverso strumenti nati per fare musica. Iniziò così il primato della città. Dopo Andrea i figli, Antonio e Girolamo, e il nipote Nicolò, la famiglia Guarneri, i poco conosciuti Ruggeri e poi Antonio Stradivari e Carlo Bergonzi. Due secoli di lavoro nell’isola cittadina di fronte alla basilica dei domenicani.
Il tempo della trasmissione della conoscenza e del sapere. Il Dna di Andrea tramandato generazione dopo generazione. Due secoli di innovazione, di attenzione al mondo della musica, di simbiosi con l’universo musicale. Ricerca continua, strumenti adattati alle nuove esigenze. Nel corso di duecento anni si afferma l’arte di fare strumenti, l’eredità di Andrea origina nuovi protagonisti. Poi improvvisamente tutto sembra perduto. E’ il 1750. Da pochi anni sono morti Antonio Stradivari e i suoi figli, Guarneri del Gesù e Carlo Bergonzi. Da una lettera di Paolo Stradivari del 1775 apprendiamo che Carlo aveva avuto in prestito i modelli della bottega di Stradivari. Sappiamo poi come tutto questo lasciò la città per arricchire la collezione del Conte Cozio di Salabue.
Tutto questo oggi appare denso di significati. Se ne vanno le forme e i modelli di Stradivari e con essi la città sembra smarrire il suo patrimonio di conoscenza e sapere. Sembra interrompersi la trasmissione di quella cultura materiale che aveva assicurato il primato delle botteghe cremonesi. Gli strumenti di Stradivari, degli Amati e dei Guarneri diventano i modelli a cui si ispirano i liutai di tutta Europa, confermando in questo modo l’eccellenza ed il primato. Ma in città qualcosa cambia. Quali le ragioni? Le vicende personali, i fatti della grande storia e della città, i cambiamenti, le rivoluzioni. Che cosa ha segnato questi anni? Quando si intravedono i primi segni della perdita di un ruolo riconosciuto per lungo tempo? Ma soprattutto è proprio così o il contesto storico penalizza i liutai cremonesi al di là della qualità del loro lavoro? Queste sono le domande. Dopo tre anni di lavoro sulla nascita del violino, che non poteva che coincidere con le origini della liuteria cremonese, un nuovo impegnativo studio triennale viene proposto alla comunità liutaria internazionale.
Un lavoro di ricerca da affrontare con la metodologia utilizzata nel corso di questi ultimi anni. Sostenuti in questo dai risultati ottenuti e dagli apprezzamenti anche del mondo accademico. Tre anni che vedranno svilupparsi studi e realizzare mostre. Il tutto partendo il prossimo anno con una mostra dedicata agli ultimi anni della grande liuteria classica, gli anni dal 1730 al 1750. Quello che appare come il tempo del crepuscolo della liuteria cremonese. Il canto del cigno così come un famoso violino di Antonio Stradivari costruito nell’anno della sua morte. L’anno successivo, il 2009, il palcoscenico sarà della famiglia Bergonzi, di cui poco si conosce ma le cui vicende sembrano testimoniare il tramonto della vocazione liutaria della città.
Allo stesso tempo un atto dovuto a Carlo Bergonzi troppo spesso dimenticato, un occasione per studiare i suoi magnifici strumenti. L’anno successivo, il 2010, si chiuderà con i liutai cremonesi nel XIX secolo. La fine di un primato è ormai stata consumata, grandi trasformazioni sono avvenute. Cambiamenti universali e rivoluzioni epocali rispetto ai quali le vicende della liuteria appaiono come ben poca cosa. Ma, sotto questo aspetto, Cremona appare irrimediabilmente cambiata. Sarà questo l’appuntamento finale grazie al quale capire quanto la grande storia e le microstorie degli uomini, le vicende personali, hanno contribuito al declino dell’eccellenza nel fare degli artigiani cremonesi. E scrivendo questo la mente corre ancora, inevitabilmente, agli strumenti decorati del primo dei grandi liutai.

Fausto Cacciatori
CdA Ente Triennale

Amati: un CD per evento speciale.

29 gennaio 2008

Lodevole iniziativa della Fondazione Stradivari di Cremona a beneficio di tutti gli appassionati di liuteria e di musica classica: la possibilità di poter ascoltare la voce di alcuni tra i più belli degli strumenti nati dalle mani degli Amati.

 

Nel 1505 (secondo le più accreditare ricerche storiche) nasceva a Cremona Andrea Amati, il primo dei grandi liutai cremonesi. Capostipite di una dinastia di liutai che, per quattro generazioni ed oltre due secoli, rappresentò il punto di riferimenro mondiale per chi cercava violini di qualità eccelsa, Andrea fu colui che canonizzò tecniche costruttive, forme e proporzioni degli strumenti ad arco, che sono rimaste sostanzialmente invariate fino ad oggi. La sua fama fu tale che già intorno alla metà del ‘500 egli costruiva interi gruppi di strumenti ad arco per le corti di Francia e Spagna, strumenti che, per questa destinazione regale, venivano splendidamente decorati dagli ottimi “dipintori”, in quel secolo molto attivi a Cremona. Nella bottega degli Amati si formarono molti liutai, tra cui certamente Andrea Guarneri e con tutta probabilità anche Antonio Stradivari. Per rutti questi motivi I’Enre Triennale ha deciso di dedicare ad Andrea Amati un ciclo di celebrazioni, dal 2005 al 2007, con convegni, studi scientifici e approfondire ricerche sugli strumenti, e con tre grandi mostre:
– Un corpo alla ricerca dell’anima -Andrea Amati e la nascita del violino (2005);
– Il DNA degli Amati: una dinastia di liutai a Cremona (2006);
– Andrea Amati Opera Omnia: “Les VioLons du Roi”(2007).
Nell’occasione dell’ultima mostra si è voluto celebrare il maestro anche con un concerto straordinario, in cui tre dei suoi strumenti (un violino, una viola e un violoncello) sono stati suonati sia in forma solistica che in ensemble da illustri interpreri, con l’accompagnamento di un pianista di assoluto valore. Se non è facile ascoltare il suono di uno strumento con quasi 500 anni vita, sentirne tre contemporaneamente in concerro è qualcosa di assolutamente raro e che probabilmente solo a Cremona poteva avvenire. La splendida cornice del Teatro Ponchielli ha dato il suo importante contributo. Per questo motivo siamo lieti di poter offrire agli appassionati di musica e di liuteria questo CD, a ricordo del momento in cui tutti i 21 strumenti ancora esistenti di Andrea Amati, sono tornati insieme nella città che li ha visti nascere, forgiati dalle abili mani del maestro. L’ascolto di questi strumenti è grado di farci ritornare con la mente ai fasti della corte di Francia ai tempi di Carlo IX e di Caterina dei Medici, sua madre. Lasciamoci dunque immergere in queste atmosfere e incantare dalla bellezza estetica e armonica degli strumenti del grande Andrea.

Paolo Bodini Presidente Virginia Villa Direttore

Si coglie l’occasione per ringraziare tutti i curatori e i componenti dei Comitati Scientifici che hanno collaborato nei tre anni del progetto Andrea Amati: Charles Beare, Fausto Cacciatori, Maria Caraci Vela, Bruce Carlson, Carlo Chiesa, Elena Ferrari Barassi. Don Andrea Foglia. Renato Meucci, Andrea Mosconi, Giorgio Politi, Chris Reuning. Duane Rosengard, Marco Tanzi.

Robert Schumann, dalla Sonata n.2 per violino e pianoforte, Op. 121
1° Ziemlich langsam – lebhaft

Robert Schumann, da ‘Marchenbilder’ per viola e pianoforte, Op. 113
2° Langsam, mit rnelancholichem Ausdruck

Robert Schumann, da ‘Funf Stucke in Volkston’, per violoncello e pianoforte, Op. 102
3° Langsam

Johannes Brahms, Quartetto in do minore, Op. 60

4° Allegro non troppo
5° Scherzo: Allegro
6° Andante
7° Finale: Allegro comodo

Marco Rizzi, violino – Christoph Schiller, viola
Julius Berger, violoncello – Edoardo Strabbioli, pianoforte

Registrazione live del concerto presso il Teatro Ponchielli di Cremona, i129 Settembre 2007
Registrazione, editing e grafìca: Diego Cannlupi Studio Syntagma, Cremona
Informazioni: info@fondazionestradivari.it

Nasce la Fondazione Antonio Stradivari.

29 gennaio 2008

Importanti cambiamenti che riguardano il mondo della liuteria, quella che fino ad ora era noto come “Ente Triennale Internazionale degli Strumenti ad Arco”, d’ora in poi si chiamerà “Fondazione Antonio Stradivari”. Nell’articolo le ragioni del cambiamento nelle parole del Presidente della neonata Fondazione, Paolo Bodini.

Dopo oltre 30 anni di attività è giusto e doveroso, per qualunque associazione, fare un punto sulla propria situazione istituzionale per verificare se essa è ancora adeguata ai tempi o se necessita di una sorta di “manutenzione straordinaria”. E’ quanto abbiamo fatto nel corso di questi ultimi due anni, verificando come l’impostazione statutaria dell’Ente risalente agli anni ’80 fosse superata, sia rispetto all’inquadramento come “ente fieristico”, sia al superamento di questa forma organizzativa anche rispetto al mutato Codice Civile. Sia pure con qualche ritardo rispetto ai tempi desiderati, siamo arrivati alla nascita di una Fondazione che non poteva non essere intitolata, essendo a Cremona, al più grande dei liutai della nostra tradizione, Antonio Stradivari.

Nel nome abbiamo voluto conservare anche la dizione “La Triennale” in quanto in questi anni è divenuto un marchio riconosciuto a livello internazionale legato al prestigio del Concorso Triennale Internazionale, che si svolge a Cremona ogni tre anni e che resta il “core business” della nostra attività. Certamente inquadrata tra le fondazioni di carattere culturale, non a scopo di lucro, manterrà lo scopo principale di promuovere e sostenere la liuteria in senso generale e quindi non solo quella cremonese. Sostenere la liuteria vuol dire promuovere iniziative di conoscenza e studio degli aspetti storici e scientifici della liuteria classica, ma anche sostenere la liuteria contemporanea, stimolando processi di qualità che, a nostro avviso, passano comunque attraverso il miglioramento della base conoscitiva di questo campo così affascinante e complesso.

Anche nell’ambito nella liuteria vale infatti la regola generale di quella che oggi si definisce la “società della conoscenza”: chi più sa può dare maggiore valore aggiunto al proprio lavoro. Il nostro ruolo si pone quindi a servizio dei maestri liutai e di chi si avvicina a questo lavoro. Ecco dunque il motivo di organizzare mostre, convegni, momenti di confronto, manifestazioni musicali che pongano l’attenzione agli strumenti utilizzati e anche pubblicazioni dedicate alla liuteria. Il tutto con un respiro che non può essere che internazionale, per il ruolo che Cremona è chiamata a svolgere in questo campo. Vi è anche la grossa novità che la Fondazione potrà occuparsi non solo degli strumenti ad arco, ma anche di altri strumenti musicali di alto artigianato “riconducibili alla liuteria”, secondo la definizione dello Statuto, allargando quindi il suo campo di interesse ad altre tipologie, quali ad esempio gli strumenti a pizzico, ma potenzialmente, se i soci lo vorranno, anche ad altri ulteriori ambiti.

La Fondazione è strumento giuridico, moderno e flessibile sul piano organizzativo interno, aperto alla partecipazione del privato, che noi contiamo di coinvolgere in un prossimo futuro in modo stabile, qualificato e significativo. La collaborazione pubblico- privato è infatti una delle chiavi più innovative per una efficace programmazione anche nell’ambito culturale, con la speranza che ulteriori vantaggi sul piano fiscale possano essere concessi a coloro che investono in cultura nel nostro Paese. Nell’impegno per una sempre maggiore capacità comunicativa delle nostre attività e di ulteriore internazionalizzazione dei nostri programmi, la nuova organizzazione ci fornirà migliori e più efficaci strumenti operativi.

E’ una nuova sfida che vogliamo vincere. Non potrei concludere il mio intervento di questo numero di Cremonaliutaria, senza esprimere la mia più viva soddisfazione per la chiusura di questo triennio di attività dedicato ad Andrea Amati, conclusosi con la splendida mostra sulla sua Opera Omnia. E’ stato un crescendo di qualità, di professionalità e di approfondimento scientifico che ha avuto riscontro in una crescita di credibilità e stima sul piano internazionale. Per questo il mio ringraziamento va a tutti i collaboratori e in particolare al Direttore Virginia Villa, ai vari Presidenti e membri dei Comitati scientifici che si sono succeduti nel triennio e a tutti gli Enti e organizzazioni che ci hanno concesso la loro collaborazione aiutandoci così nel raggiungimento di questi risultati.
Paolo Bodini

Spoleto Musica agli Strumenti. 1 – 2 Dicembre 2007

17 novembre 2007

Lo SMAS – Spoleto Musica agli Strumenti – nasce dall’iniziativa privata della Tasting Travel – Incoming Tour Operator di Spoleto di creare un appuntamento annuale d’interesse nazionale che colga la partecipazione sia di musicisti professionisti, sia di amanti della musica e degli strumenti musicali. La manifestazione vuole essere un punto di riferimento del centro Italia che valorizzi lo strumento musicale dalla sua realizzazione tecnica – liuteria artigianale – all’ascolto finale interpretato da musicisti professionisti. La mostra – mercato ospiterà una vasta gamma di produttori, distributori e dedicherà una sala espositiva al collezionismo privato.

La MOSTRA MERCATO di strumenti musicali artigianali si svolgerà a Spoleto in Umbria il 1 e il 2 Dicembre 2007. L’EVENTO, giunto alla sua IIa edizione, non ha ancora risorse economiche e spazio sufficiente a coinvolgere un gran numero di liutai e costruttori che pur vorrebbero aderire con entusiasmo alla nostra iniziativa. Tuttavia, crediamo fortemente in questo progetto e stiamo cercando di coinvolgere esperti e appassionati del settore nella speranza di promuovere la produzione artigianale di strumenti musicali, importante e necessaria risorsa culturare ed economica di cui l’Italia deve essere orgogliosa! Sostenere il Made in Italy e la musica anche e soprattuto all’estero è la ragione per cui desideriamo farLa partecipe dell’iniziativa. La Sua presenza crontribuirà a creare il clima favorevole e i presupposti necessari al futuro sviluppo dell’iniziativa. “SPOLETO MUSICA AGLI STRUMENTI” NASCE PER PASSIONE e proprio la passione ci ha portato ad organizzare CONCERTI E SEMINARI che quest’anno vedranno protagonisti: il rivoluzionario chitarrista americano PRESTON REED e il MASSIMO VARINI TRIO per la promozione della chitarra acustica ed elettrica, mentre per gli amanti della classica ci sarà il LIVE CONCERT del CORO DI SANTA CECILIA DI FIRENZE che inciderà i brani inediti eseguiti IN ANTEPRIMA NAZIONALE per la distribuzione discografica! LIUTAI, COMMERCIANTI, COSTRUTTORI, LIBRERIE, VINTAGE, La ASPETTANO PER CONFRONTARSI E CONDIVIDERE CON Lei ESPERIENZA e PASSIONE, in un incredibile viaggio tra musica sacra e profana, vecchio e nuovo, tradizione e modernità. L’ingresso alla mostra è gratuito. Concerti a pagamento. Per info: http://www.smas.it/